Le motivazione della sentenza d’Appello riabilitano il sindaco calabrese che adesso si candida alle Europee: “Hanno tentato di infangare il senso di una vita”.
RIACE (Reggio Calabria) – “Non c’è trucco, non c’è inganno” nell’operato di Mimmo Lucano, 66 anni, ex sindaco di Riace, condannato in primo grado a 13 anni di carcere per associazione a delinquere, truffa, peculato, falso e abuso d’ufficio. La sentenza d’Appello, nell’ottobre scorso, aveva annullato la precedente ma le motivazioni, rese note nei giorni scorsi, non lasciano spazio a dubbi. Non c’è traccia di truffe men che meno dell’esistenza di un’associazione per delinquere nella missione del sindaco il cui sistema di accoglienza dei migranti, si legge in atti, è “teso a perseguire un modello di accoglienza integrata, ovvero non limitato al solo soddisfacimento dei bisogni primari finalizzato all’inserimento sociale dell’ospite di ciascun progetto”.
In estrema sintesi sono questi i motivi del proscioglimento con cui i giudici della Corte d’Appello di Reggio Calabria hanno illustrato il verdetto di secondo grado, gravato soltanto da una condanna a 1 anno e 6 mesi, pena sospesa, per abuso d’ufficio. Un’inezia a confronto del castello accusatorio che pesava sull’ex primo cittadino pienamente riabilitato da tutti i reati più gravi per i quali era stato rinviato a giudizio con enorme fragore mediatico e, soprattutto, politico.
I magistrati giudicanti hanno ritenuto che Lucano era “certo di poter alimentare una economia della speranza” il cui unico obiettivo era quello “di poter aiutare gli ultimi”, ma anche le intrinseche finalità del cosiddetto “Modello Riace”, finito sotto processo con tutti i suoi “seguaci”. Dunque per i togati del secondo consesso giudicante Mimmo Lucano non si sarebbe affatto arricchito sulla pelle dei migranti: ”I dialoghi intercettati, in linea con gli accertamenti patrimoniali compiuti su Lucano Domenico suggeriscono di escludere che abbia orchestrato un vero e proprio ‘arrembaggio’ alle risorse pubbliche”, ha scritto la Corte nelle motivazioni demolendo le indagini precedenti, i motivi del rinvio a giudizio e sostanzialmente tutto ciò che era stato fatto dagli inquirenti.
Ma c’è molto di più. I giudici d’Appello hanno ricostruito le accuse mosse dalla Procura smontando l’ipotesi che alla base del “modello Riace” ci fosse una “banda” dunque una regia. Infatti i magistrati ritengono che “condotte tra loro isolate difficilmente collocabili in un disegno unitario e anzi spesso frutto di iniziative tra loro scarsamente coordinate, se non confliggenti”. Non vi è alcun dubbio, secondo la Corte, in merito ai reali intenti solidaristici di Lucano che diventano: “indicatori meritevoli” e “il contesto in cui ha sempre operato, caratterizzato da un continuo afflusso di migranti, vede l’assoluta mancanza di qualsivoglia fine di profitto, l’indiscutibile intento solidaristico, gli sforzi per portare avanti la propria idea di accoglienza”.
Il cosiddetto “modello Riace”, sistema di accoglienza dei richiedenti asilo noto in tutto il mondo, era finito sotto inchiesta a seguito di una relazione prefettizia che ne aveva evidenziato una serie di presunte illegalità. Il 2 ottobre 2018 Lucano veniva arrestato e tradotto agli arresti domiciliari dalla Guardia di finanza nell’ambito dell’inchiesta coordinata dalla Procura di Locri con le accuse di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e affidamento fraudolento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti a due cooperative della zona, la Eco-Riace e L’Arcobaleno, dall’ottobre 2012 fino all’aprile 2016. I domiciliari furono poi trasformati in divieto di dimora dal tribunale del Riesame e dopo annullati dalla Corte di Cassazione.
Nel processo contro Lucano ed i suoi collaboratori, il pubblico ministero Michele Permumian aveva chiesto per l’ex primo cittadino una pena di 7 anni e 11 mesi, contestandogli 15 capi d’imputazione. Con una sentenza che fece discutere nel settembre del 2021 il tribunale aveva inflitto a Lucano una pena di 13 anni e 2 mesi di reclusione, il doppio di quanto chiesto dalla pubblica accusa. Anche in questo caso è davvero eclatante la differenza fra quanto portato in giudizio dai magistrati inquirenti rispetto alle decisioni dei due consessi giudicanti. Ma tant’è:
”Sono uscito da un tunnel – ha detto Mimmo Lucano – Ho accolto la sentenza di assoluzione con orgoglio e soddisfazione. La mia sofferenza non era legata agli anni di galera ma al tentativo di infangare il senso di una vita, il mio impegno sociale. Abbiamo dimostrato che l’accoglienza non è il problema ma la soluzione, questo messaggio inedito ha sconvolto il paradigma delle destre e la retorica dei porti chiusi. Non volevo sconti, volevo un’assoluzione morale piena. Ho subito un’ingiustizia”. Via libera dunque a Lucano che si candida alle prossime Europee con Alleanza Verdi e Sinistra.