L’Italia non è un Paese per giovani, l’ascensore sociale è bloccato

Dalla emarginazione socio-economica, alle misure insufficienti per il lavoro, alla povertà educativa. E ora le risorse loro destinate sono ridotte al lumicino: solo il 3% quelle stanziate per il 2024 dalla legge di Bilancio. Quale futuro per le nuove generazioni?

La fotografia attuale dei giovani italiani è in bianco e nero, opaca, dai contorni sempre più sbiaditi. Tra emarginazione sociale, il lavoro che non decolla o che se c’è è appena sufficiente per sopravvivere, la povertà educativa e risorse sempre più ridotte al lumicino. La politica degli slogan cita sempre le nuove generazioni come speranza per il futuro e tra le priorità, ma le prospettive e le misure attuate vanno nella direzione opposta.

E allora se è vero e sacrosanto che i giovani italiani non devono cambiare Paese, è altrettanto vero che la classe politica non fornisce loro gli strumenti per cambiare questo Paese. Solo il 3 per cento delle risorse stanziate dalla legge di Bilancio per il 2024, approvata dalla Camera il 29 dicembre, è destinato a politiche per i giovani. Quattordici le misure contenute nel testo rivolte direttamente o indirettamente a loro, per uno stanziamento di poco inferiore agli 800 milioni di euro nel 2024 su una spesa totale di circa 25 miliardi di euro. Troppo pochi per le sacche di povertà che si allargano sempre di più a macchia d’olio.

Un’immagine delle votazioni a Montecitorio

Nella scorsa legge di Bilancio, quella per il 2023, lo stanziamento era stato più alto, intorno al 5 per cento del totale. Ci sono le misure dirette, come le agevolazioni per l’acquisto di un’abitazione, e quelle che lambiscono la platea dei destinatari indirettamente, come le risorse stanziate per l’istruzione. La principale misura riguarda la proroga, fino al 31 dicembre 2024, della garanzia statale sui mutui per l’acquisto della prima casa per le persone sotto i 36 anni di età e con un Isee inferiore ai 40 mila euro. Un provvedimento introdotto dal governo Draghi a maggio 2021, prorogato anche per quest’anno dall’esecutivo Meloni con 282 milioni di euro.

Per gli under 36 il governo Draghi aveva introdotto una serie di esenzioni dal pagamento delle imposte per l’acquisto della prima casa, come l’imposta di registro. Nella scorsa legge di Bilancio il governo Meloni aveva prorogato queste esenzioni nel 2023, con un costo per lo Stato di circa 132 milioni di euro, ma non le ha riconfermate per il 2024.

Sul fronte istruzione fa capolino tra le novità l’Erasmus italiano, con borse di studio fino a mille euro finanziate nel 2024 con un fondo specifico di 3 milioni di euro. Chi accederà a questo nuovo programma potrà andare a studiare per un certo periodo di tempo non all’estero ma in un’università italiana diversa da quella in cui si è iscritti. Stanziati inoltre 12 milioni di euro per le borse di studio destinate a studenti originari di Paesi africani, aumentando di 5 milioni di euro le risorse previste per il 2023.

Un gruppo di studenti universitari

Tra le misure indirette, l’aumento dei fondi per il bonus asilo nido, introdotto nel 2017 come aiuto alle famiglie: fino a 3600 euro ai nuclei con un Isee fino a 40 mila euro, e che hanno almeno un figlio con meno di 10 anni di età e che ne avranno un altro dal 1° gennaio 2024. Le risorse stanziate nella legge di Bilancio per incrementare il bonus sono pari a 240 milioni di euro per quest’anno, e salgono a 254 milioni di euro nel 2025 e a 300 milioni di euro nel 2026. Tuttavia l’aumento delle risorse per il bonus non basterà a coprire l’intera retta in alcune città italiane, mentre in altre gli asili nido sono troppo pochi in rapporto al numero di bambini.

Sostegno ai giovani genitori italiani – con 140 milioni di euro stanziati – per aumentare il congedo parentale: oltre all’attuale indennità pari dell’80 per cento della retribuzione per un mese entro il sesto anno di vita del figlio, il governo ha previsto un riconoscimento pari al 60 per cento per un altro mese; e solo per quest’anno l’indennità aggiuntiva per il secondo mese è pari all’80 per cento della retribuzione. Ma il governo punta a recuperare circa 163 milioni di euro con l’aumento al 10 per cento dell’Iva sui prodotti per l’infanzia (abbassata lo scorso anno dal 22 al 5 per cento), come pannolini e latte.

Misure che tentano di tamponare una situazione di emergenza in cui versano molti giovani, anello debole della catena sociale, colpiti da tante forme di povertà. Da quella ereditaria, che si trasmette di padre in figlio, alla povertà educativa, tanto che solo l’8% dei giovani con genitori senza titolo superiore riesce a ottenere un diploma universitario. Sul fronte lavoro non va meglio: quasi il 30% dei migliaia di ragazzi che negli ultimi due anni ha chiesto aiuto agli oltre 2500 centri di ascolto Caritas è un lavoratore povero.

E ancora, sono sempre di più i Neet, ossia i giovani che non lavorano e non studiano e di cui purtroppo l’Italia è seconda solo alla Romania. Negli ultimi dieci anni il numero di ragazzi tra i 20 e i 24 anni occupati è lentamente diminuito. Siamo passati dal 32,2% nel 2012 al 31,5%, ma sempre 19,1 punti in meno rispetto al resto d’Europa.

Secondo l’ultimo rapporto Ambrosetti, l’Italia si trova inoltre al 17esimo posto nella classifica di attrattività globale guidata da Germania, Stati Uniti e Gran Bretagna, grazie soprattutto al lavoro povero. Un dato che appare in tutta la sua drammaticità. In pratica anche se un lavoro ce l’hai, vieni sicuramente pagato meno che altrove. Non è tutto. Ad aggravare ulteriormente la situazione è un altro triste primato italiano: il Bel Paese è l’unico tra i grandi Paesi europei dove i salari sono più bassi di 30 anni fa.

salario minimo il giornale popolare

Insomma, in Italia l’ascensore sociale è bloccato. Chi nasce precario spesso vi rimane a vita, e chi è disoccupato fa molta fatica a trovarsi un lavoro. Sempre nello studio Ambrosetti si evidenzia che solo il 13% dei disoccupati riesce a trovare un lavoro da un trimestre a quello successivo. E anche in questo caso il confronto con gli altri Paesi europei fa rabbrividire: siamo al terzultimo posto. Le nuove generazioni sono sempre più demoralizzate: il 40% ritiene che il futuro non sarà migliore, il 49% vive nell’incertezza e il 45% dichiara di voler passare il maggior tempo possibile a casa.

L’ascensore sociale resta bloccato, e la politica è brava a rigirare la frittata. “Stiamo lavorando per far crescere questo Paese. Noi non crediamo nell’ascensore sociale, crediamo in tanti faticosi piani di scale da fare a piedi per crescere, perché si cresce facendo a piedi questi piani e non si cresce con l’ascensore. È una legge di bilancio che ci porta salendo questi piani di scale, verso una crescita sostenibile”. Così ha detto il sottosegretario all’Economia, Federico Freni, durante il suo intervento in conclusione del dibattito sulla manovra in Aula del Senato.

Ma i giovani sono stanchi di salire le scale dell’indifferenza, di una mancanza di visione e di prospettiva, dell’assenza di politiche adeguate, e da tempo immemore attendono di prendere quell’ascensore verso il futuro.

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