L’Italia, dove chi accoltella resta libero: la rabbia di un padre

Due tentati omicidi in 48 ore e l’aggressore minorenne ancora in libertà: il padre di una delle vittime accusa il sistema e minaccia ritorsioni.

Ravenna – “La caccia all’uomo è iniziata. Se lo trovo io, poi non venitemi a fermare”. Le parole del padre di Lorenzo Patrizi risuonano come un grido di disperazione e rabbia che attraversa l’Italia intera. Suo figlio minorenne è stato accoltellato nel centro di Ravenna ma il dettaglio che fa esplodere la collera paterna è un altro: l’aggressore aveva già colpito un altro ragazzo la sera prima, restando libero di agire di nuovo.

Il paradosso della giustizia minorile

Due accoltellamenti in due giorni, stesso aggressore, nessuna misura cautelare. È questo il nonsenso che ha scatenato la rabbia del genitore e che riaccende il dibattito sul sistema penale minorile italiano. Il giovane aggressore, già noto alle forze dell’ordine per tentata violenza sessuale e altre aggressioni, era ancora in circolazione nonostante l’accoltellamento della sera prima.

In un video diffuso online, il padre di Lorenzo punta il dito contro magistratura e forze dell’ordine: “La domanda che rivolgo al magistrato dei minori è semplice: come può essere che questo delinquente, che aveva accoltellato un ragazzo la sera precedente, fosse ancora libero di colpire il giorno dopo?”

La minaccia di farsi giustizia da solo

La frustrazione del genitore si trasforma in una minaccia esplicita: “Io ho iniziato la caccia all’uomo. La sicurezza di mio figlio la garantisco io. Se lo trovo io, poi non venitemi a dire nulla”. Il padre si rivolge direttamente al questore e al prefetto: “Toglietelo da Ravenna. Ogni giorno sarò in giro, finché non lo trovo. Non costringetemi a farmi giustizia da solo”.

È un messaggio che va oltre la singola vicenda di cronaca e tocca un nervo scoperto della società italiana: la crescente sfiducia nei confronti di un sistema giudiziario percepito come troppo garantista verso i colpevoli e insufficientemente protettivo verso le vittime.

L’Italia della frustrazione collettiva

Il caso di Ravenna si inserisce in un contesto più ampio di frustrazione collettiva che attraversa il Paese. Sempre più spesso cittadini e famiglie si trovano di fronte a un paradosso inaccettabile: delinquenti arrestati per reati gravi vengono rilasciati nel giro di poche ore, ritrovandosi negli stessi luoghi dove hanno già colpito. Accade a Ravenna come a Roma, a Palermo come a Torino.

È uno schema che si ripete: polizia e carabinieri fermano soggetti per accoltellamenti, spaccio, violenze sessuali, ma l’indomani quei soggetti sono già liberi. Il cittadino onesto si ritrova senza tutela, mentre chi ha aggredito, ferito, tentato di uccidere continua indisturbato.

I limiti del sistema penale minorile

Il sistema penale minorile prevede che un minore possa essere privato della libertà solo in presenza di precisi presupposti: pericolosità attuale, rischio di fuga o inquinamento delle prove. Tuttavia, quando la recidiva avviene nel giro di 24 ore con due distinti accoltellamenti, emergono tutti i limiti di un approccio che privilegia la rieducazione rispetto alla sicurezza pubblica.

tribunali minori
Tribunale dei Minorenni

Da qui la domanda lanciata dal padre del ragazzo aggredito, che si fa denuncia: “Che altro serve? Serve che qualcuno muoia prima che lo fermiate?” Parole che pesano come macigni e mettono in discussione un sistema che appare provocatoriamente cieco di fronte alla realtà fatta di sangue, paura e impotenza.

Il rischio dell’esplosione sociale

Il video del padre di Lorenzo ha scosso l’opinione pubblica perché rappresenta il grido di chi non si sente più protetto dallo Stato. È la voce di chi comincia a pensare che la giustizia bisogna farsela da soli, non per spirito di vendetta ma per puro istinto di sopravvivenza.

In altri ordinamenti giuridici, due aggressioni armate consecutive basterebbero per disporre una custodia cautelare. In Italia sembra ancora una volta prevalere un approccio ideologico alla rieducazione, a discapito della sicurezza pubblica.

La sfida allo Stato

Le parole del padre di Lorenzo sono una sfida diretta allo Stato, un ultimatum che rispecchia il sentimento di una parte crescente della popolazione italiana. “Non si può più far finta di niente”, è il messaggio che emerge da questa vicenda. Chi accoltella una persona ha tentato di uccidere e chi lascia libero un aggressore dopo due tentati omicidi in due giorni si assume una responsabilità enorme.

Il caso di Ravenna rischia di diventare la miccia che fa esplodere un’intera nazione, stanca di un sistema giudiziario che appare più preoccupato della rieducazione dei colpevoli che della sicurezza delle vittime. E mentre i giudici affermano di applicare la legge sulla base di principi educativi e tutele minorili, la realtà fuori dai tribunali continua a essere fatta di sangue e impotenza.

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