La corsa al vaccino più performante è iniziata ma solo alcuni si aggiudicheranno la congrua fetta di mercato da milioni e milioni di euro o dollari. Senza esclusione di colpi e dove la salute umana conta ben poco.
Milano – Siamo a quota quattro e il numero potrebbe salire a cinque. I vaccini contro il Covid nelle ultime settimane spuntano come funghi, monopolizzando l’attenzione mediatica e le borse, ovviamente. Per fare un po’ di chiarezza, ecco un riassunto di quella che ormai sta prendendo le fattezze di una forsennata gara di velocità a chi arriva prima.
Nell’ordine: prima a tagliare il traguardo è stata la Russia, con il suo Sputnik V e un’efficacia che si attesterebbe al 92%, dicono i subalterni in camice bianco di Putin. Poi è stata la volta del duo Pfizer-BioNTech, quotato come il più promettente con un’efficacia al 90%. Segue a ruota Astra Zeneca di Oxford, momentaneamente scalzata, ma potrebbe tornare in pole position.
In compenso, nelle ultime ore, tenta di superare prepotentemente i primi in classifica la statunitense Moderna, che annuncia un vaccino dall’efficacia bomba: nientemeno che il 94.5%, ricevendo anche l’illustre presentazione di Anthony Fauci: “…È davvero una buona notizia. Pensavo che saremmo stati bravi – ha detto il famoso infettivologo a stelle e strisce – ma il 94.5% è davvero impressionante…”.
Moderna annuncia una distribuzione su larga scala del vaccino disponibile già dalla primavera del 2021: 20 milioni di dosi per la sola America e tra i 500 milioni e 1 miliardo di dosi entro lo stesso anno. E non basteranno chiaramente. Occorre specificare che si parla ancora di dati preliminari e che le percentuali potrebbero subire variazioni. Certo, finora i risultati sembrano incoraggianti.
D’altro canto anche Kirill Dmitriev, Ceo del Russian Direct Investment Fund (RDIF), il Fondo Sovrano della Federazione Russa, solo qualche settimana fa in un’intervista per la Routers ebbe a dire chiaramente che “sulla base dei dati stiamo dimostrando di avere un vaccino molto efficace”.
Sputnik V sarebbe invece già alla fase tre: l’istituto Gamaleya lo avrebbe testato su 16mila volontari, dimostrando che le possibilità di contrarre il Covid dopo la somministrazione del vaccino si ridurrebbero appunto del 92%, superando di due punti Pfizer. Che nel frattempo mantiene le quotazioni dei titoli azionari.
Propaganda o verità scientifica? Ecco la domanda che ci sta a cuore. Dietro il vaccino che ci permetterebbe di tornare alla nostra vita di prima, senza paure e angosce, ci sono infatti interessi commerciali e politici stratosferici, inutile negarlo. Perché la salute – con buona pace dei moralisti da salotto – può essere un grosso mezzo per fare una montagna di soldi in breve tempo, e questa pandemia ha offerto un’occasione molto ghiotta a chi da anni si contende la leadership dell’assetto geopolitico internazionale.
Il vantaggio che un Paese potrà trarre da un vaccino efficace sarà enorme, aldilà del ritorno alla normalità e della rinascita economica. Che saranno assai differenti rispetto a quelle che conosciamo.
Finora parrebbe che la scelta non sarà troppo ristretta e che la concorrenza sarà notevole. E senza esclusione di colpi. Anche Joshua Bell, professore presso l’università di Oxford e membro del Comitato Tecnico Scientifico – consulente del governo britannico in piena crisi sanitaria – ha dichiarato che già dall’inizio dell’anno prossimo potrebbero esserci due o tre vaccini contro il Covid, preannunciando poi un graduale ritorno alla normalità in primavera. Questo scenario, sempre secondo Bell, sarebbe verosimile dal 70 all’80%.
Non ci resta che attendere nuovi dati, o magari nuovi annunci per altrettanti vaccini appena sfornati, seguendo l’evolversi della corsa di case farmaceutiche, superpotenze e leader politici pronti a contendersi il ricco mercato. Senza dimenticare qualche squalo della finanza. Quelli no, non possono mancare.
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