Lavoro, il paradosso italiano: a rischio 120mila occupati, ma 190mila posti rimangono inevasi

Lo studio della Cgia di Mestre: da una parte molti che hanno un posto rischiano di essere licenziati, dall’altra vanno a vuoto le ricerche di sostituzione a tempo indeterminato.

Nonostante le difficoltà del mercato del lavoro italiano, il 2025 si apre con dati che dipingono un quadro complesso e apparentemente contraddittorio. A dirlo, nell’ultimo rapporto, è la Cgia di Mestre. Da un lato, 120.000 posti di lavoro sono a rischio a causa di crisi aziendali, dall’altro, le imprese prevedono di assumere 1,37 milioni di lavoratori nei primi tre mesi dell’anno, con 380.000 contratti a tempo indeterminato. Tuttavia, circa la metà di queste posizioni fisse potrebbe rimanere vacante a causa della carenza di candidati o della loro inadeguata preparazione. Questo scenario paradossale evidenzia problemi strutturali che vanno oltre le crisi aziendali, coinvolgendo dinamiche demografiche, educative e organizzative.

Il record storico registrato a novembre 2024, con 16,26 milioni di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, segna un traguardo importante. Tuttavia, il tasso di disoccupazione resta un problema, accompagnato da una crescente difficoltà nel trovare personale qualificato, soprattutto tra dirigenti (68,2%) e operai specializzati (66,9%). In parallelo, la fascia giovanile del mercato del lavoro si riduce drasticamente: tra il 2004 e il 2024, il numero di persone tra i 25 e i 34 anni è sceso da 8,5 milioni a 6,2 milioni.

Demografia e Sfide Occupazionali

Il declino demografico rappresenta una delle maggiori sfide per il mercato del lavoro italiano. La popolazione attiva tra i 35 e i 49 anni è passata da 14 milioni nel 2014 a meno di 11,5 milioni nel 2024, con una proiezione di ulteriori cali fino a meno di 10 milioni entro il 2040. Contestualmente, il tasso di pensionamento accelera: entro il 2028, 3 milioni di lavoratori usciranno dal mercato del lavoro. La sostituzione di questa forza lavoro sarà una sfida colossale, soprattutto in settori già caratterizzati da carenze strutturali.

Secondo le previsioni di Unioncamere, il fabbisogno occupazionale tra il 2024 e il 2028 raggiungerà i 3,6 milioni di unità, di cui l’83% sarà destinato a sostituire chi andrà in pensione. Questo implica che la sfida principale non sarà tanto riassorbire chi ha perso il lavoro, quanto coprire le posizioni vacanti.

Performance Regionali e Disparità

Le dinamiche regionali offrono ulteriori spunti di riflessione. Nel primo trimestre del 2025, il Mezzogiorno è l’unica area con previsioni di aumento delle assunzioni, trainata da province come Siracusa (+29,8%) e Foggia (+25,9%). Questo risultato positivo si deve, in parte, alla decontribuzione legata alla Zona Economica Speciale (ZES) e agli investimenti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

Al contrario, in molte province del Nord e del Centro si prevede una flessione delle assunzioni, evidenziando le difficoltà di alcune aree tradizionalmente più dinamiche. Nel Nordest, ad esempio, il 54,3% degli imprenditori segnala difficoltà nel reperire personale, un dato superiore alla media nazionale del 49,4%.

Contraddizioni del Posto Fisso

Sebbene il numero di lavoratori con contratti a tempo indeterminato sia in crescita, non mancano le criticità. I salari medi in Italia restano inferiori a quelli dei principali paesi europei, portando molti lavoratori a condizioni di precarietà economica nonostante il “posto fisso”. Questo fenomeno, che include forme di povertà educativa, abitativa ed energetica, è particolarmente evidente nelle grandi aree urbane.

Inoltre, il ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni (CIG) è aumentato del 20% nei primi nove mesi del 2024 rispetto allo stesso periodo del 2023, segnalando una persistenza di difficoltà economiche in diversi settori.

Il mercato del lavoro italiano nel 2025 si trova dunque a un bivio. Da un lato, ci sono segnali positivi come il record di contratti a tempo indeterminato e l’aumento delle assunzioni nel Mezzogiorno. Dall’altro, persistono problemi strutturali legati al declino demografico, alla difficoltà nel reperire personale qualificato e alla bassa competitività salariale.

Le soluzioni richiedono interventi strutturali che coinvolgano non solo le politiche del lavoro, ma anche quelle educative e demografiche. Solo affrontando queste sfide in modo integrato sarà possibile garantire una crescita sostenibile e inclusiva per il mercato del lavoro italiano

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