Offese all’avvocato Lipera sul caso di Sarah: ricorso in Cassazione contro l’archiviazione

Il gip di Catania ha sentenziato che la diffamazione per le parole usate contro il legale della ragazza rapita dal padre non c’è.

Catania – Ricorso in Cassazione dell’avvocato Giuseppe Lipera, contro l’archiviazione del processo per diffamazione scaturito dalle parole usate nei suoi confronti dall’Avvocatura dello Stato, nello specifico il collega Angelo Francesco Nicotra, in merito alla vicenda che lo vede in difesa della ragazza italo-tunisina Sarah Ben Daoud raggiunta da un provvedimento di espulsione. Nicotra in una memoria depositata aveva bollato la tesi difensiva di Lipera come frutto di “farneticanti elucubrazioni – dal valore più politico che giuridico – sulla cittadinanza della ragazza”.

Parole che avevano indotto il legale a chiederne prima la cancellazione e in seconda istanza a querelare il collega dell’Avvocatura per diffamazione. Due settimane fa il gip del Tribunale di Catania Maria Ivana Cardillo aveva deciso di archiviare, spiegando che si trattava di una “espressione infelice” che però non integrava alcun reato, bensì un semplice “giudizio negativo ragionato, sia pure aspro e forte”. Nessuna diffamazione, aveva sentenziato. Perché quell’espressione “non assume un significato offensivo della dignità umana e professionale dell’Avvocato Lipera”. E non rappresenta una “aggressione gratuita e distruttiva dell’onore e della reputazione del legale”. Ma l’avvocato di Sarah non ci sta, e ha deciso di fare ricorso di fronte alla Suprema Corte.

L’avvocato Lipera con la madre di Sarah

Per Lipera il giudice ha motivato “in modo illogico e contradittorio l’archiviazione del procedimento, asserendo che ‘in tema di diffamazione, il requisito della continenza postula una forma espositiva corretta della critica rivolta – e cioè strettamente funzionale alla finalità di disapprovazione e che non trasmodi nella gratuita ed immotivata aggressione dell’altrui reputazione -, ma non vieta l’utilizzo di termini che, sebbene oggettivamente offensivi, siano insostituibili nella manifestazione del pensiero critico, in quanto non hanno adeguati equivalenti”. L’ordinanza di archiviazione per il legale è in primo luogo “errata perché non possono essere condivise le argomentazioni fornite dal gip che appaiono profondamente azzardate e insidiose”.

“Un avvocato, infatti, – sostiene Lipera – potrebbe sempre criticare una sentenza, uno scritto avversario, una requisitoria del pm, ma seguendo la linea fornita dal gip si arriverebbe alla liceità dell’insulto del pm o dell’avvocato di controparte. Un conto è dire: ‘la sentenza è errata e merita di essere riformata’; un conto invece è dire: ‘le argomentazioni fornite dal magistrato o dall’avversario sono alla stregua di quelle di
un folle delirante’
e giustificare detto fenomeno esclusivamente con la ‘manifestazione di un pensiero
di un pensiero critico
che non ha adeguati equivalenti”. Il secondo motivo per cui Lipera contesta l’ordinanza impugnata è che, anche a voler giustificare (e non lo si fa) certe espressioni “oggettivamente offensive”
occorre rilevare che è la stessa ordinanza a sottolineare come le medesime espressioni oggettivamente offensive debbano essere ‘strettamente funzionali alla finalità di disapprovazione e che non debbano trasmodare nella gratuita ed immotivata aggressione dell’altrui reputazione'”.

Da qui la decisione di impugnare l’archiviazione. L’avvocato di Lipera, Grazia Coco, nel corso del procedimento ha sempre puntato l’attenzione sul fatto che sia passato in questo modo “il principio che gli Avvocati potranno permettersi di utilizzare nei confronti di colleghi avversari, e quindi anche dei magistrati, espressioni sconvenienti, che ledono la dignità della toga, della professione e offendono la persona, senza incorrere a nessun tipo di responsabilità”. Anche il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di  Catania nella seduta del 21 maggio aveva stigmatizzato l’accaduto, ribadendo che “l’irrinunciabile tutela della dignità della professione forense impone di sottolineare, in via generale, la necessità dell’osservanza del principio di continenza nella redazione degli atti difensivi”. E aveva deciso di aprire un fascicolo a tutela di  Lipera

Infine, il direttivo della Camera penale Serafino Famà di Catania aveva espresso solidarietà a Lipera: “parole intollerabili” quelle contro Lipera. Tutto è avvenuto nel processo sul caso di Sarah, nata a Catania, la ragazza che in città aveva lasciato la mamma e tre fratelli solo perché rapita dal padre. Tutto ruota attorno alla storia della 21enne nata nel capoluogo etneo da genitori tunisini. Rapita dal padre piccolissima e trascinata in Tunisia, è tornata in Sicilia il 25 agosto 2023 con un barcone sbarcando a Pantelleria. Una volta qui, dopo aver rischiato la vita in mare, però la Questura di Trapani ha emesso un decreto di espulsione.

L’avvocato Giuseppe Lipera

Il giudizio è stato poi sospeso perché Lipera, ha chiesto la ricusazione del giudice. Quest’ultimo aveva rinviato al momento del verdetto la pronuncia sulla richiesta di cancellare dal procedimento le parole usate dall’avvocatura dello Stato, che si è costituita sostenendo la decisione della Questura di Trapani. L’avvocato dello Stato, a quel punto, aveva contestato le ragioni della difesa, definendo “farneticanti elucubrazioni” le tesi dell’avvocato di Sarah. Il resto è un caso nel caso giudiziario non ancora concluso.

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