Nella polveriera mediorientale si muove anche l’Iran

Da Gaza al Mar Rosso, dai raid iraniani in Pakistan, Iraq e Siria alle risposte di Islamabad, i confini del conflitto continuano ad allargarsi.

Roma – Con il coinvolgimento di Teheran il conflitto mediorientale si allarga e abbraccia adesso anche attori asiatici e potenze occidentali. L’attacco del 7 ottobre di Hamas a Israele, e la reazione di Tel Aviv che ha portato la guerra a Gaza, sono state altrettante scintille capaci di far detonare tensioni sopite e riattizzare conflitti latenti che vanno bel oltre il già complicato risiko mediorientale.

Da quando Israele ha riversato tutta la sua potenza di fuoco su Gaza, gli scenari di guerra si sono moltiplicati portando di volta in volta al proscenio protagonisti diversi. Come paventato, si è aperto immediatamente il fronte libanese, con la pioggia di razzi firmati Hezbollah (organizzazione paramilitare islamista sciita e antisionista legata all’Iran) caduti su Israele e a tambur battente si è registrata la risposta armata di Tel Aviv, che il 3 gennaio ha colpito a Beirut, dove è stato ucciso Saleh al-Arouri, numero due di Hamas, l’uomo che nella capitale libanese fungeva da anello di congiunzione tra Hezbollah e Teheran.

Le milizie Houthi minacciano il traffico marittimo nel Mar Rosso

Chiamato in causa, il regime degli ayatollah ha indirettamente risposto attraverso gli Houthi, gruppo armato yemenita (in prevalenza sciita) che controlla la capitale Sana’a, solido alleato proprio di Teheran. Dopo aver tenuto in scacco per anni l’Arabia Saudita, gli Houthi hanno rivolto le armi contro il traffico commerciale in transito nella striscia di mare che porta al Canale di Suez, collo di bottiglia strategico per il commercio mondiale. Sostengono di averlo fatto per solidarietà con la causa palestinese e di aver messo nl mirino gli interessi di Israele e dei suoi alleati.

Contro i nuovi “pirati”, per garantire il libero commercio mondiale – i cambi di rotta dei cargo comporterebbero ritardi e rincari capaci di innescare una nuova crisi globale – prima gli Stati Uniti e in seguito la Gran Bretagna sono intervenuti bombardando le posizioni degli Houthi in territorio yemenita.

Infine, la definitiva escalation si è registrata con l’intervento diretto di Teheran attraverso le sue milizie, senza quindi delegare il lavoro sporco ad altri, che hanno colpito prima in Iraq e Siria e poi in Pakistan, ufficialmente una base del Mossad e gruppi terroristici. Mentre Baghdad richiamava l’ambasciatore, la reazione del Pakistan si è concretizzata in un bombardamento in territorio iraniano.

Il Pakistan ha risposto all’attacco iraniano bombardando a sua volta

Difficile capire cos’abbia spinto l’Iran ad entrare in gioco. Al di là delle dichiarazioni di facciata, il Paese ha comunque mandato un segnale di forza, dimostrando di essere intenzionato a colpire i nemici ovunque ritenga di averli localizzati. Un messaggio diretto in prima battuta a Usa e Gran Bretagna per la questione Houthi, ma rivolto anche al tradizionale nemico Israele, come appare inequivocabile del tenore dello slogan scritto sulla scia di fuoco di un razzo in un manifesto gigante appeso nella capitale: «Preparate le vostre bare», in farsi e in ebraico.

Israele dal canto suo non si farà trovare impreparata, avendo da tempo ribadito, per bocca del premier Netanyahu che “l’Iran è la forza trainante dell’asse del male e dell’aggressione contro di noi su vari fronti. La sua minaccia è rivolta non solo contro Israele ma contro l’intero mondo libero”. Tel Aviv ha stilato piani strategici per colpire a fondo Hezbollah qualora continuassero le piogge di razzi dal Libano, preparandosi a rispondere allo scenario che molti analisti ritengono più probabile, quello che vede l’Iran colpire Israele ma solo attraverso i suoi alleati nella Regione. Il perimetro delle turbolenze, comunque, continua ad estendersi.

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