Mentre proseguono le indagini i maggiori sospettati rimangono i congiunti della vittima. La difesa dei tre indagati riferisce che le condizioni di vita di Rosina Cassetti, in seno alla famiglia, descritte da amici e conoscenti non corrispondono alla verità dei fatti.
Montecassiano – È stata una rapina. Ribadiscono i parenti della vittima agli investigatori che li hanno interrogati per ore. Secondo la versione dei fatti riferita da Enrico Orazi, 81 anni, commerciante; da Arianna Orazi impiegata di 48 anni ed Enea Simonetti di 20, rispettivamente marito, figlia e nipote di Rosina Carsetti, 78 anni, uccisa alla vigilia di Natale nella sua casa di via Sandro Pertini 31 a Montecassiano, si è trattato di una rapina finita male ad opera di uno sconosciuto.
I tre congiunti sono indagati dalla Procura di Macerata, diretta dal procuratore Giovanni Giorgio, per i reati di omicidio aggravato in concorso e maltrattamenti in famiglia aggravati in concorso. Mentre il nipote della vittima sarebbe indagato anche per favoreggiamento e simulazione di reato.
Da una prima ricostruzione, eseguita sulla scorta delle dichiarazioni rese dai protagonisti della tragica vicenda, il 24 dicembre scorso, dopo le 17.30, un uomo vestito di scuro si sarebbe introdotto furtivamente nell’abitazione di Rosina Cassetti, per gli amici Rosi, per rubare presumibilmente soldi e oggetti preziosi.
In casa c’erano anche Enrico e Arianna Orazi che a suon di sberle sarebbero stati neutralizzati dall’aggressore che avrebbe picchiato, legato e chiuso in bagno l’anziano commerciante riservando il medesimo trattamento alla figlia per evitare che fuggisse.
Il ladro sarebbe stato sorpreso a rovistare nei cassetti (alcuni punti della casa sono stati messi a soqquadro) dalla stessa Rosina che una volta aggredita avrebbe avuto la peggio. A questo punto il ladro sarebbe fuggito indisturbato con mille o duemila euro mentre intorno alle 20 sarebbe tornato in casa il nipote Enea che avrebbe dato l’allarme liberando mamma e nonno prima di scoprire il cadavere di Rosina riverso sul pavimento della cucina al primo piano.
I tre sono stati interrogati a lungo (nel secondo interrogatorio, invece, si sarebbero avvalsi della facoltà di non rispondere) subito dopo i fatti e nella caserma dei carabinieri alla presenza del sostituto procuratore Vincenzo Carusi e pare che le loro deposizioni siano stata ripetute senza omissioni di particolari nonostante diverse incongruenze rilevate dai militari e che saranno oggetto di ulteriori verifiche.
C’è da dire che la villetta di via Pertini 31 presenta una recinzione molto alta difficile da scavalcare mentre il cancelletto d’ingresso, durante il primo sopralluogo, non presenterebbe segni di effrazione come la stessa serratura della porta principale dell’abitazione. I due molossoidi di proprietà di Arianna Orazi pare non abbiano abbaiato nella serata della vigilia di Natale, stante a quanto riferiscono i vicini di casa che parlano anche di una situazione di disagio della vittima che in casa viveva col marito e, da qualche mese, con la figlia ed il nipote con i quali pare non andasse d’accordo.
La vittima si sarebbe rivolta all’associazione “Sos Donne” di Macerata (dove sarebbe andata accompagnata da un’amica il 19 dicembre scorso) per denunciare presunti soprusi in famiglia che sarebbero culminati con vere e proprie costrizioni come l’impossibilità di ricevere telefonate col proprio cellulare, non potere utilizzare la propria autovettura per gli spostamenti e l’indisponibilità del proprio denaro.
Ovviamente tutte queste indiscrezioni come le stesse rivelazioni di testimoni attendibili sono al vaglio degli inquirenti ma qualora fossero accertate determinate responsabilità la posizione degli indagati, difesi in un primo momento dagli avvocati Laura Ricci, Chiara Arcangeli, Sergio Del Medico e Gianni Padula, si aggraverebbe non di poco:”… Non l’ho incontrata, ha parlato con gli operatori, doveva tornare il martedì successivo – spiega l’avvocato di Sos Donne, Egle Asciutti – chi si rivolge a noi lo fa per problemi ben precisi, chiede supporto psicologico, ma anche legale. Hanno difficoltà ben precise, legate al coniuge o al contesto familiare…”.
Da una prima ricognizione autoptica pare che la vittima sia deceduta per asfissia e non per un malore come inizialmente si era creduto. Dunque è possibile che Rosina sia stata aggredita dal presunto ladro o da un soggetto terzo che potrebbe averla stretta alla gola sino a soffocarla.
Gli amici più intimi ed i vicini di casa della donna sembra confermino il grave stato di disagio che la vittima viveva in famiglia sino ad avere paura di rientrare nella propria abitazione:
“…ll 24 dicembre – scrive la figlia della vittima Arianna Orazi – la vita della nostra famiglia è stata sconvolta, anziché poter vivere ed elaborare un lutto siamo stati travolti da una vicenda giudiziaria. Non abbiamo potuto piangere né stringerci attorno a mia madre. Ringraziamo le numerose attestazioni di affetto e vicinanza ricevute, chiediamo agli altri di non giudicare e di rispettare la nostra famiglia. Vorremmo vivere il più possibile in forma privata il funerale e confidiamo nel fatto che presto sarà tutto chiarito. Grazie…”.
Da un secondo sopralluogo sarebbero emersi diversi elementi definiti eccellenti dalla difesa e da verificare, se necessario, dagli inquirenti. Sulla porta-finestra della cucina sarebbero stati scoperti segni di effrazione dunque proprio da li potrebbe essere entrato il ladro.
Questa sarebbe la tesi sostenuta dagli avvocati Andrea Netti e Valentina Romagnoli ma il delinquente, una volta entrato in casa, si sarebbe trovato davanti Rosina che avrebbe poi aggredito strangolandola. Il procuratore Giovanni Giorgio e il sostituto Vincenzo Carusi, però, non escludono che i segni di effrazione rilevati possano essere stati realizzati ad hoc per simulare la rapina. Per fugare ogni dubbio la Procura pare nominerà un Ctu per analizzare la struttura della porta-finestra.
In giardino sarebbe stata repertata una scala di ferro di colore blu appoggiata tra la recinzione del retro della villetta e l’abitazione confinante. Gli avvocati non escludono che possa essere stata utilizzata dal rapinatore per entrare in casa Orazi ma il proprietario della villa limitrofa ha già dichiarato che quella scala apparterrebbe a lui e con la quale sarebbe solito potare siepe e piante.
Poi ci sarebbe anche un indumento, forse abbandonato dal ladro in fuga, che sarebbe rimasto sulla scena del crimine ma l’avvocato Netti non è andato oltre con i particolari che, indubbiamente, si riserverà per le proprie investigazioni difensive.
Secondo i magistrati inquirenti il nipote della vittima Enea, insieme alla mamma e al nonno, avrebbe ucciso Rosina che, precedentemente, avrebbero costretto ad una coabitazione “umiliante e penosa” e facendone oggetto di insulti, minacce, percosse, aggressioni fisiche, danneggiamenti di mobili, “dispetti” e una serie di vessazioni tra cui la sottrazione di oggetti di proprietà.
La difesa degli indagati si ritiene certa di provare l’estraneità ai fatti dei propri assistiti anche perché per quanto attiene le condizioni di vita della vittima (che avrebbe venduto gioielli e pellicce prima di Natale), la situazione familiare sarebbe stata agli “antipodi” rispetto alle rivelazioni di amici e vicini di casa di Rosina Carsetti.
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