Operai morti a Napoli: il cantiere non era stato mai controllato

Nel 2015 il datore di lavoro era stato condannato per un altro incidente. “Se avessero vigilato, questa strage si poteva evitare”.

Napoli – Tre vite spezzate in un cantiere che tutti potevano vedere dalla strada ma che nessuno ha mai controllato. È il drammatico bilancio della tragedia del Rione Alto, a Napoli, dove Vincenzo Del Grosso di 54 anni, Ciro Pierro di 62 anni e Luigi Romano di 67 anni sono precipitati da venticinque metri d’altezza mentre lavoravano su un cestello montacarichi in via Domenico Fontana.

Senza caschi né imbracature

La dinamica dell’incidente racconta di una sicurezza completamente ignorata: i tre operai sono saliti sul cestello senza indossare caschi e, soprattutto, senza le imbracature di protezione che avrebbero potuto salvargli la vita. Di loro, solo Ciro Pierro risultava regolarmente assunto, mentre gli altri due lavoravano in nero, un particolare che aggrava ulteriormente il quadro di irregolarità che caratterizzava il cantiere.

Il cestello, che poteva trasportare fino a 400 chilogrammi di peso, non aveva superato il limite di carico anche considerando i due rotoli di bitume che gli operai stavano trasportando al momento della tragedia. Le cause del ribaltamento restano da chiarire: si indaga su un possibile difetto di montaggio o problemi alla struttura di ancoraggio all’edificio.

Il precedente del 2015

L’inchiesta condotta dalla polizia e coordinata dalla pm Stella Castaldo con il procuratore aggiunto Antonio Ricci si concentra ora sulle responsabilità. Quattro le posizioni al vaglio: Vincenzo Pietroluongo, titolare della ditta individuale per cui lavoravano gli operai, Carlo Napolitano, titolare della ditta che ha noleggiato il montacarichi, il coordinatore per la sicurezza del cantiere e l’amministratore del condominio.

Ma dagli archivi emerge un precedente a carico di Pietroluongo. Come racconta l’avvocata Giovanna Iodice al deputato Francesco Emilio Borrelli: “Nel 2015 un mio assistito, Giuseppe Iaquinangelo, cadde dal sesto piano in via Iannelli mentre lavorava per la stessa impresa. Il titolare fu condannato a sei mesi in primo grado per lesioni colpose, reato poi prescritto in appello, ma la ditta non ha mai risarcito il danno“.

Borrelli con l’ex operaio Iaquinangelo

Iaquinangelo, padre di cinque figli, oggi vive sulla sedia a rotelle dopo quella caduta di sette anni fa. Anche lui non indossava il casco quando precipitò mentre montava un cestello. “Se l’ispettorato avesse tenuto sotto controllo la ditta, forse i tre morti di ieri non ci sarebbero stati”, denuncia l’avvocata Iodice.

La Procura vuole approfondire il versante della manodopera utilizzata in nero sul cantiere e già domani potrebbero essere firmati gli avvisi di garanzia in vista dell’autopsia sui corpi delle vittime, un atto dovuto per consentire gli accertamenti tecnici.

Le difese degli indagati

Pietroluongo è assistito dagli avvocati Dario Raucci, Mauro Zollo e Vincenzo Cimmino. Dal canto suo, l’avvocato Giovanni Fusco, che difende Napolitano, precisa: “È profondamente addolorato per quanto accaduto ed esprime il suo cordoglio ai familiari dei lavoratori. La ditta si è occupata esclusivamente del noleggio del macchinario, non del suo montaggio. Il mio cliente non ha mai ricevuto alcuna condanna e i suoi macchinari non hanno mai avuto alcun problema”.

La Procura nominerà un esperto per far luce sulla dinamica dell’incidente. L’area resta sotto sequestro e accanto ai corpi delle vittime sono stati rinvenuti un bullone e un dado che dovranno essere esaminati per ricostruire l’evento. Si tratta di elementi che potrebbero essere cruciali per capire se il cedimento sia dovuto a problemi strutturali o errori nel montaggio.

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