Libertà di stampa, l’Italia scivola al 49° posto: peggior risultato in Europa occidentale

Secondo il rapporto 2025 di Reporter Senza Frontiere, l’Italia scende di altre tre posizioni nella classifica globale sulla libertà di stampa. Minacce mafiose, pressioni politiche e leggi bavaglio tra le cause.

Libertà di stampa, questa (s)conosciuta. Soprattutto in Italia, che nella classifica pubblicata da Reporter Senza Frontiere (Rsf) in occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa, che si celebra il 3 maggio, scende di altre tre posizioni, attestandosi al 49° posto nel mondo. Un dato che è un grido di allarme, essendo il più critico tra quelli registrati in tutti i Paesi dell’Europa occidentale.

Il problema sono le ingerenze esterne, della politica e dei poteri economici, ma anche della malavita. Secondo il report, la libertà di stampa in Italia infatti “continua a essere minacciata dalle organizzazioni mafiose”, soprattutto nel Sud, ma anche da “gruppi estremisti violenti” e da pressioni politiche, in particolare per il tentativo di introdurre una legge bavaglio e per l’uso diffuso delle SLAPP (cause civili pretestuose per intimidire i giornalisti). Un contesto che indebolisce il diritto dei cittadini a un’informazione libera e indipendente.

Il 2025 segna purtroppo il punto più basso nella storia dell’Indice Rsf. Le violazioni più gravi sono gli attacchi fisici ai giornalisti, ma non meno pericolosa è la pressione economica. “La concentrazione della proprietà dei media, le pressioni degli inserzionisti e la mancanza di un sostegno pubblico trasparente mettono a rischio la sopravvivenza di un giornalismo indipendente”, denuncia Anne Bocandé, direttrice editoriale di Rsf.

In 160 Paesi su 180, i media faticano a sopravvivere finanziariamente. Un numero crescente di redazioni ha chiuso i battenti, con esodi forzati di giornalisti in almeno 34 Paesi, tra cui Nicaragua, Iran, Bielorussia e Afghanistan. Gli Stati Uniti, al 57° posto, registrano il declino più marcato di sempre, mentre in Palestina (163°) Rsf denuncia “una situazione disastrosa”, con oltre 200 giornalisti uccisi a Gaza e redazioni distrutte.

I Paesi più virtuosi e quelli più censurati

La Norvegia si conferma per l’ennesimo anno in vetta alla classifica dei Paesi più virtuosi, seguita da Estonia e Paesi Bassi. Danimarca e Svezia, precedentemente sul podio, scendono rispettivamente al 6° e 4° posto. Tra le sorprese positive, Trinidad e Tobago (19°) supera Regno Unito e Taiwan (24°) si posiziona davanti alla Francia.

In fondo alla classifica troviamo invece la Cina (178°), definita “la più grande prigione al mondo per giornalisti”; segue la Corea del Nord (179°), Paese in cui il giornalismo indipendente è totalmente proibito. Maglia nera per l’Eritrea (180°), senza media indipendenti e con giornalisti detenuti da decenni.

Il caso dell’Italia: pressioni politiche, mafie e precarietà economica

Il calo dell’Italia nella classifica Rsf non è un fatto isolato, ma riflette una crisi sistemica della libertà di stampa. Oltre alle minacce fisiche e alle pressioni legali, Rsf evidenzia come la precarietà economica dei giornalisti italiani comprometta la loro indipendenza. In assenza di tutele e con compensi bassissimi, è sempre più difficile resistere a censure o pressioni editoriali.

A peggiorare il quadro contribuisce il tentativo di approvazione della legge bavaglio, che impedirebbe la pubblicazione di atti giudiziari rilevanti per l’interesse pubblico. “Un colpo alla libertà d’informazione”, denunciano le principali associazioni di categoria, da Articolo 21 alla Fnsi.

La conclusione, purtroppo, può essere una sola. Il 49° posto dell’Italia nell’Indice Rsf 2025 non è solamente un dato “simbolico”, ma rappresenta un allarme concreto. Senza riforme strutturali, un’informazione indipendente rischia di diventare un’eccezione. E senza una stampa libera, anche la qualità della democrazia si indebolisce.

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