Il brand del lusso controllato da LVMH finisce in amministrazione giudiziaria per sfruttamento di lavoratori cinesi nei laboratori milanesi.
Milano – Una nuova inchiesta per caporalato scuote il mondo della moda milanese. Questa volta nel mirino della magistratura è finita Loro Piana, prestigioso marchio del lusso controllato dalla multinazionale francese LVMH (Moët Hennessy Louis Vuitton). Il tribunale di Milano ha posto l’azienda in amministrazione giudiziaria su richiesta del pm Paolo Storari, che ha coordinato le indagini dei carabinieri del lavoro, guidati da Loris Baldassarre.
Le accuse: dal caporalato ai prezzi gonfiati
L’accusa per il famoso brand di lusso è piuttosto pesante: Loro Piana avrebbe instaurato stabili rapporti di lavoro con soggetti dediti allo sfruttamento dei lavoratori, agevolando colposamente il caporalato cinese. Secondo l’inchiesta, giacche in cashmere a marchio Loro Piana venivano realizzate in laboratori cinesi al costo unitario di circa un centinaio di euro per ciascun capo, per poi essere rivendute negli store del brand a prezzi compresi tra i 1000 e i 3000 euro.
Il meccanismo è sempre lo stesso: il brand appalta la produzione a un’azienda, che in realtà subappalta ai laboratori dove lavorano gli “invisibili”. Il problema, secondo il pm, è il non rimuovere “situazioni tossiche”, parlando di una “prassi illecita così radicata e collaudata da poter essere considerata inserita in una più ampia politica d’impresa diretta all’aumento del business”.
La denuncia che ha fatto scattare l’inchiesta
Le indagini sono partite dalla denuncia di un cittadino cinese che ha raccontato la sua drammatica esperienza lavorativa. L’operaio ha spiegato: “Nel 2015 ho accettato di lavorare come sarto per uno stipendio di 1.500 euro al mese. Dovevo fare 4 ore di lavoro al giorno”, ma il proprietario “imponeva lo svolgimento di 13 ore giornaliere, dalle 9 di mattina alle 10 di sera, solo mezz’ora di pausa per pranzo e mezz’ora per cena. Nessun giorno di riposo è mai stato concesso”.
Il lavoratore ha anche rivelato di vivere “in una sorta di dormitorio attiguo alla fabbrica” e che lo stipendio veniva pagato in contanti, a volte tramite bonifici, da un’altra persona. La situazione è degenerata alla fine del 2024, quando il datore di lavoro ha smesso di pagare. Durante una discussione, il padrone ha aggredito fisicamente il sarto a pugni e con un tubo di plastica e alluminio.
I blitz nei laboratori: operai nascosti e condizioni disumane
Il primo blitz è stato effettuato alla Clover Moda di Baranzate, dove lavorava il cinese aggredito. In un fabbricato di tre piani, i carabinieri hanno trovato 8 sarti al lavoro al piano terra, due donne al primo piano e altri operai che cercavano di nascondersi sul tetto e dentro un montacarichi. Il sopralluogo ha fatto scoprire stanze adibite a dormitori, dove venivano prodotte le giacche in cashmere a marchio Loro Piana.

Un secondo blitz – il 27 maggio 2025 – nella ditta “Dai Meiying” di Senago ha portato alla scoperta di 9 lavoratori cinesi, 4 in nero e 2 irregolari in Italia. Anche qui sono stati trovati dormitori di fortuna, con stiratrici, cucitrici, presse e un freezer con del cibo in un ripostiglio adibito a dormitorio.
Sicurezza inesistente e condizioni di lavoro pericolose
Un aspetto particolarmente grave dell’inchiesta riguarda la sicurezza sul lavoro. Da alcuni macchinari erano stati rimossi i dispositivi di sicurezza, creando rischi enormi per i lavoratori. Sulle macchine da cucire, per esempio, non c’erano i “carter” in plexiglass che servono a impedire che le mani entrino in contatto con i meccanismi. La rimozione veniva effettuata per aumentare “la capacità di lavorazione”.
Inoltre, secondo quanto emerso dalle indagini, il titolare “aveva dato ai dipendenti l’ordine di scappare, nel caso si fossero presentati in azienda persone straniere diverse dai clienti abituali, e di nascondersi al terzo piano dell’edificio adibito a dormitorio”.
Il ruolo delle società intermediarie
L’inchiesta ha rivelato il sistema delle società intermediarie che fungono da tramite tra i grandi brand e i laboratori clandestini. È il caso della società “Sor-Man” di Nova Milanese, che durante le ispezioni ha mostrato faldoni di documenti con fatture e ordini. La società non aveva la capacità organizzativa per effettuare le commesse richieste, sia per il poco personale sia per la scarsa presenza di macchinari.
L’amministratrice, sentita dal pm, ha ammesso: “Ho iniziato a produrre Loro Piana dal 2000. All’inizio 200 giacche a stagione, poi gli ordini sono aumentati fino a 3 mila”. Nel tempo “ho iniziato a esternalizzare”, anche perché i volumi erano arrivati a 6/7 mila giacche l’anno. A chi? “A cittadini cinesi”.
Un pattern che si ripete nel lusso
Se venissero confermate le accuse, si tratterebbe di una storia già sentita nel mondo della moda di lusso. Altri marchi blasonati sono già stati colpiti da procura e tribunale per situazioni simili, tra cui G.A. Operation, Manufactures Dior, Alviero Martini e Valentino bag’s lab. Il denominatore comune è sempre lo stesso: l’utilizzo e lo sfruttamento di manodopera irregolare e clandestina negli opifici a conduzione cinese, tutto “nella logica del massimo profitto al minor costo di produzione“.