Dopo la crisi pandemica in cui il terziario italiano era in caduta libera ora si registra una lievissima ripresa. Lo Stato continua però a latitare in un comparto cosi strategico e non dà segni di eventuali cambi di rotta.
Roma – Il terziario: avanti adagio. Come ci raccontano i manuali di economia, il terziario è l’indotto economico che produce o fornisce tutte quelle attività intellettuali, complementari e di supporto a quello primario (agricoltura, allevamento, ecc.) e secondario (manifattura).
In questo settore pare sia in atto una lenta ripartenza, ma siamo ancora lontani da una vera e propria ripresa. Infatti, il fatturato è ancora inferiore rispetto ai livelli precedenti la pandemia. La ripresa del terziario italiano potrebbe essere rimandata anche quest’anno, visti gli aumenti dei costi energetici e dell’inflazione, associati alla ripresa dei contagi che inficiano la fiducia dei consumatori.
Questo quadro tanto idilliaco è stato dipinto dalla pubblicazione della prima edizione dell’Osservatorio Terziario a cura di AssoTerziario Confesercenti, istituito per monitorare lo stato di salute del settore. AssoTerziario coordina le Federazioni di Confesercenti, che rappresenta una quota rilevante delle imprese dei servizi. Il processo di terziarizzazione dell’economia italiana è in ritardo rispetto a quello delle economie più avanzate, soprattutto se consideriamo solo i servizi di mercato. Inoltre è in colpevole ritardo nell’aumento del valore aggiunto. Su questa situazione già di per sé traballante, il colpo di grazia lo ha inferto dal Coronavirus. Infatti, tutte le attività ne hanno risentito, ma soprattutto quelle del turismo e del commercio al dettaglio.
Sono scampate alla ferocia del virus, i beni alimentari e di largo consumo. In generale, il settore ha subito un forte calo del fatturato, addirittura più elevato per i servizi di mercato. Sono stati i servizi di ristorazione e alloggio, le attività artistiche, quelle di divertimento e intrattenimento, che hanno registrato un forte calo.
A questi si sono aggiunti i trasporti e magazzinaggio, attività professionali, immobiliari e commercio. Hanno tenuto botta le attività finanziarie e assicurative, con perdite irrisorie, confermando, forse, la tendenza al risparmio degli italiani. Sono cresciuti, invece, i servizi di comunicazione e informazione, grazie allo smart working e alle restrizioni imposte dall’isolamento.
L’anno scorso si è registrata una crescita del fatturato, sebbene nessun comparto del terziario italiano sia ritornato ai livelli precedenti la pandemia. D’altronde dopo il crollo verticale del 2020, non poteva non esserci che una ripresa qualsiasi. Sono continuati a crescere i servizi di informazione e comunicazione, seguendo la scia dell’anno precedente.
Mentre i servizi assicurativi e finanziari hanno registrato un lieve calo. Il lavoro è la categoria che più è stata sconquassata dall’emergenza pandemica, tanto è vero che alla fine del 2021 mancavano ancora 800mila unità lavorative per pareggiare il livello pre-crisi.
Come ha dichiarato il Presidente di AssoTerziario, Nino Gronchi: Il terziario italiano è ripartito, anche se purtroppo con un ritmo più lento delle attese. Dalla fotografia scattata dal nostro Osservatorio, però, emerge anche un settore impegnato in una fase di forte trasformazione, a causa di transizione digitale ed ecologica, ma anche per il cambiamento delle abitudini di spesa dei consumatori. E’ un mondo differente da prima: si vende anche il nuovo ma si impone sempre di più anche l’usato, i servizi si spostano verso le piattaforme online, polarizzando interi segmenti di attività intorno ai grandi player del digitale.
In generale, si tratta di un processo che va guidato: bisogna investire per dare gli strumenti alle imprese del terziario per intercettare con successo il cambiamento, favorendo l’adozione di modelli di attività sempre più eco-sostenibili e di nuove tecnologie. Senza sottovalutare le sfide del breve periodo. Temiamo infatti che la seconda parte del 2022, tra inflazione, ripresa dei contagi e fisiologico rallentamento del turismo, possa creare nuovi ostacoli al sistema imprenditoriale, allontanando ancora di più la ripresa. E la politica che fa? Dorme sonni profondi, ma non è il sonno dei giusti, ma quello dei menefreghisti. Poi, con la crisi di governo in corso, figurarsi!