Il nuovo vice capo del Dap, Roberto Tartaglia, pare abbia già predisposto una prima lista "segreta" con i nomi di una ventina di mafiosi a cui dovrebbero essere revocati i domiciliari per motivi di salute. Chissà chi ne farà parte. Fra qualche giorno ne sapremo di più.
L’epidemia virale ha limitato la libertà di ogni cittadino. Per il detenuto, invece, è stata un’occasione, una sorta di passe-partout che lo ha aiutato ad uscire dalla restrizione per riacquistare la vita esterna. Boss e mafiosi hanno sognato la libertà ma non si aspettavano che una malattia riuscisse più di una “trattativa” a trasformare il sogno in realtà con tanta “contagiosa magnanimità”. Impetuosa la polemica che ne è scaturita contro il DAP ed i giudici di Sorveglianza. Anche in questo caso nessuno poteva ipotizzare l’altro colpo di scena televisivo nel programma di Gilletti con tanto di telefonate da parte del magistrato Nino Di Matteo e del Guardasigilli Alfonso Bonafede. Ognuno fornisce chiarimenti, differenti, in ordine alla nomina a capo del DAP. La voglia di “gossip giudiziario” ha superato qualsiasi aspettativa e persino i problemi di carattere economico risultano secondari rispetto alla detenzione domiciliare dei detenuti del 41 bis. A conti fatti.
L’Italia sta vivendo momenti di particolare, grave, incertezza e le reazioni, a volte dure, sono ormai all’ordine del giorno quando si parla di decreti e ordinanze. In questi giorni le discussioni di maggiore attualità riguardano la “mancata nomina” di Di Matteo e le scarcerazioni facili per esponenti di spicco di mafia e camorra. Di tutto e di più entra nel tritacarne mediatico, senza distinzioni. Rivelazioni, sussurri e confidenze hanno il sopravvento sulla cronaca. Anche su argomenti ben più importanti. È giusto indagare sui fenomeni sociali ricorrenti ma occorre maggiore competenza senza ricorrere a logiche perverse ed amene ovvietà solo per suscitare applausi, condivisioni e aumentare share e like. Mettere insieme l’incarico mancato di Di Matteo con le valutazioni fatte dai competenti tribunali di Sorveglianza è errato e fuorviante. Un ministro può essere invitato a dimettersi per i più svariati motivi e per Bonafede ve ne sono molti. Tra questi l’inadeguatezza manifesta del suo bagaglio culturale ed altre palesi defaillance ma è assurdo e privo di senso condannarlo per non avere confermato a Di Matteo un incarico che lo stesso Bonafede gli aveva proposto. Quando le cose non si sanno, meglio rimanere in silenzio. Con questo non vogliamo ergerci a difensori d’ufficio del Guardasigilli ma riflettere, senza scandalizzarsi, sul fatto che la politica è anche attività di mediazione e come tale il desiderio di affidare il DAP ad un magistrato come Di Matteo si è potuto scontrare con i “desiderata” di altri politici o burocrati,. Questo senza che vi fosse, almeno per il ministro della Giustizia, “malafede” ma soltanto “scarsa esperienza”. La vicenda è bene ricordarla, appunto per fare chiarezza.
Tutto nasce da una circolare inviata dall’amministrazione penitenziaria, per l’esattezza da Assunta Borzacchiello, riguardante l’emergenza Covid-19. Il 21 Marzo scorso, infatti, venivano allertate tutte le strutture penitenziarie italiane, invitando i rispettivi direttori: “…A comunicare le eventuali determinazioni di competenza ed il nominativo di quei detenuti che hanno più di 70 anni e sono affetti da determinate patologie, come malattie croniche dell’apparato respiratorio, cardio-circolatorio, insufficienza renale, diabete mellito grave…”. In questi casi, continua la Borzacchiello, “…Le direzioni comunicheranno con solerzia all’Autorità Giudiziaria, per eventuali determinazioni di competenza, il nominativo del ristretto che dovesse trovarsi nelle predette condizioni di salute…” Questo perché il decreto Cura Italia prevede, per chi avesse avute riscontrate queste patologie, “la scarcerazione e il passaggio ai domiciliari per i detenuti condannati a non oltre i 18 mesi di pena anche se costituente parte residua di maggior pena”. Il fine è quello di limitare la possibile diffusione del virus nelle carceri, riconnettendo un elevato rischio di complicanze per chi avesse patologie ritenute a rischio.
Non si parla nell’ordinanza, pertanto, di chi si trovasse recluso in regime di 41 bis. Questi i fatti oggettivi. Il resto è una brutta pagina di cronaca italiana che non ha fatto altro che evidenziare la fragilità di un sistema che, comunque, va riformato. E subito. Si è arrivati cosi ad un nuovo decreto, pubblicato il 10 Maggio, con il quale è stata revocata ad alcuni boss che si trovavano al 41 bis la detenzione domiciliare per motivi di salute. Il nuovo vice capo del Dap, Roberto Tartaglia, ex pubblico ministero del processo “Trattativa”, pare abbia già predisposto una prima lista “segreta” con i nomi di una ventina di mafiosi a cui dovrebbero essere revocati i domiciliari per motivi di salute. In un attimo e come per incanto sarebbe stato trovato posto nelle strutture sanitarie penitenziarie, ricevendo anche la disponibilità ad ospitare il detenuto in un reparto ospedaliero protetto. Quando si dice “concorso di fattori coincidenti“. Così, in questi giorni, il Dap sta programmando quello che non era stato fatto prima, nel pieno della delicatissima Fase 2, ovvero un piano per l’assistenza dei detenuti più pericolosi nei centri medici degli istituti di pena. Top secret i tempi e la lista dei boss interessati al provvedimento. Ma nei prossimi giorni qualcosa salterà fuori, ne siamo certi. Umiltà, senso dello Stato e competenza, scomparsi da tempo, cercano sopravvissuti al delirio odierno. Contattateci in caso di ritrovamento, è prevista una lauta ricompensa.