La premier in Senato: “L’Ong definisce le guardie costiere i veri trafficanti di uomini, dichiarazioni indegne che gettano la maschera”.
Roma – Attacco frontale della premier Giorgia Meloni alla Ong tedesca Sea Watch, nel corso delle comunicazioni in Senato in vista del Consiglio Ue e dopo che l’organizzazione non governativa ha accusato il governo di spendere “centinaia di milioni di euro dei contribuenti per deportare e incarcerare qualche migliaia di migranti in Albania”. La premier sferra la replica: “Considero vergognoso che Sea Watch definisca le guardie costiere ‘i veri trafficanti di uomini’, volendo delegittimare tutte quelle degli Stati del nord Africa, e magari anche quella italiana, in modo da dare via libera agli scafisti che questa Ong descrive invece come innocenti, che si sarebbero ritrovati casualmente a guidare imbarcazioni piene di immigrati illegali. Sono dichiarazioni indegne, che gettano la maschera sul ruolo giocato da alcune Ong e sulle responsabilità di chi le finanzia”.
Già in questi giorni, in concomitanza con l’operatività dei centri migranti in Albania, Meloni aveva replicato alle accuse della Ong: “Che scandalo! Un governo che – con un mandato chiaro ricevuto dai cittadini – lavora per difendere i confini italiani e fermare la tratta di esseri umani, attraverso azioni concrete e accordi internazionali”, aveva detto la presidente del Consiglio rispondendo a Sea Watch che aveva tuonato: “Forse le tasse degli italiani possono essere spese meglio, per accogliere e includere, anziché respingere”. A sostenere il modello italiano fondato sul Protocollo con l’Albania anche la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che nella lettera rivolta ai capi di Stato e di governo che si riuniranno giovedì nel Consiglio europeo ha citato proprio l’accordo siglato tra Roma e Tirana lo scorso 7 novembre.
Von der Leyen ha ricordando che occorre “procedere per quanto riguarda l’idea di sviluppare hub di rimpatrio al di fuori dell’Ue, soprattutto in vista di una nuova proposta legislativa sul rimpatrio”. L’Europa è dunque dalla parte dell’Italia e vede nei trafficanti di esseri umani e nelle superpotenze che portano avanti le guerre ibride per indebolire l’Occidente, il nemico comune da battere. E infatti la premier durante le comunicazioni in Senato sottolinea che “l’approccio dell’Europa in materia migratoria è oggi molto diverso da quello del passato, grazie soprattutto all’impulso italiano, ma è fondamentale lavorare per dare concretezza alle nuove priorità”. E si dice “orgogliosa che l’Italia sia diventata, da questo punto di vista, un modello da seguire. Nel 2024 la percentuale di sbarchi di immigrati illegali è diminuita del 60% rispetto al 2023 e del 30% rispetto al 2022. È merito delle politiche del governo, certo, ma anche del sostegno che l’Europa ha garantito a molte delle nostre proposte, come il memorandum con la Tunisia e con l’Egitto”.
Giorgia Meloni ha quindi concluso affermando: “Constatiamo una nuova attenzione al tema dei rimpatri, anche volto a un rafforzamento dell’attuale quadro giuridico europeo, sul quale abbiamo registrato con favore l’interesse del nuovo governo francese e le dichiarazioni della presidente Von der Leyen a margine del vertice Med9 di Cipro”. Entrando nel dettaglio di quello che con i centri di Albania il modello italiano sta esportando in Europa, le strutture principali organizzate sono tre. La prima è un hotspot, ossia un centro per lo sbarco e l’identificazione dei migranti. Si trova a Shengjin, una città di mare circa un’ora di macchina a nord della capitale Tirana. A Gjader, nell’entroterra rurale del paese, sono stati invece costruiti un centro di prima accoglienza per i migranti che chiederanno asilo, da 880 posti, e un Centro di permanenza e rimpatrio (Cpr) da 144 posti.
C’è anche un carcere, organizzato per ospitare un massimo di 20 detenuti, nel caso in cui qualche migrante dovesse essere messo in custodia cautelare mentre è trattenuto nei centri. Tutte e tre le strutture sono state costruite e saranno gestite dalle autorità italiane: l’Albania non ha sostenuto alcun costo per il progetto. Ma come funzionano i centri? I migranti considerati più vulnerabili, come donne e bambini, devono essere portati in Italia, mentre gli altri vengono mandati all’hotspot nel porto albanese di Shengjin. Una volta registrati lì, saranno trasferiti nel Cpr costruito in una vicina ex base militare a Gjader, mentre aspettano che le loro richieste vengano esaminate.
Circa 10 giudici italiani supervisioneranno le udienze con i richiedenti asilo in Albania. A Gjader, i migranti saranno ospitati in edifici prefabbricati di circa 12 metri quadrati, circondati da alte mura e sorvegliati dalla polizia. Più di 300 soldati, medici e giudici italiani sono coinvolti nell’operazione, ha affermato l’ambasciatore italiano a Tirana. I migranti a bordo della nave Libra sono bengalesi ed egiziani. Le persone si trovavano a bordo di alcuni barchini che sono stati intercettati domenica notte in acque internazionali da motovedette delle autorità italiane che li hanno poi trasferiti sulla Libra. La nave dovrebbe arrivare nella mattinata di mercoledì nel porto di Schengjin.
Nella prima fase, comunque, si stima che saranno portati solamente 400 migranti. Così, dopo che la settimana scorsa erano pronte dopo mesi di rinvio le sedi delle due località albanesi, nelle prossime ore si concretizzerà il Protocollo Italia-Albania, firmato nel novembre 2023 dai premier Giorgia Meloni e Edi Rama. Dalle opposizioni piovono critiche. Per la segretaria del Pd, Elly Schlein, “manca trasparenza”. Per la leader Dem si tratta di “800 milioni complessivi che avremmo potuto mettere sulla sanità. Siamo contro questa violazione dei diritti fondamentali di chi chiede asilo, che è anche un enorme spreco di soldi dei contribuenti italiani”.
Dal canto suo Avs chiede “l’immediata pubblicazione dell’elenco di tutte le aziende coinvolte dal Governo Meloni nella costruzione dei Cpr in Albania” definiti “veri e proprio lager per la deportazione dei migranti. A chi sono stati dati oltre 60 milioni con affidamenti diretti? A parte l’uso dissennato di risorse pubbliche – non sarebbe stato ben più importante usare quei soldi per il nostro sistema sanitario ? – esiste un problema procedurale di enorme significato democratico”.