Da uno studio dell'Università di Trieste particolari condizioni ambientali dovute all’inquinamento collegato all’azoto ed alla capacità di assorbimento del terreno tipico della Pianura padana avrebbero fatto da richiamo irresistibile al Covid 19.
Siamo primi in Europa. Le redazioni dei 3 quotidiani sportivi nazionali sono andate in fibrillazione tendente all’estasi per la notizia. Si stavano già preparando i menabò per l’impaginazione dei giornali. “Medaglia d’oro agli Europei”; “L’Italia è prima in Europa”; “Campioni d’Europa” sono alcuni titoli che qualche “talpa” ha fatto filtrare. I poveri redattori sportivi sono in crisi d’astinenza per notizie da sbattere in prima pagina e leggendone qualcuna sul primato italiano, non hanno approfondito.
Come hanno letto: “L’Italia è prima” sono schizzati sulle sedie, pronti a preparare “il pezzo”. La pandemia li ha spiazzati. Per mesi si sono barcamenati, perché il coronavirus come notizia non è esattamente il loro mestiere. I maligni sussurrano che non si intendono neppure di quello. Qualcuno, infatti, ha scambiato il nome coronavirus per qualche giovane calciatore lituano. Col web la fake news si è diffusa in un battibaleno. In molti rioni cittadini la notizia ha suscitato un istintivo entusiasmo trattenuto a fatica.
Qualcuno ha avuto la tentazione di scendere in piazza per festeggiare. Qualche altro di srotolare le bandiere dall’armadio e di usare le trombette da stadio. I più buontemponi, addirittura, i fuochi d’artificio. La confusione, per fortuna, è durata lo spazio di un mattino ed il rinsavimento ha preso il sopravvento. Unito ad un malcelato sconforto quando si è saputo il motivo del primato. Tant’è che alcuni cronisti sportivi sono stati vittime di crisi depressive dopo aver accarezzato il sogno, finalmente dopo mesi, di poter raccontare l’esito di una gara.
Da uno studio dell’Università di Trieste “Why Italy first” (perché l’Italia è prima) pubblicato sul periodico scientifico “Sustainability” l’Italia risulta essere il 1° Paese in Europa in cui si è manifestato il Covid 19. Il 2° al mondo dopo la Cina. Infatti, il maledetto virus si è palesato a Wuhan per poi diffondersi in tutto il globo terrestre. L’Italia è stata definita “una trappola geografica e climatica”. L’epicentro della pandemia è stata la valle del Po e le zone di Codogno e Vo’ Euganeo, tristemente passate alla storia.
Queste aree, secondo gli studiosi, sono caratterizzate da alcuni aspetti: la percentuale di cittadini pendolari; i tassi di inquinamento atmosferico; la densità abitativa della Lombardia e del Veneto; una rete capillare di autostrade. Il virus sarebbe stato sedotto dalle “schifezze” del nostro Paese che per le sue “particolari condizioni ambientali dovute all’inquinamento collegato all’azoto ed alla capacità di assorbimento del terreno tipico della pianura padana” non è secondo a nessuno, ecco forse giusto alla Cina.
La comprensione di questi meccanismi è fondamentale qualora si ripresentasse una seconda ondata della pandemia. Ma una volta sconfitto il nemico le condizioni che hanno favorito il triste primato italiano andrebbero affrontate con un serio programma politico che, al momento, non esiste. Comunque stiano le cose la tanto maltrattata Italia, quella che all’estero è stata definita coi soliti stereotipi “spaghetti & mafia” e “pizza e mandolino”, qualche sassolino dalle scarpe se lo sta togliendo.
Primi sì ad essere colpiti ma anche primi a reagire con risposte più efficaci rispetto ad altri Paesi. Checché se ne dica di Conte e Company. Se in Inghilterra si parla di nuovo lockdown ed in Francia e Spagna si pensa di ripristinare le misure restrittive da noi pare si argomenti di una seconda, e speriamo vera, ripartenza. Con i tempi che corrono tutto ciò è incoraggiante, anche se non bisogna mollare la presa. Altrimenti saremo fottuti, tutti.
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