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Omicidio di Sofia Stefani, Gualandi: “Le volevo bene, non mi aspetto il perdono”

La vigile urbana fu uccisa il 16 maggio 2024 negli uffici della polizia locale di Anzola dell’Emilia dall’ex comandante Giampiero Gualandi, con cui aveva una relazione. L’uomo è imputato per omicidio volontario aggravato dai futili motivi e dal legame affettivo.

Bologna – “Chiedo perdono ai genitori e a tutte le persone che volevano bene a Sofia”. Con queste parole Giampiero Gualandi ha iniziato il suo interrogatorio davanti alla Corte d’Assise di Bologna, dove è processato per l’omicidio della vigile urbana Sofia Stefani. Il femminicidio si è consumato il 16 maggio 2024 negli uffici della polizia locale di Anzola dell’Emilia, dove la vittima è stata uccisa con un colpo di pistola dall’ex comandante.

“Non so immaginare il dolore che ho provocato, e non mi aspetto il perdono, ma mi sentivo di doverlo dire”, ha aggiunto Gualandi rispondendo alle domande della procuratrice aggiunta Lucia Russo. L’uomo, che per decisione della Cassazione è da poco rientrato in carcere dopo un periodo ai domiciliari, è imputato per omicidio volontario aggravato dai futili motivi e dal legame affettivo con la vittima.

L’inizio della relazione

Secondo la ricostruzione di Gualandi, la relazione con Sofia Stefani è nata in ambito lavorativo. “Sofia fin da subito ha avuto problemi sul lavoro, ed ha iniziato a chiedermi consigli”, ha dichiarato l’ex comandante. “Il rapporto è evoluto, la data esatta dell’inizio della relazione non lo ricordo ma ha iniziato a lavorare a dicembre 2022, quindi sarà stato a inizio 2023.

Giampiero Gualandi

L’imputato ha spiegato di aver adottato precauzioni per mantenere segreta la relazione: “Facevo attenzione che Sofia non venisse in ufficio quando c’era la comandante Silvia Fiorini, lo facevo per evitare che mi si contestasse qualcosa anche solo verbalmente da parte della comandante. Sofia mi voleva bene ed era molto attenta e quando le chiedevo di non venire non veniva, ma lo faceva per me”.

Il ritratto della vittima

Durante l’interrogatorio, Gualandi ha fornito una descrizione di Sofia Stefani che è stata contestata dalla madre della vittima. “Sofia aveva un problema a tenere rapporti sereni con i colleghi. Aveva dei problemi caratteriali e assumeva dei farmaci psicoattivi”, ha dichiarato l’ex comandante. “Era consapevole della sua fragilità psichica. Io era l’unico e solo che la aiutava al lavoro ma anche all’esterno ad esempio con gli avvocati per le sue questioni di lavoro”.

Questa versione è stata respinta dalla madre di Sofia, Angela, che nell’ultima udienza aveva dichiarato: “Io sono qui a testimoniare per ridare dignità a mia figlia”. La donna aveva preso posizione contro il tentativo di sminuire la figura della figlia uccisa.

Le aspettative professionali

L’ex comandante ha ammesso di aver alimentato false speranze nella vittima riguardo alla carriera. “C’erano alcune legittime aspettative da parte mia a che mi fosse riconosciuto un ruolo confacente alle mie competenze anche di comandante”, ha spiegato Gualandi. Incalzato dalla procuratrice sul perché prendesse in giro la Stefani dicendole “io diventerò il capo e tu la mia vice” pochi giorni prima del delitto, ha risposto: “Entrambi sapevamo che non sarebbe stato possibile ma glielo dicevo per tirarla su viste le sue difficoltà”.

La fine della relazione

La dinamica della rottura è emersa come uno dei punti centrali del processo. “Dopo che avevo confessato a mia moglie il tradimento, parlai con Sofia e lei non ne voleva sapere di chiudere il rapporto, mi diceva che eravamo fatti l’uno per l’altra. Io provavo a interrompere il rapporto anche se volevo continuare ad aiutarla dal punto di vista lavorativo”, ha sostenuto Gualandi.

Sofia Stefani

Tuttavia, la procuratrice ha evidenziato le contraddizioni nella sua versione. Alla domanda su chi volesse davvero lasciare chi, l’ex comandante ha risposto: “Nei messaggi Sofia scriveva che voleva lasciarmi in reazione ad altre circostanze ma ci sono messaggi di segno opposto, come quando parlava di andare a vivere assieme”.

Gualandi ha ammesso di aver minimizzato la relazione quando l’ha confessata alla moglie. “Quando dissi vilmente e vigliaccamente a mia moglie del tradimento ho cercato di annacquare la realtà perché la relazione non era ancora interrotta e non era solo di natura sessuale, io volevo bene a Sofia, ha dichiarato durante l’interrogatorio.

L’accusa contestata a Gualandi è omicidio volontario aggravato dai futili motivi e dal legame affettivo con la vittima. Le indagini hanno ricostruito la presenza di oltre 17mila messaggi tra i due. L’imputato avrebbe cancellato la chat prima dell’arrivo di Sofia in ufficio il giorno del delitto.

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