La giovane uccisa era scomparsa da casa dieci anni fa. I suoi resti sono stati ritrovati sepolti vicino ad una casa abbandonata. Nel sottosuolo c’erano altre ossa umane. Il presunto aguzzino l’avrebbe uccisa per gelosia e poi avrebbe architettato il piano per depistare le indagini e fuggire nel suo Paese dove si sente protetto.
PORTO RECANATI – Era scomparsa da casa il 29 maggio del 2010 senza lasciare tracce. L’insegnante di scuola media ne aveva denunciato la sparizione non vedendola arrivare in classe. I resti umani rinvenuti due anni fa in un pozzo di Porto Recanati appartengono, senza ombra di dubbio, a Cameyi Mosammet, la ragazzina bengalese di 15 anni di cui non si avevano più notizie. Dopo la prima ricognizione cadaverica e la successiva autopsia pare che la ragazzina sia stata uccisa forse con un pugnale o con un corpo contundente ed i sospetti ricadono sul fidanzato Monir Kazi, oggi di 28 anni, cittadino del Bangladesh, che sin dalle prime battute pare non avesse detto la verità agli inquirenti che si erano occupati del caso.
Subito dopo la sparizione della ragazzina la squadra Mobile di Ancona aveva ipotizzato una fuga volontaria di Cameyi per via dei dissapori con il fratello di 22 anni che non gradiva le abitudini occidentali della sorella con cui spesso litigava. Dopo alcuni giorni era saltato fuori un video su MySpace nel quale si vedeva chiaramente che la ragazzina baciava il suo giovane fidanzatino e la cosa poteva aver scosso le rigide regole religiose della locale comunità bengalese che avrebbe potuto far scomparire la minorenne per amoralità oppure avrebbe potuto provocarne la sparizione per vergogna.
Questa pista, ben presto, si sarebbe rivelata impraticabile mentre ad una successiva perquisizione della stanza dell’ex hotel House di Porto Recanati, dove abitava Monir Kazi, gli investigatori ritrovavano un cappello da cow-boy appartenuto alla ragazzina ed un cuscino sporco di sangue. Le telecamere dell’ex hotel, oggi residenza di centinaia di migranti, avevano ripreso l’ingresso della ragazzina all’interno dell’albergo ma non ne avevano registrato l’uscita. Come altre volte dunque Cameyi Mosammet si era recata all’ottavo piano di quel casermone di cemento per incontrare il suo fidanzato che in molti descrivono come ossessivamente geloso e violento anche nei riguardi della minorenne. Dopo i primi interrogatori durante i quali Monir Kazi sarebbe caduto più volte in contraddizione affermando di non aver visto Cameyi la mattina della scomparsa, il giovane era partito per la Grecia per poi tornare ad Ancona senza darsi pensiero per quanto accaduto.
Nel 2011 Kazi veniva espulso dall’Italia e dove sia finito pare non lo sappia nemmeno il suo legale, l’avvocato Fabio Longhi, che all’epoca dei fatti lo aveva difeso nelle prime incombenze giudiziarie. L’indagato pare avesse riferito al suo avvocato di non avere alcuna responsabilità nella scomparsa di Cameyi appunto perché non stava più con la ragazzina che aveva visto cinque giorni prima della sparizione. Dichiarazioni in netto contrasto con i video dell’hotel che fanno vedere la ragazzina entrare in albergo senza uscirne più. Lo stesso giorno della scomparsa della ragazzina, Monir Kazi aveva avuto un malore allo stomaco ed era andato in ospedale per poi tornare in hotel intorno alle 18. Che cosa avesse provocato quel malore nessuno è riuscito a saperlo, polizia compresa. Gli inquirenti, ad ogni buon conto, avevano perlustrato quasi tutta l’ampia area intorno all’ex albergo senza tuttavia avvicinarsi al pozzo che, nei giorni scorsi, ha restituito le ossa della povera ragazzina morta ammazzata.
Il 29 novembre scorso Monir Kazi era stato convocato negli uffici del procuratore dottor Giovanni Giorgio e del sostituto dottoressa Rosanna Buccini ma il giovane, come in molti avevano dato per certo, non si è presentato. La procura di Macerata ha fatto pressioni presso le autorità bengalesi affinché rintracciassero il connazionale dunque è ipotizzabile che l’indagato non abbia nemmeno ricevuto l’invito a comparire. Le accuse contro Kari sono gravissime: omicidio volontario e occultamento del cadavere della povera Cameyi i cui familiari, da anni, invocano giustizia. C’è da chiedersi come mai Monir Kazi era stato raggiunto da un decreto di espulsione se su di lui si stava indagando? La precedente inchiesta, infatti, pare fosse stata archiviata proprio per assenza di indizi e carenza di testimoni, oltre che nel silenzio totale della comunità bengalese, e per mancanza del presupposto più importante: il ritrovamento di un cadavere.
Nel gennaio scorso le indagini si sono concluse a quasi dieci dalla scomparsa della giovane. La Procura di Ancona ha indicato quale autore materiale del delitto Monir Kazi che avrebbe ammazzato Cameyi per gelosia. Per gli inquirenti è stata una vicenda dura che ha comportato investigazioni complesse e certosine nelle le autorità del Bangladesh non hanno mosso un dito se non per osteggiare il lavoro degli inquirenti. Il presunto assassino si nasconde nel suo Paese dove si sente ben protetto. Come tanti altri che hanno commesso atti criminali in Italia per poi fuggire nei loro Paesi d’origine.