Una morte assurda, avvenuta in un parcheggio nel quartiere capitolino di Centocelle, quella di Danilo Salvatore Lucente Pipitone. Una banale discussione ha scatenato il belluino pestaggio ai suoi danni.
Roma – Ammazzato a calci, pugni e bastonate per l’occupazione di uno spazio di parcheggio. Danilo Salvatore Lucente Pipitone, caporale maggiore capo dell’Esercito di 44 anni, dopo il ricovero d’urgenza in rianimazione è morto al Policlinico Umberto I di Roma lo scorso 12 febbraio. L’uomo, che prestava servizio presso l’ospedale militare del Celio, era stato aggredito da una persona durante una violenta lite nella notte fra il 10 e l’11 febbraio, intorno alle ore 2, fra via Dei Sesami angolo via Palmiro Togliatti, nel quartiere di Centocelle.
Gli agenti, resisi conto della grave situazione, soccorrevano Pipitone, privo di conoscenza, trasferendolo in ambulanza presso l’ospedale Vannini in codice rosso. Considerata la gravità delle ferite riportate il militare veniva trasferito, ormai in stato comatoso, presso il Policlinico Umberto I. La vittima presentava un taglio sul sopracciglio, una ferita sulla nuca e altri traumi provocati forse da un bastone. Nel pomeriggio del 12 febbraio sopraggiungeva la morte cerebrale e per Pipitone non c’era più nulla da fare. Subito dopo il decesso i familiari davano il via libera all’espianto dei suoi organi. Nel frattempo scattava una vera e propria caccia all’uomo che dava nell’immediatezza dei fatti due riscontri obiettivi: un’auto Fiat 500 Abarth targata FY775CD, intestata ad un società di noleggio, che si allontanava dalla zona a forte velocità e due persone, riprese sempre sul luogo del delitto, che vengono attivamente ricercate.
Una di queste sarebbe un cittadino extracomunitario di 33 anni, tale Mohamed Abidi, di origini tunisine, con precedenti per droga che risalgono al 2018. L’uomo sarebbe fuggito da via dei Sesami quando un cittadino italiano, che tentava di soccorrere Pipitone, lo aveva minacciato di chiamare il 112. Le telecamere di zona avrebbero ripreso, infatti, le diverse sequenze dell’aggressione registrando il numero di targa dell’auto e le fattezze del presunto aggressore e forse di un complice. Il sospettato dunque è foto-segnalato e l’identikit sembra non lasciare dubbi sull’identificazione del soggetto che tornava in libertà il 4 aprile 2018. Il ricercato, nel 2013, si era presentato per richiesta di atti amministrativi presso l’ufficio stranieri della Questura di Roma.
Nel 2015 Abidi avrebbe fatto parte di un gruppo di tre connazionali accusati di aver picchiato e violentato alcune prostitute nella zona di San Giovanni a Roma. L’accusa nei loro confronti era di violenza sessuale e rapina aggravata in concorso. Poi la detenzione a Regina Coeli, nel 2018, per reati di droga e successivamente la scarcerazione avvenuta nel penitenziario di Rieti. Poi più nulla tanto da far pensare che l’uomo potrebbe girare in Italia con documenti falsi stampati talmente bene da trarre in inganno qualsiasi verifica da parte delle Forze di polizia. Salvatore Danilo Lucente Pipitone era nato ad Erice, in provincia di Trapani, ed era un infermiere benvoluto da tutti oltre che generoso e coraggioso. Aveva preso servizio al Celio nel febbraio 2020, in piena pandemia, e si era subito distinto per professionalità e disponibilità che sino all’ultimo giorno hanno caratterizzato il suo operato.
Quella maledetta sera il graduato si era recato in via dei Sesami, a pochi passi dal parco Madre Teresa di Calcutta, già oggetto di svariate segnalazioni di violenze da parte dei residenti, per recuperare la sua auto quando un uomo lo avrebbe aggredito perché rivendicava il “possesso” di quello spazio di parcheggio. Alla lite, però, avrebbe assistito una prostituta rumena che esercita il meretricio in quel tratto di strada: “Togliti subito quello è il mio posto“, avrebbe inveito il presunto aggressore: “Che cavolo vuoi“, avrebbe risposto deciso Lucente Pipitone. Poi la violenta lite e il fuggi fuggi di quanti sostano in strada a vario titolo a quell’ora della notte in un quartiere sempre più a rischio:
”Ho difeso Mohamed Abidi nel 2017 quando era a Regina Coeli per una piccola quantità di hashish, ma quando un anno dopo è stato scarcerato da Rieti, dove era stato trasferito, è andato in Francia e da lì non ho più avuto sue notizie…” ha detto l’avvocato Antonino Lastoria all’Adnkronos.