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Ottant’anni fa l’eccidio delle Fosse Ardeatine: la cerimonia con Mattarella

Le vittime della rappresaglia nazista per i 33 tedeschi uccisi a via Rasella furono 335. La strage avvenne con la complicità delle autorità fasciste.

Roma – Ricorrono quest’anno gli 80 anni dall’eccidio delle Fosse Ardeatine, le cave dove furono barbaramente trucidate, il 24 marzo 1944, 335 vittime innocenti dagli occupanti tedeschi, durante la Seconda guerra mondiale. La loro morte venne decisa come rappresaglia dai vertici nazisti a seguito dell’attentato di via Rasella contro i soldati tedeschi dell’11ª compagnia del III battaglione del Polizeiregiment “Bozen”. A organizzarlo erano stati i partigiani dei Gruppi di Azione Patriottica delle brigate Garibaldi, che ufficialmente dipendevano dalla Giunta militare che era emanazione del Comitato di Liberazione Nazionale. Rimasero uccisi 32 militari e un altro soldato morì il giorno successivo. L’esplosione uccise anche due civili italiani, Antonio Chiaretti, partigiano della formazione Bandiera Rossa, ed il tredicenne Piero Zuccheretti. La vendetta delle SS sfociò in uno dei massacri più terribili della storia contemporanea del Paese.

Soldati tedeschi in via Rasella immediatamente dopo l’attentato del 23 marzo 1944

A rendere omaggio ai 335 martiri c’erano, stamani, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il governatore della regione Francesco Rocca, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri. Ad accompagnare Mattarella il ministro della Difesa Guido Crosetto. Sul palco, tra gli altri, il presidente del Senato Ignazio La Russa, il presidente della Camera Lorenzo Fontana, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, il presidente della Regione Lazio Francesco Ricca e il presidente della comunità ebraica di Roma Victor Fadlun.

Sergio Mattarella stamani alle celebrazioni per gli 80 anni dell’eccidio

Il presidente della Repubblica, che al suo arrivo è stato accolto da un applauso dei presenti, ha ascoltato il lungo elenco a ricordo delle vittime ed è poi entrato, dopo un breve momento di preghiera, nel sacrario per alcuni minuti di raccoglimento.

Eccidio efferato e senza preavviso

L’eccidio non fu preceduto da alcun preavviso da parte tedesca. La fucilazione delle vittime avvenne nell’antica cava di arenaria: 10 italiani per ognuno dei 33 tedeschi uccisi. Ad attendere alla scelta di parte delle vittime fu il comandante delle SS Herbert Kappler insieme al questore di Roma Pietro Caruso (che a seguito degli stessi fatti venne poi processato e condannato a morte). I prescelti erano estranei all’attentato e “colpevoli” solo di essersi opposte all’occupazione nazi-fascista: si trattata per lo più di prigionieri politici (civili e militari), partigiani, ebrei, detenuti comuni prelevati dalle carceri di Regina Coeli e di Via Tasso.

Vennero condotti da Erich Priebke e Karl Hass presso le Fosse Ardeatine, fucilati in gruppi di 5, in 67 turni. Durante l’esecuzione, il capitano Priebke aveva accuratamente controllato la lista, procedendo alla verifica del numero delle vittime; al termine dell’eccidio l’ufficiale rilevò che erano presenti, a causa della confusione dell’azione finale di rastrellamento dei condannati a morte, cinque uomini in più del numero previsto di 330. Il colonnello Kappler, informato dal capitano Priebke, decise di procedere all’eliminazione anche di questi ostaggi in più con la motivazione, riferita dal maggiore SS Karl Hass durante il secondo processo del dopoguerra, che fosse inevitabile ucciderli perché “avevano visto tutto”.

I resti delle vittime dell’eccidio dopo il ritrovamento

Al termine dell’esecuzione di massa, l’entrata delle cave venne fatta esplodere. I cadaveri rimasero sepolti sotto le macerie e gli accessi alla cava ostruiti. Fu possibile esumare le salme dei caduti ed accertarne l’identità solo dopo la liberazione di Roma.

Subito dopo la fine della guerra, il comune di Roma bandì un concorso per la sistemazione delle cave ardeatine e la costruzione di un monumento in ricordo delle vittime dell’eccidio nel luogo stesso in cui avvenne. Il mausoleo ai martiri delle Fosse Ardeatine fu inaugurato il 24 marzo 1949.

L’ingresso del mausoleo dei Martiri delle Fosse Ardeatine.

Quanto ai responsabili della strage, il feldmaresciallo Albert Kesselring, catturato a fine guerra, fu processato e condannato a morte il 6 maggio 1947 da un tribunale militare britannico per crimini di guerra e per l’eccidio delle Fosse Ardeatine, ma la sentenza fu poi commutata nel carcere a vita. Nel 1952 fu scarcerato per motivi di salute e fece ritorno in Germania. Morì nel 1960 per un attacco cardiaco.

Nel 1948 Herbert Kappler venne processato da un tribunale militare italiano. I giudici militari giunsero alla conclusione che l’eccidio delle Fosse Ardeatine, per la sua entità del tutto sproporzionata e per le modalità con cui era stato perpetrato, non si poteva in alcun modo considerare una rappresaglia legittima in base al diritto internazionale bellico all’epoca in vigore, e che pertanto l’ordine di uccidere 320 ostaggi, che Kappler (secondo la ricostruzione dei fatti accertata dalla Corte) aveva ricevuto dai suoi superiori, era un ordine oggettivamente illegittimo. Tuttavia i giudici (presa in considerazione la rigida disciplina vigente fra le SS) ritennero non provata la circostanza che Kappler avesse avuto la coscienza e la volontà di eseguire un ordine illegittimo e pertanto lo prosciolsero dall’accusa, limitatamente a tali 320 vittime. Lo ritennero invece colpevole dell’omicidio delle restanti 15 persone che, secondo i giudici, morirono per effetto di ordini di Kappler. Pertanto Kappler fu condannato all’ergastolo e rinchiuso in carcere, con sentenza confermata in appello e passata in giudicato. Colpito da un tumore inguaribile, nel 1976, a seguito di notevoli pressioni da parte del governo tedesco, fu ricoverato nell’ospedale militare del Celio dal quale, con l’aiuto della moglie, riuscì ad evadere il 15 agosto 1977; si rifugiò in Germania, ove fu pubblicamente acclamato dai neonazisti e dove morì nel 1978.

Infine l’ex-capitano delle SS Erich Priebke dopo una lunga latitanza in Argentina, nel 1995 venne arrestato ed estradato in Italia, ove, processato, venne condannato all’ergastolo. Morì a Roma l’11 ottobre 2013.

La commemorazione alla presenza delle Autorità

La cerimonia di commemorazione dell’eccidio si è svolta stamani al sacrario delle Fosse Ardeatine, presenti il Capo dello Stato Mattarella, il ministro della Difesa Crosetto, i Presidenti di Senato e Camera, La Russa e Fontana, il presidente della Corte Costituzionale Barbera.

Tra le vittime c’erano anche due appartenenti al Corpo degli agenti di Pubblica Sicurezza: il Tenente ausiliario Maurizio Giglio e il Vice Brigadiere Pietro Ermelindo Lungaro. I due poliziotti, con la Capitale occupata, a partire dal 1943, avevano fornito un contributo fondamentale alla Resistenza, sostenendo attivamente i gruppi antifascisti in vario modo. Entrambi vennero però traditi, torturati ed infine uccisi nelle Cave Ardeatine.

questore Roma

In occasione delle commemorazioni, il questore di Roma, Carmine Belfiore, in rappresentanza della Polizia di Stato, ha deposto una corona di fiori presso i sacelli dei due poliziotti.

L’interno del sacrario

A Maurizio Giglio e Pietro Lungaro sono stati intitolati spazi pubblici e caserme della Polizia di Stato, come simbolo del loro esemplare coraggio. Lo scorso febbraio, di fronte alla questura di Roma, è stata apposta una pietra d’inciampo dedicata alla memoria del Vice Brigadiere Lungaro, mentre un’altra è presente davanti a quella che fu la casa del tenente Maurizio Giglio, in Largo della Gancia, a Roma.

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