Il riscatto, In fondo è questa la Pasqua, il cui termine ebraico significa “passare oltre”. Un nuovo inizio, che passa per mezzo di un sacrificio. Per un giorno al bando il consumismo, in favore di un po' di spiritualità.
C’è una pandemia silenziosa che si estende nel nostro Paese, parallela a quella del Covid che, in questo momento, passa in secondo piano rispetto a quest’ultima. Le Nazioni Unite l’hanno definita “pandemia ombra”.
È il silenzio assordante che copre le grida di aiuto delle donne vittime di abusi domestici e di quelle vittime di femminicidio.
Con l’approssimarsi della Pasqua vale la pena fare il punto della situazione, che non è incoraggiante: dall’inizio del 2021 sono 14 le donne che hanno perso la vita per femminicidio.
Non sono solo meri numeri statistici: hanno nomi, volti, storie. A gennaio è toccato a Sharon Barni, Victoria Osagie, Roberta Siragusa e Teodora Casasanta.
A febbraio è stato il turno di Sonia Di Maggio, Ilenia Fabbri, Piera Napoli, Luljeta Heshta, Lidia Peschechera, Clara Ceccarelli, Deborah Saltori e Rossella Placati.
Ornella Pinto ed Edith sono le vittime del mese di marzo.
Tutte queste donne sono vittime di ex compagni, mariti, conviventi, in uno scenario che ormai è diventato famigliare in una maniera inquietante.
Le mura domestiche, che dovrebbero rappresentare la protezione e la serenità, sono invece un luogo infernale per troppe donne, che spesso hanno troppa paura per chiedere aiuto, o alle quali l’aiuto arriva troppo tardi. O non arriva affatto.
Durante il primo lockdown le chiamate ai centri anti violenza hanno subìto un aumento del 73%.
Nel 2020, anno della pandemia, gli omicidi volontari hanno visto un considerevole calo che ha portato i numeri ai minimi storici, appena sotto i 300. Tuttavia questo dato non riguarda le vittime di genere femminile.
Secondo l’Istat nel primo semestre del 2020 “gli assassinii di donne sono stati pari al 45% del totale degli omicidi, contro il 35% dei primi sei mesi del 2019, e hanno raggiunto il 50% durante il lockdown nei mesi di marzo e aprile 2020″.
Mentre gli uomini sono perlopiù vittime di sconosciuti, le donne vengono invece uccise da coloro che conoscono bene. Gli stessi uomini che giurano di averle amate o di amarle ancora.
Il problema di questo “amore” è qualcosa di molto dibattuto da psicologi e criminologi che, nonostante tutto, ancora non si riesce ad arginare o a prevenire.
Nonostante l’eccellente lavoro dei centri anti violenza, è proprio la legge che sembra non essere dalla parte delle donne.
Lo stalker viene troppo spesso semplicemente “invitato” a stare lontano dalla vittima. L’ex coniuge violento non viene trattenuto ma gli viene solamente comunicato che dovrà mantenersi ad una distanza di sicurezza di 200 metri dall’ex moglie terrorizzata.
Quando non vengono lasciate sole, queste donne non sono comunque protette secondo quando prevede l’applicazione del “Codice Rosso“. A meno che non si armino di coraggio decidendo di difendersi da sole. Cosa che purtroppo succede di rado. La politica, in questo senso, non fa nulla di concreto.
A parte qualche frase scontata e nonostante marce che spesso sfiorano il grottesco, c’è solo il vuoto: ricordiamo tristemente le “smutandate” in posa per un selfie davanti all’Altare della Patria, in quella che voleva essere una dimostrazione di non si sa bene che cosa e che rischia, nel suo atteggiamento volgare e sciocco, di rendere tutto ancora più complicato.
Anche per le più incallite femministe nostrane non esiste soluzione sensata: tutto converge sul coniare termini atti ad accoltellare la già martoriata lingua italiana quali “Sindaca”, “Presidenta”, “Assessora”, “Ingegnera” e pretendere che chiunque dotato di un paio di neuroni funzionanti non scoppi a ridere.
Non è un pronome o una vocale a fare la differenza. Queste sono sciocchezze di chi la vera violenza non sa nemmeno che cosa sia.
Spesso sono le stesse persone che non dimostrano indignazione alcuna se nel mirino finisce una donna esponente del partito politico avversario. Oppure spendono belle parole salvo per rimediare figure meschine con collaboratrici e colf (qualcuno ha detto “Boldrini”?).
Purtroppo una verità è ovvia: spesso i nemici peggiori delle donne sono le donne stesse. Se manca la solidarietà persino in questo senso, allora la strada da percorrere diventa irta di ostacoli insormontabili.
Non sono soltanto gli uomini a dover “essere rieducati”, frase peraltro terrificante, come se tutti gli appartenenti al sesso maschile fossero Jack lo Squartatore.
Quello di cui abbiamo bisogno è un processo di riavvicinamento a prescindere, un ritorno alla reale condizione di esseri umani, dove il rispetto divenga un valore scontato e non più raro.
È la deumanizzazione il nemico da abbattere, come il pensiero della “persona oggetto”. La violenza parte da questo presupposto ed è quello che dovremmo sradicare: nessuno appartiene a qualcun altro, tranne che a sé stesso.
È la società intesa come tale a doversi muovere, a dover agire in sincronia, a partire dalle leggi, oggi troppo politicizzate per andare incontro alle esigenze reali del cittadino.
Ecco una speranza che vorremmo vedere realizzata in questo clima pasquale: un clima diverso, una visione nuova dell’essere umano, dove ogni vita viene protetta e tutelata non solo a parole, ma dai fatti.
Allora saremmo davvero degni di aspirare alla reale comprensione di questa festività: il riscatto. In fondo è questa la Pasqua, il cui termine ebraico significa “passare oltre”, un nuovo inizio, che passa per mezzo di un sacrificio.
Oltre a uova di cioccolata e colomba, quest’anno in particolare, cerchiamo di ricordare le origini della celebrazione e, per una volta, crepi il consumismo in favore di un po’ di spiritualità. Farebbe un gran bene a tutti.
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