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Le 180 domande della Procura a Toti, l’interrogatorio fiume del governatore ligure

Ha risposto e consegnato una memoria dove dice “ogni euro incassato ha avuto una destinazione politica”. Chiederà la revoca dei domiciliari.

Genova – Un fiume di domande, ben 180, rivolte dalla Procura al governatore della Liguria, ai domiciliari con l’accusa di corruzione dallo scorso 7 maggio. Un lungo interrogatorio fiume, durato ben otto ore, richiesto dallo presidente della Regione – dopo aver scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere davanti al gip lo scorso 10 maggio – che si è svolto nella caserma della Guardia di Finanza nel porto genovese. Toti ha risposto a tutte le domande e ha consegnato ai pm Federico Manotti e Luca Monteverde, oltre che all’aggiunto Vittorio Ranieri Miniati, una memoria di 17 pagine.

Una scelta nata dall’esigenza di “spiegare le linee politiche e morali che, da quanto ho assunto l’onore di guidare Regione Liguria, hanno sempre informato l’attività perseguita dalla Giunta regionale nella unica prospettiva di servire il bene e l’interesse comune dei cittadini liguri e delle loro istituzioni: ogni euro incassato è stato destinato alla politica”, con tutte le spese tracciabili in ogni momento, ha scritto il governatore. Una memoria in cui ribadisce “la ferma volontà di collaborare, con trasparenza ed onestà, alla ricostruzione della Verità nel supremo interesse della Giustizia, per restituire alla mia figura di uomo e di servitore dello Stato la Dignità che ho costantemente cercato di preservare”.

Il Roan della Guardia di Finanza a Genova

L’interrogatorio si è svolto negli uffici del Reparto operativo navale, il Roan della Guardia di finanza a Molo Giano. Le domande che i pm gli hanno rivolto, hanno riguardato i capi di imputazione contestati al momento dell’arresto: il presunto voto di scambio e la corruzione. Toti ha spiegato che le sue azioni “(anche quelle contestate) sono state ispirate, certamente dalla giusta attenzione verso le imprese operanti sul territorio, ma nell’unica prospettiva della tutela dell’interesse collettivo e del suo progresso”, che “ogni euro incassato ha avuto una destinazione politica: nessun contributo ha prodotto arricchimento o utilità personale a me, agli altri appartenenti al mio partito o a terzi privati” e che non si è “mai sentito debitore nei confronti di chi aveva contribuito alla mia iniziativa politica”.

Ora il governatore è intenzionato a chiedere al gip la revoca della misura cautelare dei domiciliari. Nel corso del faccia a faccia i magistrati hanno chiesto conto soprattutto di quel “rapporto di corrispettività” con Spinelli, portato alla luce dalle intercettazioni, sulla base delle quali gli inquirenti contestano a Toti come i finanziamenti elettorali, seppure trasparenti, sarebbero una sorta di tangente per l’interessamento del presidente della Liguria su alcuni affari, tra cui il rinnovo della concessione trentennale per il Terminal Rinfuse. Concessione che non dipendeva da Toti, ma che è stata firmata dall’ex presidente dell’Autorità portuale Paolo Emilio Signorini e da altri tre dei quattro membri del Comitato.

Toti e l’imprenditore Spinelli

Sulla circostanza, nel precisare che “nessuno degli atti viene predisposto con la mia fattiva partecipazione né con quella dei miei uffici”, Toti ha messo nero su bianco che “il mio intervento sulle vicende non inerì gli atti stessi e la loro qualità, ma fu una semplice opera di mediazione e sollecitazione alla realizzazione di un interesse squisitamente pubblico”. Non solo, il governatore della Liguria, parlando del rapporto con Spinelli, ha chiarito che si è attivato sulle questioni poste dall’imprenditore “attraverso un intervento sempre dettato dallo spirito di pubblica utilità e spesso addirittura in contrasto con gli interessi di Spinelli stesso ma a favore di altri operatori”.

E ha anche smentito l’esistenza di un voto di scambio con la comunità di immigrati riesini: “È da evidenziare che vinsi le elezioni con circa 380mila voti. Il sostegno della comunità Riesina si sostanzia, nelle indagini, con una certa approssimazione, di 400 voti, giusto per proporzione e per capire che l’apporto non è tale da turbare l’equilibrio democratico del voto“. Il governatore ha infine rimarcato che “non ho mai travalicato le specifiche competenze degli enti e degli uffici preposti, mai ho ingerito nelle libere scelte e decisioni dei soggetti coinvolti, mai ho fatto pressioni verso alcun soggetto, mai ho servito un interesse particolare in danno di quello collettivo”. Nei prossimi giorni l’avvocato Savi chiederà la revoca dei domiciliari. Tanto più che la campagna elettorale volge al termine e il pericolo di reiterazione del reato, ravvisato dal gip, cadrebbe automaticamente.

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