L’autopsia: una pratica medica eseguita in due contesti diversi e da non confondere. Facciamo chiarezza

L’esame autoptico è un’analisi post mortem che si pone come obiettivo quello di determinare l’epoca, le modalità e la causa del decesso attraverso un’ispezione del corpo della vittima.

È noto che lo scopo principale dell’autopsia sia quello di determinare la causa del decesso, ma questo esame può mettere in luce molti altri aspetti e determinare diversi benefici. Da un lato, valutare possibili ipotesi di reato. Dall’altro, informare i familiari sia su potenziali malattie genetiche, riscontrate durante l’esame e che potrebbero avere implicazioni su di loro, sia su precise informazioni su varie patologie da evitare, grazie ad un’attenta prevenzione.

In termini giuridici e medico-legali, l’attività autoptica si interfaccia con due differenti contesti. Esiste infatti una distinzione tra riscontro diagnostico e autopsia giudiziaria. Non si tratta di sinonimi, bensì di entità ben distinte tra loro che non vanno confuse.

Il riscontro diagnostico

Il riscontro diagnostico, noto anche come autopsia anatomopatologica, è un esame che viene eseguito in ambito clinico per chiarire le cause della morte e si distingue in facoltativo e obbligatorio.

Si parla di riscontro diagnostico facoltativo se si vuole controllare la diagnosi o chiarire vari quesiti clinici in caso di decesso avvenuto in ospedale. In questa fattispecie di casi, l’autopsia verrà disposta dal direttore sanitario, dal primario o dal medico curante. Non è tutto. Se il decesso avviene in casa, l’esame può essere richiesto dal direttore sanitario dell’A.S.L. in caso di morte dovuta a malattia infettiva diffusa o sospettata di esserlo, o dal medico curante nel caso di dubbi sulle cause del decesso.

Estremamente importante il riscontro diagnostico

Durante l’epoca Covid , l’esperienza italiana è stata segnata da un forte dibattito autoptico relativo al periodo storico, in quanto l’epidemia ha avuto un impatto critico sull’organizzazione del Sistema Sanitario Nazionale italiano. Il Ministero della Salute italiano,  il 1 Aprile 2020, ha pubblicato un documento ufficiale contenente istruzioni ben precise sulle procedure più adeguate da adottare durante l’epidemia di SARS-CoV2, indicando misure di biosicurezza eccezionali sia nell’Anatomia Patologica Chirurgica che negli esami autoptici.

Per l’intero periodo della fase emergenziale non si dovrebbe procedere all’esecuzione di autopsie o riscontri diagnostici nei casi conclamati di COVID-19, sia se deceduti in corso di ricovero presso un reparto ospedalierosia se deceduti presso il proprio domicilio

Solamente ad inizio 2021, con una nuova disposizione del Ministero, è stata ristabilita la centralità dell’autopsia anche a fini diagnostici, intentendola come uno strumento irrinunciabile per supportare la comunità scientifica nel comprendere i vari processi patologici, la loro prevenzione e il loro successivo trattamento. È emerso, infatti, grazie agli esami autoptici condotti in quegli anni, che una delle maggiori complicanze del Covid-19 sia stata la Coagulopatia intravascolare disseminata (CID).

Le informazioni che si possono trarre da un’autopsia sono fondamentali e come sostenuto in un articolo scientifico pubblicato nel 2020 da un gruppo di medici italiani, “nonostante il calo del tasso di autopsia, l’autopsia rimane il gold standard per determinare perché e come si verifica la morte.  Definire la fisiopatologia della morte non si limita solo a considerazioni forensi; può anche fornire utili spunti clinici ed epidemiologici. […] La morte può insegnarci non solo informazioni sulla malattia, ma può anche contribuire alla sua prevenzione e, soprattutto, al suo trattamento”.

Il riscontro diagnostico obbligatorio, invece, riguarda tutti quei casi in cui una persona è deceduta senza assistenza medica e trasportata in ospedale, in obitorio o in un deposito di osservazione (locale interno ad un ospedale o ad un cimitero in cui si conservano le salme per mantenere le condizioni igieniche, consentendo sorveglianza, in attesa di riconoscimento o autopsia).

Il ruolo dell’anatomopatologo forense è basilare per la risoluzione di un caso

L’autopsia giudiziaria

L’autopsia giudiziaria è un discorso a sé. Disposta dall’Autorità Giudiziaria nei casi in cui il decesso avviene per cause non naturali e circostanze sospette, per valutare possibili collegamenti tra decesso e possibile reato, viene eseguita da un medico nominato dal Pubblico Ministero tra gli iscritti all’albo circondariale e la si esegue quando si ipotizza una connessione tra la morte e una condotta penalmente rilevante.

Solitamente, l’autopsia medico-legale segue un ordine logico di fasi per la relativa verbalizzazione e viene classificata come un’indagine forense utile non solo per scoprire i motivi della morte di una persona al fine di verificare eventuali ipotesi di reato, ma anche i mezzi e le circostanze del decesso, nonché per mettere in luce tutti gli elementi utili alle indagini e al futuro iter processuale.

Quanto sarebbe difficile se alle spalle delle investigazioni non ci fosse il ruolo dell’Anatomopatologia Forense? Ogni circostanza è a sé, certo. Ma a seconda dell’evento, forse, sarebbe addirittura impossibile poter risolvere il caso.

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa