La Polizia torna a Piale con l’auto custodita dalla famiglia: focus sull’arma sequestrata nel 2018.
Villa San Giovanni (Reggio Calabria) – A quasi 34 anni dall’assassinio del giudice Antonino Scopelliti, avvenuto il 9 agosto 1991, la Polizia di Stato è tornata oggi sul luogo del delitto, nella frazione Ferrito di Villa San Giovanni, a Piale di Campo Calabro, per effettuare nuovi rilievi scientifici. Una svolta investigativa che riapre uno dei casi più emblematici della lotta alla criminalità organizzata in Italia, ancora senza colpevoli certi nonostante decenni di processi e inchieste. Una prima informativa sull’esito dei rilievi sarà depositata nei prossimi giorni alla Direzione distrettuale antimafia.
La ricostruzione sul posto
Per la prima volta, la Bmw 318i del magistrato – l’auto su cui fu crivellato di colpi mentre rientrava a casa dopo una giornata al mare – è stata riportata sulla scena del crimine. Custodita per tutti questi anni dai familiari, la vettura è stata posizionata esattamente dove avvenne l’agguato, lungo la strada provinciale che collega Villa San Giovanni a Campo Calabro. La Polizia Scientifica, supportata dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria e dal Servizio Centrale Operativo, ha riprodotto fedelmente la dinamica di quel pomeriggio estivo, quando due sicari a bordo di una moto affiancarono il giudice e lo uccisero con due colpi di fucile calibro 12 alla testa.
Nel punto esatto in cui fu ucciso, gli investigatori hanno collocato la Bmw 318i affiancata da un moto Honda Gold Wing 1200, dello stesso tipo e modello di quella che il collaboratore di giustizia Maurizio Avola – che si è accusato di essere uno dei due autori dell’agguato – ha detto di avere usato. La Dda ha anche chiesto e ottenuto dalla Beretta una riproduzione fedele del fucile calibro 12 di marca Arrizabala, lo stesso tipo che Avola ha fatto ritrovare nel 2018 interrata in un fondo agricolo in provincia di Catania affermando che è quella l’arma del delitto.

L’arma sequestrata nel 2018
La riapertura delle indagini si basa su una serie di verifiche documentali e accertamenti balistici condotti sull’arma ritrovata a luglio 2018 nelle campagne del Catanese, un fucile calibro 12 che la Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria ritiene essere quello usato nell’omicidio. Il ritrovamento, annunciato all’epoca dal procuratore Giovanni Bombardieri durante la commemorazione annuale, aveva riacceso le speranze di giustizia. Oggi, i nuovi rilievi mirano a incrociare i dati balistici con le tracce ancora presenti sulla Bmw, come i fori dei proiettili e i frammenti metallici recuperati all’epoca, per confermare la compatibilità con l’arma sequestrata.
Un cold case che non si chiude
Antonino Scopelliti, sostituto procuratore generale della Corte di Cassazione, fu assassinato mentre si preparava a sostenere l’accusa nel maxiprocesso a Cosa Nostra in Cassazione, un compito che lo rendeva un bersaglio di primaria importanza per la mafia siciliana e, secondo i pentiti, per la ‘ndrangheta calabrese in un’alleanza criminale. Nonostante due processi a carico di boss come Totò Riina e Bernardo Provenzano, conclusi con assoluzioni in appello tra il 1998 e il 2004, i mandanti e gli esecutori materiali non sono mai stati individuati con certezza.
La figlia Rosanna, presidente della Fondazione Scopelliti, ha accolto con cauto ottimismo la notizia: “È la prima volta che vediamo l’auto di papà sul luogo del delitto. Spero che questi rilievi portino finalmente alla verità che cerchiamo da 34 anni”. Le operazioni di oggi, coordinate dalla Dda reggina sotto la guida del procuratore Bombardieri e del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, rappresentano un tentativo di sfruttare le tecnologie moderne per colmare le lacune di un’indagine segnata da anni di silenzi e difficoltà.
Una giornata simbolica
La ricostruzione è avvenuta sotto gli occhi di un piccolo gruppo di cittadini e autorità locali, con la strada chiusa al traffico per diverse ore. La Bmw, emblema di un delitto che ha segnato la storia della Calabria, è tornata a raccontare quel 9 agosto 1991, quando Scopelliti, senza scorta e ignaro del pericolo, fu freddato a pochi chilometri dalla casa paterna. L’esito dei rilievi sarà decisivo per capire se, dopo oltre tre decenni, la giustizia potrà finalmente fare un passo avanti in uno dei misteri più oscuri d’Italia. Da parte degli inquirenti non ci sono altri dettagli sulle indagini, che vanno avanti da 34 anni. Non si esclude, perciò, che la Dda possa avere elementi nuovi rispetto a quelli che qualche anno fa hanno portato a 17 avvisi di garanzia notificati a boss e affiliati a cosche di mafia e di ‘ndrangheta tra i quali figurava anche Matteo Messina Denaro.