L’ex brigatista rosso Leonardo Bertulazzi sarà scarcerato: accolto il ricorso in Argentina

Nel 1977 partecipò a Genova al sequestro dell’ingegnere navale Piero Costa. Col denaro ricavato fu acquistato l’appartamento dove venne rinchiuso Aldo Moro. 

L’ex brigatista rosso Leonardo Bertulazzi sarà scarcerato. Lo ha ordinato la giustizia argentina accogliendo un ricorso della difesa e riconoscendo che la revoca dello status di rifugiato decretata dal governo di Javier Milei non era effettiva al momento dell’arresto il 29 agosto scorso.

Nella sentenza emessa dalla Camera Federale di Cassazione si rilevano inoltre elementi di “arbitrarietà” e considerazioni “dogmatiche” nelle sentenze di primo grado e di appello che avevano negato la scarcerazione di Bertulazzi. I giudici hanno tenuto conto inoltre del fatto che al momento dell’arresto Bertulazzi “viveva insieme alla moglie da oltre 20 anni nello stesso domicilio del quale è proprietario”.

Bertulazzi era stato arrestato il 28 agosto in Argentina per essere estradato in Italia dopo più di 40 anni di latitanza. I poliziotti di Buenos Aires lo avevano prelevato dalla sua abitazione alla presenza degli omologhi italiani in servizio presso la Direzione centrale polizia di prevenzione, la Digos di Genova e il Servizio per la cooperazione internazionale di polizia (Scip) presenti nella capitale argentina già da alcune settimane per seguire il caso. L’arresto era stato possibile grazie alla revoca da parte delle autorità locali dello status di rifugiato politico, ottenuto nel 2004 e la reiterazione della richiesta di estradizione che l’Italia ha inviato al governo argentino.

Latitante dal 1980, Bertulazzi apparteneva alla colonna genovese delle Brigate rosse, e nel 2002 le indagini condotte dalla Polizia italiana e dall’Interpol ne avevano già permesso l’arresto. Quegli otto mesi trascorsi in carcere hanno così evitato la prescrizione della pena di 27 anni di reclusione per i reati di sequestro di persona, associazione sovversiva, banda armata e altro che dovrà ora scontare al suo rientro in Italia.

Col nome di battaglia di “Stefano”, tra l’altro, partecipò a Genova al sequestro dell’ingegnere navale Piero Costa nel gennaio del 1977, e, con i 50 milioni di lire ricavati, fu sovvenzionato l’acquisto dell’appartamento romano di via Montalcini 8 dove venne tenuto prigioniero Aldo Moro.

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