Il rapporto degli esperti che navigano a bordo della storica imbarcazione non è certo positivo. Mari, fiumi e torrenti risentono di un inquinamento in crescendo. Urgono misure di contenimento.
Goletta Verde ha attraversato le inquinate acque delle coste italiane. Anche quest’anno la Goletta di Legambiente ha completato la consueta campagna estiva per monitorare lo stato di salute dei nostri mari.
Ebbene, c’è poco da stare allegri: mari e laghi italiani sono allo stremo delle loro condizioni di salute, vittime di inquinamento, crisi climatica e inadeguata depurazione! Queste problematiche incidono non poco sulle crisi idriche che colpiscono le Regioni meridionali del Paese, dove si registrano perdite significative nella rete di distribuzione e una diminuzione dei livelli delle falde acquifere, causando problemi di approvvigionamento per i cittadini e per le attività agricole.
Al largo le criticità sono minori e dove passa l’uomo che sorgono i problemi. Il 54% di foci, corsi d’acqua e canali, infatti, sono inquinati a diverse percentuali. L’aspetto più allarmante è che oltre la metà delle foci non sottoposte a controllo dalle autorità deputate sono situate vicino alle spiagge libere, su cui vacanzieri e autoctoni soggiornano in assenza di avvisi sui rischi sanitari. D’altronde, cosa ci si può aspettare da uno Stato che ha voltato il capo dall’altra parte sulle gravi malattie provocate dalla Terra dei Fuochi e dall’Ilva? Menefreghismo come sempre, avvantaggiando i soliti poteri economici a tutto discapito della salute pubblica!

L’aumento della temperatura dei mari causa uno squilibrio dell’ecosistema e può innescare eventi estremi in inverno, quali alluvioni e mareggiate. L’analisi di Legambiente si è spinta ad analizzare anche i danni dei rifiuti, evidenziando come la loro scellerata gestione influisca negativamente sulla natura dell’ambiente marino. Notevole la presenza di microplastiche, che, com’è noto, entrano nella catena alimentare. Da qui il passaggio alla salute umana è molto breve. Inoltre sono stati registrati valori di solfati, azoto, cloruri e fosforo nei limiti della legge, ma il rischio è non riuscire a consolidare questi standard, per cui l’inquinamento gioca a nascondino. Inoltre la depurazione, quel processo che elimina le sostanze dannose per la qualità di un liquido o un solido, è molto carente.
Al punto che 885 centri urbani, pari al 34% totale di tutto il territorio nazionale sono stati sanzionati per aver eluso la “Direttiva Europea Acque Reflue”. I danni al portafoglio sono ingenti. Sono stati versati 210 milioni di euro di multe per violazione della legge e 13 milioni per aver rinviato la messa a norma degli impianti. Come nelle migliori tradizioni, in seguito ad uno studio scientifico, sanitario o ecologico, ecco spuntare le considerazioni rivolte al governo. In soldoni, è urgente redigere un piano per tutto il territorio nazionale volto a custodire le acque reflue interne e costiere, coordinandosi coi vari poteri locali.
E’ essenziale riqualificare gli impianti di depurazione esistenti, per ridimensionare gli scarichi delle acque scampate alla depurazione e per riutilizzare, in agricoltura, quelle filtrate. Inoltre, aumentare i monitoraggi su foci e corsi d’acqua, i punti più dolenti e affrettare l’attuazione del sistema di produzione di energia elettrica che utilizza turbine eoliche installate in mare aperto, al largo delle coste.
Il processo di ristrutturazione prevede di dotare i porti di Taranto e Augusta di impianti necessari per il funzionamento e lo sviluppo delle tecnologie pulite, con alta probabilità occupazionale. Tuttavia, senza voler sminuire il rapporto di Legambiente, conoscendo la cronaca e la storia italiana, “è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio’‘, come recita il Vangelo. Nel senso che, nel nostro caso, la missione è impossibile con i politici che ci ritroviamo.