Mafia: Il Ppe ricorderà Carlo Alberto dalla Chiesa a 101 anni dalla nascita 

La commemorazione durante gli “Study Days” a Napoli. Martusciello: “Le parole di sua figlia Rita sono intrise di saggezza e dolore”.

Roma – Il 27 settembre, in occasione del 101esimo anniversario della nascita del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, il Partito Popolare Europeo lo commemorerà durante gli “Study Days” a Napoli. “Ricorderemo il sacrificio di uno dei nostri uomini migliori, barbaramente ucciso dalla mafia,” ha dichiarato Fulvio Martusciello, capogruppo di Forza Italia al Parlamento Europeo. “Le parole di sua figlia Rita, che ha sempre cercato la verità su quel tragico evento, sono intrise di saggezza e dolore. Per questo motivo, manterremo viva la memoria di quanto accaduto”.

Martusciello ha sottolineato “come l’omaggio al generale, a 101 anni dalla sua nascita, ribadisca l’impegno del PPE nella lotta contro la criminalità organizzata e nella difesa dei valori di giustizia e legalità che dalla Chiesa ha incarnato fino al suo ultimo sacrificio”. Non sfugge a nessuno che l’omaggio al generale avvenga nei giorni in cui la figlia, deputata di Fi, Rita Dalla Chiesa, ha parlato in tv dell’omicidio “politico” del padre entrando in polemica con il figlio di Giulio Andreotti. Ospite di Luisella Costamagna su Rai2 nella trasmissione Tango, le parole dell’esponente di Forza Italia sul possibile coinvolgimento dell’ex presidente del Consiglio sull’omicidio del padre, hanno suscitato reazioni.

Rita Dalla Chiesa

Soprattutto quella di Stefano Andreotti, figlio dello storico esponente della Dc, che replica a quelle parole e addirittura capovolge la versione dei fatti (con tanto di carteggio tra suo padre e il generale): “Accusare mio padre di un suo possibile coinvolgimento in un omicidio o di avere rapporti con la mafia è uno schiaffo alla sua memoria e alla sua storia”. Si dice non sorpreso della figlia del generale che “ogni tanto dice queste cose” e sottolinea che ad aver chiuso la questione sono le sentenze dei giudici. Sentenze che rispetto alle tante versioni e ricostruzioni mettono un punto su una verità giudiziaria. Stefano Andreotti preferisce ricordare, invece, quanto scrisse Andreotti nelle lettere che lasciò ai figli, da leggere all’indomani della morte avvenuta il 6 maggio del 2013. “Mio padre se ne è andato sereno, lui aveva una fede vera, in quelle righe che abbiamo letto la sera della scomparsa, c’era scritto ‘io giuro davanti a Dio di non avere avuto niente a che vedere con la Mafia, se non per combatterla, né con le uccisioni di Dalla Chiesa e Pecorelli‘”.

E a supporto dei rapporti cordiali il padre e il generale, dopo essersi affidato ai suoi ricordi, in una lunga intervista con l’AdnKronos, ha reso noto uno scambio epistolare del 1979. Ma al di là delle polemiche, la figura del generale Dalla Chiesa, che fu l’uomo di punta utilizzato nella lotta contro il terrorismo, non trova pensieri e memorie discordanti. Un uomo deciso e spigoloso, mai promo ai compromessi, che ottenne risultati straordinari. Dopo l’omicidio del deputato comunista Pio La Torre e l’approvazione della legge sull’associazione a delinquere di stampo mafioso, l’esecutivo lo nominò prefetto di Palermo con pieni poteri. Ma il 3 settembre del 1982 la mafia pose fine alla sua vita. A 42 anni dalla sua uccisione la politica e le istituzioni ricordano il suo ruolo nella lotta contro la mafia e sui suoi 100 giorni a Palermo.

L’uccisione di Dalla Chiesa

Il superprefetto, nato a Saluzzo (Cuneo) il 27 settembre del 1920, ritornò a Palermo con procedura d’urgenza dopo avere affrontato la malavita del nord, la mafia siciliana e le brigate rosse. Era la sera del 30 aprile del 1982, poco dopo l’uccisione del segretario siciliano del Pci, Pio La Torre, terzo uomo politico assassinato nel giro di qualche mese dopo Piersanti Mattarella, democristiano, presidente della Regione siciliana, e Michele Reina, segretario della Dc palermitana. Ma durante i suoi cento giorni a Palermo non ebbe quei poteri speciali più volte inutilmente richiesti. Quel venerdì di 42 anni fa sembrò davvero che fosse per sempre “morta la speranza dei palermitani onesti”, come scrisse un cittadino del capoluogo siciliano su un lenzuolo nel luogo della strage.
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