Svolta nell’inchiesta sul duplice omicidio di Alessandro Rovetta e Francesco Vecchio nel 1990. Indagato Vincenzo Vinciullo: avrebbe mediato il versamento da un miliardo dei nuovi vertici delle Acciaierie Megara.
Catania – Nuovi sviluppi nell’inchiesta sul duplice omicidio degli imprenditori Alessandro Rovetta e Francesco Vecchio, assassinati il 31 ottobre 1990 all’interno dell’impianto delle Acciaierie Megara di Catania. Secondo la Procura generale etnea, il movente sarebbe stato il rifiuto di pagare il “pizzo” richiesto da Cosa nostra. Dopo il delitto, i vertici della società – passata sotto il controllo della bresciana Alfa Acciai, – avrebbero ceduto alle pressioni mafiose, versando un’ingente somma: un miliardo di lire in nero, provenienti da fondi occultati nella gestione aziendale.
A mediare tra i dirigenti delle Acciaierie e i clan mafiosi sarebbe stato Vincenzo Vinciullo, oggi 81enne, imprenditore messinese ed ex agente di commercio della Megara. Nei suoi confronti è stata eseguita una perquisizione dalla DIA e dal nucleo di polizia giudiziaria interforze della Procura generale di Catania, che coordina il fascicolo sotto la guida del procuratore generale Carmelo Zuccaro, affiancato dai sostituti Nicolò Marino e Giovannella Scaminaci.
Secondo gli inquirenti, Vinciullo avrebbe ricoperto il ruolo di mediatore tra i vertici industriali e le famiglie mafiose di Palermo, Caltanissetta e Catania, consentendo il prosieguo di un’attività estorsiva che sarebbe andata avanti per anni. Il nome di Vinciullo emerge anche nell’inchiesta “Grande Oriente”, coordinata prima dalla DIA e poi dal ROS, basata sulle dichiarazioni dell’infiltrato Luigi Ilardo, ucciso da Cosa nostra, e nei “pizzini” scambiati tra Bernardo Provenzano e i suoi uomini, tra cui Simone Castello. L’indagine, avocata a gennaio 2024 dalla Procura generale di Catania dopo precedenti archiviazioni, riapre uno dei capitoli più oscuri del rapporto tra mafia e imprenditoria nel tessuto industriale siciliano.