PER NON DIMENTICARE: IL DELITTO DELLA COMMERCIALISTA.

Verrà ricordata per il “delitto del freezer”, un femminicidio così efferato che scuoterà gli animi e le coscienze di tutti i bolognesi e non solo.

Bologna – Verrà ricordata per il “delitto del freezer”, un femminicidio così efferato che scuoterà gli animi e le coscienze di tutti i bolognesi e non solo. Quel maledetto giorno verrà ritrovato il cadavere della commercialista di origini siciliane Silvia Caramazza di 39 anni. Il corpo senza vita della donna, rannicchiato in posizione fetale, era stato avvolto in un sacco di plastica e infilato in un congelatore a pozzetto nel suo appartamento di viale Aldini 28. Tutti gli indizi portano al compagno della vittima, Giulio Caria, un muratore di 34 anni originario di Berchidda, in provincia di Sassari. Giulio e Silvia fanno coppia fissa da due anni, ma il loro rapporto è giunto al capolinea, logorato dalla gelosia soffocante e dai controlli ossessivi dell’uomo. Lei vuole troncare, ma lui non può accettarlo. Silvia, di famiglia benestante, figlia di Giuliano Caramazza, professore e ginecologo molto noto a Bologna, dopo studi privati e una laurea in economia, si era sposata con un collega. Il matrimonio era finito in sei mesi, facendola piombare nel buio e profondo tunnel della depressione.

La bella e brava Silvia.

Quando conosce Giulio, Silvia è provata da psicofarmaci e chili accumulati. Orfana di madre, negli ultimi anni il padre si è ammalato di una patologia neurovegetativa. Per andare incontro alle esigenze di salute del genitore, Silvia contatta un’impresa edile per fare dei lavori di ristrutturazione. Si imbatte così, per sua sfortuna, in quella di Caria. Da subito il manovale sardo, astuto osservatore, si rende conto dell’agio in cui vivono i Caramazza e dello stato di sofferenza di Silvia a causa delle condizioni del padre.

L’appartamento del delitto in viale Aldini 28 a Bologna.

È così in crisi che ha anche abbandonato la sua professione per diventare un’agente immobiliare. Giulio non ci mette molto a conquistarne la fiducia, apparendo come un faro all’orizzonte per lei che si sente andare alla deriva. Poco dopo l’inizio della convivenza, l’uomo manifesta pian piano la sua vera natura, con continui tentativi di prevaricazione, manipolazione e vessazioni nei confronti della compagna. Dopo la morte del padre, nel dicembre 2011, Silvia si appoggia completamente al suo compagno. I cugini e gli amici della donna non vedono di buon occhio quell’unione. Giulio è troppo diverso dalla bella bolognese, colta e ricca. Lui è rude, poco istruito e calcolatore. Due mondi che fanno a pugni. E Silvia, nel suo intimo, lo sa bene perché esprime il suo malessere in un blog, Latte versato. Un nome che dice molto.

Caria, essendo perito tecnico, ha la passione per i registratori e le telecamere. Spesso inganna i suoi clienti facendo ascoltare loro un rumore di sottofondo con cui simula lavori in corso che nessuno sta eseguendo. E spilla soldi a più non posso a Silvia, inventandosi ristrutturazioni non necessarie nell’appartamento del defunto padre, dove i lavori non finiscono mai. Inoltre, posiziona diverse telecamere nella casa della convivente a sua insaputa, per controllare ogni minima azione e conversazione. Un giorno, però, Silvia trova nel tappo del contatore dell’acqua una delle tante telecamere e, circa un mese prima della sua morte, sporge denuncia contro ignoti. Nel frattempo Giulio la sottopone a pressioni psicologiche per insinuarle nella mente il sospetto che siano stati i cugini.

Claudia Rocchini, nota fotografa naturalista.

Caramazza è esasperata dal controllo del muratore e, per staccare la spina e riflettere, decide di trascorrere qualche giorno a Pavia dalla sua amica Claudia Rocchini. Il 5 giugno 2013 parte, lasciando Giulio in preda ai suoi deliri di controllo e tentativi di rovinarle il fine settimana che si traducono in numerose telefonate e menzogne. In particolare spicca quella del ritrovamento di un biglietto sotto la porta, in cui un fantomatico investigatore dichiarerebbe che sono stati i cugini a posizionare le telecamere. Un testo scritto in modo sgrammaticato e con errori ortografici, come Caria è solito esprimersi.

Il trasporto della salma in obitorio.

Silvia rientra da Pavia il 7 giugno verso sera e da allora nessuno l’ha più rivista. Presumibilmente viene uccisa tra il 7 e il 9 giugno, con l’attizzatoio del caminetto che la domestica non ritroverà più. Caria la colpisce violentemente con sette colpi alla testa e, dopo avere ordinato a nome di un ex di Silvia un vecchio freezer Philips a pozzetto, colloca il cadavere in un sacco di plastica dentro il congelatore, che chiude poi con un lucchetto. Allo stesso tempo, ordina un nuovo materasso matrimoniale, consegnando quello vecchio e insanguinato a un venditore di un mercatino dell’usato.

L’assassino, Giulio Caria.

Il 19 giugno, al commissariato di Bologna, Maudi Gentile e Marina Gironi denunciano la scomparsa dell’amica. Hanno iniziato a preoccuparsi perché al cellulare di Silvia risponde sempre Giulio, dicendo che la ragazza non vuole parlare con nessuno. Le due donne, nel frattempo, ricevono messaggi zeppi di errori grammaticali che raccontano di una fantomatica vacanza in Grecia. Dello stesso stile i post su Facebook che alludono a un imminente matrimonio. La polizia telefona allora a Caria, che evasivamente dice di trovarsi a Catania con Silvia e fornisce un indirizzo che non corrisponde a un’abitazione ma a un negozio. Insospettiti i poliziotti lo convocano in ufficio. L’uomo afferma di avere litigato con la promessa sposa che si è recata da sola a Canicattì dai parenti riuscendo a convincere i poliziotti che, sul momento, decidono di rilasciarlo.

Giulio Caria a processo.

Il 27 giugno la polizia sfonda la porta dell’appartamento di Silvia Caramazza e scopre l’atroce verità: il cadavere della vittima è riposto nel freezer in camera da letto. Lo stesso giorno, a Padru, in provincia di Sassari, veniva arrestato Giulio Caria che nel frattempo aveva tentato la fuga per poi nascondersi in casa di parenti. L’assassino ha sempre negato ogni accusa. Il 20 settembre 2014 è stato condannato a 30 anni in primo grado con rito abbreviato dal Gup Gianluca Petragnani Gelosi. L’accusa è delle più infamanti: omicidio aggravato con l’aggravante della crudeltà. Il processo di appello del marzo 2016 confermerà i 30 anni di reclusione. Nel febbraio del 2017 la Corte di Cassazione convaliderà la pena, annullando senza rinvio solo l’aggravante della crudeltà, accogliendo il ricorso dell’avvocato Savino Lupo. A seguito di atti vandalici e del tentativo di suicidio nella sua cella nel carcere Villa Fastiggi di Pesaro, il giudice Elisabetta Morosini infliggeva a Giulio Caria un altro anno di reclusione.

L’elegante appartamento dove Silvia Caramazza ha trovato la morte.

La triste storia di Silvia Caramazza, una ragazza ricca che elemosinava amore, finiva tragicamente con l’incontro di un uomo senza scrupoli né cuore. Silvia dopo tanto patire credeva di aver incontrato l’anima gemella, ma il suo aguzzino dopo averla ammazzata senza pietà l’ha fatta sprofondare in misero pozzetto di un congelatore di seconda mano.

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