La rimozione dei cartelloni elettorali della Lega accende il dibattito tra libertà d’espressione e tutela contro la discriminazione. Sullo sfondo, una capitale multietnica e un clima politico sempre più polarizzato.
Roma – La capitale italiana si trova al centro di un’accesa polemica che tocca temi cruciali come la libertà di espressione, la discriminazione e i limiti della comunicazione politica. Il conflitto tra la Lega e l’amministrazione comunale di Roma sui manifesti elettorali dedicati al Decreto Sicurezza ha riacceso il dibattito nazionale sulla linea sottile che separa la legittima propaganda politica dalla comunicazione potenzialmente discriminatoria.
I fatti: due visioni contrapposte
La controversia nasce da due manifesti affissi per le strade di Roma dalla Lega, il cui contenuto ha suscitato immediate reazioni. Il primo recita “Scippi in metro? Ora finisci in galera senza scuse” e mostra l’immagine di una persona rom accompagnata da un poliziotto nella metropolitana.

Il secondo, con lo slogan “Occupi una casa? Ti buttiamo fuori in 24 ore”, rappresenta diverse figure identificabili per etnia e aspetto.
Il Campidoglio, dopo aver ricevuto segnalazioni dai cittadini, ha ordinato la rimozione immediata dei manifesti, ritenendoli in violazione dell’articolo 12-bis del Regolamento Comunale sulla pubblicità. Secondo l’amministrazione capitolina, tali contenuti veicolano stereotipi etnici e messaggi discriminatori, lesivi della dignità individuale e dei diritti civili.
Le ragioni del Comune: tutela contro la discriminazione
La posizione dell’amministrazione romana si basa su una normativa precisa che vieta pubblicità contenenti stereotipi etnici, messaggi violenti o discriminatori. Il regolamento comunale n. 141/2020 rappresenta uno strumento giuridico che mira a proteggere la convivenza civile e i diritti fondamentali nella capitale.
In una città multietnica come Roma, dove convivono diverse comunità, la questione assume particolare rilevanza.
La replica della Lega: denuncia di censura politica
Matteo Salvini e la Lega hanno reagito con fermezza, denunciando quello che definiscono un “bavaglio comunista” e un “attentato alla democrazia”. Secondo il leader del Carroccio, si tratterebbe di censura politica mascherata da tutela dei diritti, con l’obiettivo di silenziare una voce di opposizione.
La Lega sostiene che i manifesti si limitano a illustrare le novità legislative del Decreto Sicurezza, senza intenti discriminatori ma con l’obiettivo di informare i cittadini sulle nuove misure contro criminalità e occupazioni abusive. Il partito annuncia battaglia legale e istituzionale, rivendicando il diritto alla libera comunicazione politica.
Il caso romano non è isolato nel panorama italiano. Negli ultimi anni, diverse amministrazioni locali hanno dovuto confrontarsi con campagne pubblicitarie controverse, dai manifesti contro l’immigrazione a quelli su temi sociali sensibili. Ogni volta, il dibattito si è concentrato sul bilanciamento tra libertà di espressione e responsabilità sociale.