Nicola Galea

Nicola Galea: davvero un suicidio? L’enigma tra Rosacroce e deep web

Tra ipotesi legate ai meandri del Deep Web e sospetti legami con l’occultismo, la morte di Nicola Galea rappresenta ancora un mistero. Il gesto estremo appare per lo meno improbabile.

Anguillara Sabazia (Roma) – Il corpo di Nicola Galea, appena ventunenne, veniva trovato sulle rive del lago di Bracciano, il 24 maggio 2016, da un camionista che lo segnala alla polizia. Lo scenario appare da subito quello di un suicidio, con il corpo che galleggia in verticale sul lago. Le ipotesi sulla sua morte però sembrano condurre, come in altri casi, a ipotesi differenti da quella del gesto estremo.

Nicola Galea

Nicola sembra essersi recato sul lago a bordo della sua macchina. L’auto viene infatti ritrovata quattro chilometri più lontano, tra la boscaglia. I carabinieri chiamati sul posto notano che il veicolo ha numerose ammaccature e danni alla carrozzeria. Il vetro del parabrezza è stato danneggiato da un colpo proveniente dall’esterno. I due specchietti retrovisori esterni appaiono divelti. La targa è nascosta all’interno dell’auto, sotto un tappetino. L’intero veicolo insomma sembra abbia subito diversi atti vandalici e non un incidente su strada. Gli stessi familiari della vittima testimoniano che la vettura era in perfette condizioni prima che Nicola sparisse come un fantasma. Dunque che cosa poteva essere accaduto?

La famiglia del giovane, originaria della Romania, si trasferisce in Italia intorno agli anni 90′. Nicola era l’ultimo di sei figli. Il ragazzo cresce nel Belpaese, alla periferia di Roma, circondato dall’affetto dei suoi cari. Le indagini sulla sua vita non evidenziano nessuna problematica ma raccontano di un’esistenza tranquilla, simile a quella di molti suoi coetanei. È volenteroso, studioso e appassionato di computer: lavora appunto come ingegnere informatico.

La mattina del 19 maggio 2016, giorno in cui scompare, Nicola esce da casa alle 8.30. Il coinquilino con cui divide un appartamento al centro della Capitale riferisce dell’orario in cui il ragazzo è uscito, aggiungendo che non rientra nelle sue abitudini. Insomma il giovane non usciva mai a quell’ora. Il compagno di stanza sarà l’ultima persona a vederlo vivo perché dopo aver varcato la soglia di casa Nicola non sarà più rintracciabile. Sparisce. Le telefonate dei familiari cadono nel vuoto: il ragazzo non risponderà più al suo cellulare. Saranno i carabinieri, nei giorni successivi, ad avvertire la famiglia del ritrovamento del cadavere nelle acque del lago di Bracciano antistanti Anguillara.

Il punto del ritrovamento del cadavere

La prima pista: il suicidio

L’autopsia medico-legale conferma una morte per asfissia meccanica da annegamento che è compatibile con il luogo in cui viene ritrovato il corpo. Non ci sono tracce di violenza nè segni di colluttazione. L’ipotesi più accreditata è dunque quella del suicidio, che esclude il coinvolgimento di terzi. Lo stesso pubblico ministero si dichiara convinto che si tratti di un gesto auto-lesivo.

Come spesso accade quando c’è la presunzione di un gesto estremo le indagini non vengono effettuate in modo approfondito. Gli effetti personali del ventunenne, ritrovati all’interno dell’automobile non vengono analizzati. Ma sono proprio due oggetti, tra gli effetti personali di Nicola ritrovati nell’auto, che sembrano fuori luogo e raccontano una storia che potrebbe essere diversa da quella che appare agli occhi degli inquirenti. L’IPad del ragazzo viene ritrovato ancora acceso e c’è un lenzuolo bianco perfettamente ripiegato. Il veicolo però non viene reso oggetto di accertamenti. Non vengono rilevate eventuali impronte digitali o tracce di DNA che sarebbero potute appartenere a persone diverse dalla vittima. Il mezzo viene quasi immediatamente riconsegnato ai familiari e viene data l’autorizzazione perché sia demolito.

Gli inquirenti non hanno dubbi: Nicola Galea si è ammazzato. E’ proprio quel lenzuolo avvalorerebbe la tesi che il ragazzo si sia tolta la vita, decidendo in un primo momento di morire per impiccagione. Il telo bianco viene ritrovato all’interno dell’abitacolo con lo scontrino fiscale che attesta che Nicola l’aveva comprato proprio il giorno della sua scomparsa. La famiglia propende però per una spiegazione diversa, riguardo la presenza del lenzuolo.

Il lenzuolo bianco e le piste ignorate

L’oggetto pone una domanda scomoda che nessuno tra gli inquirenti sembra volersi formulare. Perché la vittima cambia idea sulla modalità della sua dipartita e decide invece di auto-annegarsi? Il lenzuolo ha anche delle macchie, che però non vengono analizzate. Se da una parte gli inquirenti concordano sulla tesi del suicidio, dall’altra la famiglia e i suoi legali pongono insistentemente delle domande sulle dinamiche della vicenda.

Rosacroce tempio
Nicola Galea era incuriosito dall’Ordine filosofico-ermetico dei Rosacroce

La sorella di Nicola trova a casa della vittima diversi opuscoli raffiguranti il simbolo dell’AMORC, cioè dell’antico e mistico Ordine dei Rosacroce. Si tratta di un movimento filosofico ed iniziatico aperto a tutti e senza distinzione di razza o posizione sociale. Pare che il giovane fosse interessato a comprenderne i meccanismi interni. Sarebbe proprio il dettaglio del lenzuolo che indurrebbe la famiglia a ipotizzare un collegamento tra la morte del loro congiunto e l’Ordine dei Rosacroce. Chi decide di entrare nell’ordine infatti deve sottoporsi a un rito d’iniziazione, avendo indosso un lenzuolo bianco. Forse la vittima stava per entrare nel movimento e qualcosa è andato storto? C’era qualcuno con lui le cui intenzioni erano quelle di fargli del male?

Le curiosità di Nicola spaziavano però anche riguardo il Deep Web, nel quale era entrato. Potrebbe essere questa la chiave per capire la sua morte? È possibile che egli sia inciampato in qualche meandro pericoloso di quel mondo virtuale? Addentrarsi in quei luoghi oscuri è un gioco rischioso che può portare a esiti imprevedibili. L’inchiesta, forse, dovrebbe ricominciare daccapo.

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