‘Ndrangheta, chiusa l’inchiesta “Meta Bis”: tre boss nel mirino dopo l’annullamento della Cassazione

Secondo la procura di Reggio Calabria, Pasquale Condello, Giuseppe De Stefano e Domenico Condello avrebbero formato un direttorio interno alle cosche.

Reggio Calabria – L’inchiesta “Meta”, che nel 2010 colpì i vertici delle cosche della ‘ndrangheta reggina, torna al centro della cronaca giudiziaria con il possibile avvio di un nuovo processo, denominato “Meta Bis”. Dopo l’annullamento senza rinvio disposto dalla Corte di Cassazione nel 2019 per un difetto di correlazione tra imputazioni e sentenza, la Procura di Reggio Calabria ha notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari a tre figure chiave: Pasquale Condello, detto “il Supremo”, Giuseppe De Stefano e Domenico Condello, alias “Gingomma”.

L’inchiesta “Meta”, condotta nel 2010 dai Carabinieri del ROS sotto la guida del generale Valerio Giardina e del colonnello Gerardo Lardieri, ha rappresentato un colpo decisivo alla ‘ndrangheta reggina, smantellando le strutture di comando delle cosche Condello, De Stefano, Tegano e Libri. Coordinata dal procuratore Giuseppe Lombardo, con gli aggiunti Stefano Musolino e Walter Ignazitto e i sostituti Sara Amerio e Nicola De Caria, l’operazione ha portato a condanne definitive per la maggior parte degli imputati. Tuttavia, nel 2019, la Cassazione ha annullato le condanne per associazione mafiosa di Pasquale Condello, Giuseppe De Stefano e Domenico Condello, rilevando un errore tecnico nella correlazione tra accuse e sentenza, e ha rimandato gli atti alla Procura di Reggio Calabria.

Il nuovo avviso di conclusione indagini, notificato nei giorni scorsi, accusa i tre boss di aver promosso e gestito un “articolato organismo decisionale di tipo verticistico” all’interno delle cosche Condello e De Stefano, senza costituire una nuova associazione mafiosa distinta. Pasquale Condello e Giuseppe De Stefano, detenuti al regime di 41 bis rispettivamente dal 2008 (carcere di Opera, Milano) e dal 2010 (Novara), sono considerati i promotori delle loro cosche. Domenico Condello, detto “Gingomma”, organizzatore della cosca Condello, ha già scontato la sua pena. Secondo la Procura, i tre operavano nella componente “visibile” della ‘ndrangheta, ma anche in una struttura “segreta o riservata”, utilizzando schermi personali, professionali, istituzionali e massonici per occultarne l’esistenza.

L’inchiesta “Meta” ha messo in luce l’esistenza di un “direttorio”, un organismo di coordinamento tra le cosche reggine per gestire strategie criminali, estorsioni e rapporti con politica e istituzioni. La Procura non ha mai sostenuto che si trattasse di una super-cosca autonoma, ma di una struttura verticistica integrata nelle cosche esistenti, come chiarito da Lombardo durante il processo. La Cassazione, nel 2019, ha contestato la sentenza di primo grado per aver travisato questa impostazione, portando all’annullamento delle condanne per i tre boss.

Le cosche Condello e De Stefano, radicate nel quartiere Archi, dominano il Mandamento Centro di Reggio Calabria, un’area strategica per il controllo di estorsioni e appalti. Le indagini, supportate da intercettazioni, pedinamenti e collaboratori di giustizia come Roberto Moio e Nino Fiume, hanno ricostruito una rete complessa, con una componente “riservata” che sfruttava legami massonici e istituzionali per operare nell’ombra. L’inchiesta “Meta Bis” esclude i boss Giovanni Tegano e Pasquale Libri, deceduti, ma mantiene alta l’attenzione sulla capacità della ‘ndrangheta di rigenerarsi.

Il possibile processo “Meta Bis” rappresenta un nuovo capitolo nella lotta alla ‘ndrangheta, ma anche una sfida per la giustizia. La solidità dell’impianto accusatorio, confermato per altri imputati nel 2017 e 2021, suggerisce che la Procura abbia affinato le accuse per superare i rilievi della Cassazione. Tuttavia, la complessità della componente “riservata” della ‘ndrangheta, con i suoi legami occulti, rende difficile raccogliere prove definitive. Il coinvolgimento di schermi massonici, come emerso anche in operazioni come “Saggezza” (2013), sottolinea la pervasività della mafia reggina oltre il mero controllo territoriale.

Il caso si inserisce in un contesto di crescenti successi contro la criminalità organizzata. Nel 2024, il maxiprocesso “Epicentro” ha inflitto 44 condanne a membri delle cosche reggine, mentre sequestri come quello di 36 chili di cocaina ad Angri evidenziano l’impegno delle forze dell’ordine. Tuttavia, la ‘ndrangheta rimane una delle mafie più ricche al mondo, con un fatturato stimato da Eurispes in 53 miliardi di euro.

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