Emanazione delle cosche reggine, l’organizzazione gestiva un sistema di fatturazioni inesistenti a livello internazionale con la complicità di imprenditori lombardi.
Brescia – Reati tributari commessi da un’associazione a delinquere di matrice ndranghetista originaria della Provincia di Reggio Calabria ma attiva nel Bresciano. Questo lo scenario svelato da un’inchiesta della Procura di Brescia che oggi ha portato la Finanza a dare esecuzione ad un’ordinanza cautelare che ha riguardato 12 persone.
L’attività dei militari si è sviluppata nelle province di Brescia, Torino, Verona, Reggio Emilia, Modena, Cremona,
Milano, Monza-Brianza, Mantova, Varese, Catania e Reggio Calabria, nonché in Spagna e Svizzera, con
l’impiego di circa 300 uomini, avvalendosi del supporto dell’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione
giudiziaria, del Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia nell’ambito del progetto I-Can (Interpol
Cooperation Against ‘Ndrangheta), e delle forze di polizia spagnole e svizzere.
Le società e i soggetti coinvolti, circa 70, nel collaudato sistema di “fatture per operazioni inesistenti”, sono
state colpite anche da un sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, lente, per un importo complessivo che supera gli 8.5 milioni di euro, beni ritenuti provento delle condotte delittuose. I provvedimenti eseguiti costituiscono l’epilogo di complesse attività di indagine, anche transnazionali, avviate a partire dal mese di giugno del 2019.
La mano della ‘ndrangheta nel Bresciano è risultata essere una diramazione operativa di un’organizzazione criminale originaria della provincia di Reggio Calabria, egemone nella zona compresa tra i comuni di Melia di Scilla e San Roberto, al cui vertice vi era un soggetto già condannato per associazione di stampo mafioso dal Tribunale di Reggio Calabria. Gli inquirenti hanno documentato la genesi e l’ascesa del gruppo che, facendo leva sulla forza di intimidazione che deriva dal vincolo associativo, avrebbe dapprima danneggiato, poi sopraffatto e infine estromesso dal giro d’affari connesso alle frodi fiscali un’organizzazione criminale rivale operativa dal 2017 nel distretto industriale del Nord Est.
Per liberarsi dei concorrenti il gruppo vincente ha simulato una rapina nei confronti di un corriere che aveva ritirato denaro contante per circa 600mila euro – frutto della monetizzazione delle fatture per operazioni inesistenti – da persone residenti nella chinatown milanese, sfruttando il “tradimento” di alcuni appartenenti al gruppo rivale.
In seguito sono state sottratte al primo gruppo le credenziali dei conti correnti accesi in Bulgaria dove facevano affluire i proventi grazie all’ausilio di una commercialista bulgara e dei rappresentati legali delle cartiere estere. Infine, i rivali sono stati intimiditi dall’esibizione di armi da fuoco durante gli incontri con i
membri del primo sodalizio, al fine di imporre agli associati di trasferire l’intero “pacchetto” di società precedentemente gestite e di assoggettarsi alla neocostituita associazione di stampo mafioso.
L’attività investigativa, sviluppata anche mediante l’utilizzo di intercettazioni, accertamenti bancari e sequestri di denaro contante per circa 450mila euro, destinato alle cosche reggine, ha così consentito di ricostruire lo schema dell’articolata frode.
L’associazione vincente si è avvalsa di oltre 30 società tra “cartiere” estere (in Bulgaria, Ungheria, Slovacchia, Svizzera e Croazia) e “filtro” italiane che, nel periodo di indagine, hanno emesso fatture per operazioni inesistenti nel settore del commercio delle materie plastiche per oltre 365 milioni di euro in favore di imprenditori compiacenti, localizzati prevalentemente nelle province di Brescia e Mantova.