L’incontro ripreso dalle telecamere con la collega Chamila, poi ritrovata cadavere, e l’ultima telefonata del detenuto in fuga alla madre: “Ho fatto una caz…ta. Perdonatemi”.
Milano – Il mancato rientro nel carcere di Bollate per la notte, l’omicidio della collega, quello soltanto tentato dell’altro collega – che si è difeso salvandosi – infine la fuga disperata e il tragico epilogo con lo spettacolare suicidio dalle terrazze del Duomo, in volo tra i passanti inorriditi, fino a chiudere la partita sul selciato della cattedrale. Sono i serrati capitoli del noir a tinte fosche vissuto da Milano nell’ultimo incredibile week end di sangue.
Secondo il pubblico ministero Francesco De Tommasi, chiamato dipanare la matassa di un giallo giunto alla sua conclusione, senza per altro aver ancora svelato alcuni momenti decisivi della trama, Emanuele De Maria, il 35enne napoletano detenuto in permesso lavorativo dal carcere di Bollate avrebbe pianificato con premeditazione sia l’omicidio della collega Chamila Wijesuriya, 50enne italo-srilankese, e l’aggressione al barista Hani Nasr, 50enne italo-egiziano, sopravvissuto grazie all’intervento medico. Le autopsie se il killer, morto gettandosi dal Duomo di Milano, avesse assunto sostanze stupefacenti.

In attesa dell’esito degli esami, resta il tempo per riordinare la cronaca del dramma. A partire da venerdì 9 maggio 2025, quando alle alle 13.30, De Maria lascia il carcere di Bollate, dove sconta una condanna a 14 anni e 3 mesi per il femminicidio di Oumaima Racheb, 23enne tunisina uccisa nel 2016 a Castel Volturno. Invece di recarsi all’Hotel Berna, dove lavorava come receptionist dal novembre 2023, si incontra con Chamila Wijesuriya in via Gorki, a Cinisello Balsamo. Le telecamere li riprendono insieme mentre si dirigono verso il Parco Nord. Dopo quell’incontro, di Chamila non si hanno più tracce. Gli inquirenti ipotizzano che De Maria l’abbia uccisa e abbandonata nel parco, dove il suo corpo, con tagli alla gola e ai polsi, viene trovato domenica pomeriggio da un passante.
Alle 17 di venerdì, De Maria è ripreso da solo alla stazione Bignami della metro Lilla, con una borsa femminile in mano. Cosa abbia fatto nelle ore successive resta un mistero. Sappiamo invece che poco prima delle 17 ha chiamato la mamma (“Pronto mamma, ho fatto una ca… Perdonatemi”) e la cognata, e lo ha fatto con lo smartphone di Chamila – in seguito gettato in un cestino -, dove entrambi i numeri erano memorizzati in rubrica, particolare che confermerebbe l’esistenza tra i due di un legame che andava ben al di là delle ore trascorse insieme all’hotel Berna.

Anche per questo gli inquirenti ipotizzano che De Maria l’abbia uccisa perché la 50enne aveva deciso di interrompere la loro relazione. Ipotesi che dovrà trovare riscontri nell’analisi approfondita del cellulare della donna. Sabato, alle 6.20, De Maria si apposta davanti all’Hotel Berna e aggredisce Hani Nasr con cinque coltellate al petto, alla schiena, al braccio e al collo, ferendo gravemente la carotide. Nasr, operato d’urgenza al Niguarda, è ora fuori pericolo e presto sarà ascoltato dalla Squadra Mobile per chiarire i rapporti con De Maria e Wijesuriya.
Dopo l’aggressione, De Maria fugge verso il centro di Milano. Nonostante il timore che potesse lasciare l’Italia, come fece nel 2016 quando fu catturato in Germania dopo due anni di latitanza, rimane in città. Domenica, alle 13.40, sale sulle terrazze del Duomo e si lancia nel vuoto da 40 metri, morendo sul colpo. Identificato grazie ai tatuaggi in latino sul braccio e a una copia del documento in tasca, aveva con sé una foto di Chamila, alimentando i sospetti sul suo coinvolgimento nella morte della donna.
Il pm De Tommasi ipotizza che De Maria abbia agito con un piano preciso, forse motivato da una relazione con Chamila e da gelosia verso Nasr, che avrebbe cercato di dissuadere la donna dal frequentarlo. Le immagini di videosorveglianza mostrano Chamila e De Maria passeggiare serenamente venerdì, ma qualcosa scatena la violenza. L’autopsia su Wijesuriya e gli esami tossicologici su De Maria saranno cruciali per ricostruire la dinamica e il movente. Intanto, il permesso lavorativo concesso a De Maria, “detenuto modello” secondo il suo avvocato, è sotto scrutinio del Ministero della Giustizia.