L’autonomia si ferma per le europee, pesa l’incognita dell’Ufficio di bilancio

Ma il governatore Zaia replica: “I dubbi sono un segnale di attenzione, questa riforma anzi sarà una grande sfida per la spending review”.

Roma – L’esame del ddl sull’Autonomia differenziata si ferma per le europee: riprenderà in Aula alla Camera alle 14 dell’11 giugno. Lo ha stabilito la conferenza dei capigruppo di Montecitorio. Il provvedimento era all’ultimo punto del calendario di questa settimana. “Dopo tutte le forzature fatte si è dimostrato che non ce n’era bisogno”, ha commentato la capogruppo Dem Chiara Braga. Nel pomeriggio di oggi verrà discussa in Aula la proposta di legge sul conflitto di interessi. Viene poi confermata dalla capigruppo la pausa dei lavori dal 3 al 7 giugno. Giovedì 20 giugno non ci saranno lavori per i ballottaggi.

A complicare la vita al ddl Calderoli intanto è arrivato un documento dell’Ufficio di bilancio della Camera nel quale si chiede, a prescindere dalle funzioni trasferite alle Regioni, “una valutazione preliminare dell’impatto finanziario del trasferimento”. Alle osservazioni dell’ufficio di Montecitorio, trasmesse ai gruppi in commissione, replica il governo: “Si ritiene che la valutazione finanziaria non possa prescindere dalla richiesta di attribuzione delle funzioni da parte della regione richiedente”. Solo dopo, quindi “si possono valutare gli impatti finanziari”, con la devoluzione alle regioni di nuove competenze.

La premier Meloni con il ministro Calderoli

Ma sul punto interviene il presidente del Veneto Luca Zaia, che osserva: “Lo ripeto spesso, l’autonomia non
è la secessione dei ricchi,
ma uno strumento formidabile per il rilancio di tutto il Paese. E sono convinto che con la riforma il Sud potrà crescere ancor più del Nord. Non ci sarà aggravio di risorse economiche, ma piuttosto con la devoluzione delle competenze ogni singolo euro sarà sottoposto a maggiore controllo e a maggiore efficienza. Con la stessa spesa faremo di più e faremo meglio”. Secondo Zaia, quello dell’Ufficio Bilancio “non va letto, come vorrebbe qualcuno, come un’interpretazione a senso unico. È un messaggio di attenzione, che sarà in ogni caso alta e ben presente. Anzi sarà proprio l’autonomia una grande prova di
spending review”.

E aggiunge il governatore della Lega: “In Veneto abbiamo lavorato, e continuiamo a farlo, con giuristi ed economisti di grande valore. Porteremo efficienza nella macchina pubblica, nel pieno rispetto dagli articoli della nostra Costituzione, quella che amiamo trasversalmente definire la più bella del mondo. Forse qualcuno deliberatamente dimentica gli articoli che prevedono l’autonomia regionale: non mi riferisco soltanto a quelli presenti nel Titolo quinto ma anche più in generale all’intero testo redatto dai Padri Costituenti, che aveva una visione squisitamente autonomista”.

Il ddl Calderoli identifica tre tipi diversi di funzioni trasferibili alle Regioni. Quelle legate a diritti civili e sociali che richiedono una preventiva definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep), ma non lo stanziamento di risorse aggiuntive di bilancio; altre funzioni riguardanti diritti che richiedono la definizione di Lep ed anche lo stanziamento di risorse di bilancio aggiuntive; e infine funzioni che non richiedono la preventiva definizione di Lep, e che saranno devoluti alle regioni entro i limiti delle attuali risorse.

Ma il Servizio di Bilancio, nel dossier pubblicato anche sul sito della Camera, ha osservato che per tutte le funzioni, “la presenza di disposizioni di carattere generale, applicabili a prescindere dalle funzioni trasferite, impongono comunque quanto meno una valutazione preliminare dell’impatto finanziario del trasferimento“. Infatti, a fronte della devoluzione di competenze dello Stato a una o più regioni, lo Stato deve comunque mantenere una struttura amministrativa per assicurare le prestazioni alle altre Regioni.

Ma, al di là degli aspetti tecnici, sono ancora le preoccupazioni espresse dalla Cei per la tenuta dell’unità del Paese a tenere banco. “Le argomentazioni dei vescovi sono improntate al buon senso”, per Elly Schlein. “È evidente – aggiunge la segretaria del Pd – che siamo tutti preoccupati per il fatto che in un Paese in cui l’Istat ci racconta che stiamo toccando il picco di povertà assoluta ed in cui un italiano su dieci è in povertà assoluta, c’é un governo che vuole tagliare l’Italia in due e che cancella l’unico strumento di contrasto alla povertà e blocca la nostra proposta sul salario minimo”.

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