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L’ultima “pifferata”: lo sciopero della fame di Alessia Pifferi dopo l’ergastolo

La madre accusata di aver fatto morire di stenti la figlia ha iniziato la sua protesta. L’avvocato: “Distrutta, non fa altro che piangere”.

Milano – Alessia Pifferi, recentemente condannata all’ergastolo per avere fatto morire di stenti la figlia Diana (abbandonata una settimana in casa nel luglio 2022), continua a far parlare di se. L’ultima “pifferata” di poche ore fa: la donna, in segno di protesta per la dura punizione di fine pena mai, ha deciso di iniziare lo sciopero della fame, di non mangiare più. “Non ho più voglia di vivere, voglio spegnermi come Diana” avrebbe confessato al suo legale molto preoccupato delle condizioni psicologiche della sua assistita.

L’avvocato Alessia Pontenani ci tiene a precisare che la Pifferi “sta malissimo, è distrutta e non fa altro che piangere chiusa in cella”, spiegando che la decisione di non cibarsi più sarebbe stata presa lunedì stesso. Tutto ciò non basta affinché si proceda al trasferimento in un ospedale psichiatrico senza sbarre. Alessia Pifferi resterà rinchiusa nel carcere milanese di San Vittore, in attesa del secondo grado di giudizio ed eventualmente della Cassazione come atto conclusivo.

Alessia Pifferi in tribunale con il suo avvocato

Non ha convinto i giudici questa iniziativa, per i togati la 38enne è assolutamente “capace di intendere e di volere“; nonostante gli estremi tentativi della difesa nel sostenere che sia affetta da un “grave deficit cognitivo”. Per cui ogni sforzo di trasferimento verso una struttura di recupero mentale è naufragato. La struttura cui “ambiva” la difesa è quella dell’ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere in provincia di Mantova. Un nosocomio privo di sbarre e di celle, suddiviso in diverse sezioni che vede la presenza di altre donne che hanno ucciso i propri figli affrontare un percorso di recupero.

“Mi trovo in una situazione umiliante e delicata” aveva detto la Pifferi durante l’udienza di aprile nel rilasciare delle dichiarazioni spontanee, che poi proseguì: “In carcere mi trovo sempre chiusa in una cella, dove non posso fare niente. Più che letto e televisione…perché non mi fanno fare dei corsi, non mi fanno fare niente. Mi stava facendo uscire di testa questa cosa, mi sta mandando in depressione totale”, disse parlando della sua detenzione. Poi aveva puntato il dito contro le altre recluse: “Sono stata anche picchiata dalle detenute a San Vittore e messa in isolamento protettivo, per cui quando devo uscire dalla cella per chiamare, per qualsiasi motivo, prima devono chiudere le altre detenute e poi, forse, mi fanno uscire dalla cella. Mi capita di sentire la notte le detenute che urlano dalle finestre ‘Mostro e assassina. Devi morire'”.

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