Il report evidenzia che in questi due primi anni del governo Meloni i dati positivi sono dovuti più agli imprenditori che alla politica.
Roma – Negli ultimi due anni l’occupazione in Italia è cresciuta di 847mila unità (+3,6%), di cui 672mila lavoratori dipendenti e 175mila autonomi. Del totale dei nuovi occupati 420mila sono donne (49,6%). L’aumento degli occupati è avvenuto soprattutto in Sicilia, Lombardia, Campania, Lazio e Piemonte. E’ quanto segnala l’Ufficio studi della Cgia di Mestre – che traccia un bilancio dell’andamento del mercato del lavoro nel primo biennio del governo Meloni – sottolineando inoltre l’incremento dei contratti a tempo indeterminato e il calo di quelli a termine. In questi primi due anni di governo Meloni, dice l’indagine, i risultati ottenuti in materia di lavoro sono stati certamente positivi, anche se il merito è riconducibile più agli imprenditori che alla politica.
“Non dobbiamo dimenticare che con una crescita che in questi ultimi due anni è stata molto contenuta, all’aumento dell’occupazione non è corrisposto un incremento altrettanto importante della produttività, almeno nel settore dei servizi e del terziario”: pertanto gli stipendi degli italiani, che mediamente sono al di sotto della media europea, non crescono adeguatamente e questo rimane un problema che va “aggredito” rinnovando i contratti nazionali alla scadenza e continuando a tagliare strutturalmente il carico fiscale che grava sugli stessi. Ma la premier replica: “I dati diffusi oggi dalla Cgia confermano un importante trend positivo per il mercato del lavoro in Italia: 847mila posti creati nei due anni del nostro Governo. Numeri che ci spingono a continuare a lavorare con determinazione per creare ulteriori opportunità e garantire stabilità e crescita economica a tutta la nostra Nazione. L’Italia è sulla strada giusta, ma non ci fermiamo: c’è ancora
molto da fare. Avanti”. Lo scrive sui social la premier Giorgia Meloni.
“La forte caduta della produzione industriale e il deciso aumento del ricorso alla cassa integrazione non fanno presagire nulla di buono. Dobbiamo spendere bene e presto i soldi del Pnrr – dice la Cgia – Con la messa a terra entro il 2026 dei 130 miliardi di euro che abbiamo ancora a disposizione, possiamo dare un contributo importante all’ammodernamento del Paese ed evitare una nuova crisi che, ai più, sembra essere alle porte”. Tra i lavoratori dipendenti in particolare la prima tipologia è aumentata di 937mila unità, mentre i contratti a termine sono diminuiti di 266mila. L’incidenza percentuale di lavoratori subordinati che attualmente possiede un contratto di lavoro precario è scesa al 14,4 per cento (-2 punti rispetto a ottobre 2022). Sempre nello stesso periodo, i disoccupati sono diminuiti a 1.473.000 (-496mila) e gli inattivi a 12.538.000 (-198mila).
In netto aumento nel 2024 il ricorso alla cassa integrazione, sottolinea la Cgia: da ottobre 2022, la punta massima è stata toccata nel gennaio di quest’anno (quasi 48 milioni di ore autorizzate) e successivamente c’è stata una costante discesa fino ad aprile e una nuova risalita a maggio seguita da un crollo ad agosto. A settembre (ultimo dato Inps disponibile) c’è stata una forte impennata fino a raggiungere i 43,6 milioni di ore autorizzate: “un dato, stando alle crisi occupazionali scoppiate in queste ultime settimane, che dovrebbe essere destinato a salire stabilmente negli ultimi mesi di quest’anno”.
A livello di ripartizione geografica, durante l’estate 2023 e a partire da febbraio di quest’anno sia il Nordovest che il Nordest presentano un monte ore autorizzato superiore alle altre due circoscrizioni. Negli ultimi due anni il principale contributo all’aumento degli occupati ha riguardato i lavoratori con più di 50 anni – mette in evidenza la Cgia – Degli 847mila nuovi occupati registrati nel Paese, ben 710mila (pari all’83,8 per cento del totale) appartengono alla fascia più anziana della popolazione lavorativa.
Nella fascia 25-34 anni gli occupati sono cresciuti di 184mila unità e in quella 15-24 anni di 18mila unità. La fascia 35-49 anni ha subito una contrazione di 66mila lavoratori. Secondo l’Ufficio studi della CGIA, le ragioni di questo risultato vanno ricercate “nell’invecchiamento progressivo anche della popolazione lavorativa” e “nell’allungamento dell’età lavorativa”, ma l’aspetto determinante “è riconducibile al fatto che le imprese sono sempre più orientate ad assumere persone con esperienza”.