L’Europa a gamba tesa sulla separazione delle carriere. Una manovra elettorale?

Il commissario Ue alla Giustizia Reynders ‘preoccupato’ dalla riforma. Un colpo da maestro contro il governo italiano e un assist alle toghe.

Roma – Come se non bastasse il già scoppiettante dibattito che infiamma l’Italia da anni sulla separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, ora ci si mette pure l’Europa. Bruxelles è abbastanza abituata a ficcare il naso negli affari dei singoli Stati ma per l’Italia ha una predilezione particolare. E allora, anche su questo tema che già in Italia è divisivo e motivo di scontri acerrimi, ci mette lo zampino.

L’entrata a gamba tesa, di certo un assist clamoroso per le toghe che vedono il diavolo dietro questa riforma, è del commissario europeo alla Giustizia, Didier Reynders, che dando conto del rapporto Ue sullo stato di diritto in Italia di cui si è discusso al Consiglio Affari generali, lancia la mina. “Alcuni stakeholder – interviene – hanno espresso preoccupazione riguardo ai progetti di legge riguardanti la separazione delle carriere dei giudici e dei pubblici ministeri e alla riforma della procura, che sono ancora in discussione. Allo stesso tempo, la durata dei procedimenti in Italia rimane una sfida piuttosto seria da affrontare”.

Non sorprende di certo la posizione di Reynders sulla questione, viste le sue grandi differenze con le vedute politiche di Fratelli d’Italia e con il Guardasigilli Carlo Nordio che è stato scelto proprio dal partito di Giorgia Meloni per riempire i tasselli delle riforme della Giustizia. L’ex ministro degli Esteri del Belgio, che ora è euroministro della Giustizia proviene infatti dal Movimento riformatore -partito che ha guidato in prima persona dal 2004 al 2011 – di impronta liberale ma che ha visto anche per un periodo lo schierarsi del Fronte democratico dei francofoni.

Quello che invece sorprende è che ora il tema abbia varcato anche la soglia del Parlamento europeo. Ma come mai? Come sempre dietro alle invettive – seppur velate – ci sono ragioni politiche. Il contesto come si sa è pre-elettorale. Le Europee sono dietro l’angolo e Reynders che ha un orientamento politico lontanuccio dal governo italiano ha pensato bene di tirare la stoccata. Tra i tanti mali della giustizia l’euroministro doveva tirare fuori proprio questo? Certamente, perchè è un tema che ‘spacca’, letteralmente le fazioni politiche.

Didier Reynders

Un tema divisivo che però è un bel regalo per la categoria dei magistrati, che combatte e combatterà con le unghie e con i denti perché questa iattura non cada su di loro. E poi prendere due piccioni con una fava, regalo alle toghe e cenere e carbone al governo italiano è un colpo da maestro.

Ma gli affondi di Reynders sull’Italia non sono finiti: “vediamo una serie di leggi pendenti per la creazione di un’istituzione nazionale per i diritti umani, ma stiamo aspettando di vedere tale istituzione essere effettivamente istituita e operativa nella pratica”. E conclude parlando del lavoro delle organizzazioni della società civile.

“In Italia, come in molti altri Paesi dell’Unione Europea – prosegue il commissario Ue – queste organizzazioni sono a rischio. E tanti paesi si preparano alle elezioni quest’anno, così come l’Unione europea. Dovremmo ricordare che la democrazia non significa solo avere un voto, ma anche avere voce. Le organizzazioni della società civile danno alle persone, spesso le più vulnerabili, voce in capitolo nel sistema giudiziario”, ha concluso.

Al di là dell’allarme democrazia lanciato dal lib-dem riformatore, il sospetto che l’uscita sulla separazione delle carriere in magistratura sia una manovra politica viene rafforzato da una questione evidente. In alcuni Paesi europei le carriere sono già separate. In Germania ad esempio il pubblico ministero gode di uno status giuridico diverso dalla magistratura giudicante. Le carriere rimangono separate in quasi tutto il Paese, fanno eccezione alcuni Laender, tra cui la Baviera, dove il passaggio tra le due funzioni è frequente.

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio

Anche in Portogallo il modello regge: qui la separazione delle carriere inquirente e giudicante è stata frutto della riforma del sistema giudiziario dopo la rivoluzione del 1974. Una scelta accompagnata da una, ad oggi indiscussa, totale e ferma indipendenza dall’esecutivo, garantita dal Consiglio superiore del pubblico ministero, composto da magistrati eletti e membri “laici”, con maggioranza di toghe, e presieduto dal procuratore generale della Repubblica. La formazione rimane invece comune tra inquirenti e giudicanti.

Il Guardasigilli Nordio guarda con favore a quella che è considerata la riforma delle riforme della giustizia. “Quando sento parlare di ‘vulnus‘ alla democrazia, mi viene da sorridere se penso che l’intercambiabilità dei ruoli di giudice, pm e avvocato, è in vigore nei Paesi che sono stati culla della democrazia”. Nordio parla per esempio degli Stati Uniti d’America e del Canada, aggiungendo che “quando si discute della separazione delle carriere, la litania che sentiamo da parte dei magistrati, è quella che la separazione vulnererebbe la cultura della giurisdizione, che è una espressione metafisica abbastanza astratta”.

Certo è che ciclicamente il dibattito torna, questa volta con più forza. La separazione delle carriere dei magistrati è uno dei capisaldi della querelle giudiziaria da quando è entrata in vigore la riforma del codice di procedura penale, nel 1989. Il primo referendum per tentare di introdurla è del 2000, ed è probabilmente il tema più politico e politicizzato del dibattito sulla giustizia. Storicamente la posizione è stata portata avanti dal centrodestra e in particolare da Forza Italia, soprattutto nel periodo post-Tangentopoli dello scontro tra Silvio Berlusconi e i magistrati di Milano.

La questione, però, è stata sposata anche da chi, più trasversalmente, si definisce garantista. Dalla galassia radicale che ha promosso i referendum a quella degli avvocati penalisti. Oggi in Parlamento l’iniziativa è sostenuta da un arco di forze che non coincide solo con la maggioranza, con Forza Italia che ha presentato formalmente il disegno di legge costituzionale. Anche Italia Viva e Azione sostengono convintamente la separazione ma in ogni schieramento ci sono singoli che, indipendentemente dai partiti di appartenenza, condividono l’ipotesi. I tempi saranno finalmente maturi?

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