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“Lasciami, lasciami”, una registrazione inchioda il marito: non è stato suicidio

Aldo Rodolfo Di Nunzio avrebbe appeso ad una trave la moglie, Annamaria D’Eliseo, dopo averla strangolata con dei cavi elettrici.

LANCIANO (Chieti) – Non è stato suicidio: le urla disperate della donna prima di morire sono state registrate sulla pista audio di una telecamera installata a poca distanza dalla scena del crimine. Dunque si tratterebbe di femminicidio e non di un gesto estremo la morte di Annamaria D’Eliseo, la bidella di 60 anni ritrovata impiccata in garage il 15 luglio di due anni fa. La vittima era stata rinvenuta cadavere nel box esterno all’abitazione di contrada Iconicella dal marito Aldo Rodolfo Di Nunzio, 71 anni, ex ispettore dei vigili del Fuoco, che avrebbe raccontato agli inquirenti di averla trovata con la corda al collo, accanto ad una scala, e di aver tentato di rianimarla, senza successo.

La versione dell’uomo non aveva convinto del tutto gli inquirenti che, una volta repertati tutti gli elementi utili, hanno più volte analizzato i video e gli audio di diverse telecamere stradali sino a scoprire un frammento di registrazione in cui si sentivano le urla di aiuto della donna, probabilmente già aggredita dal coniuge che la stava ammazzando. E per ucciderla Di Nunzio avrebbe usato dei cavi elettrici trovati nella rimessa che avrebbe stretto al collo di Annamaria sino a strangolarla. Poi la simulazione del suicidio.

Il marito della vittima in un pubblicitario elettorale

Il presunto assassino avrebbe appeso alla trave la donna già morta facendo intendere di averla trovata in quella posizione dichiarando anche di aver tentato di soccorrerla prima che arrivassero i paramedici del 118 che constatavano il decesso della donna. Già alcuni giorni dopo la tragedia il Pm Serena Rossi, che coordinava le indagini eseguite dai carabinieri, aveva chiesto al Gip abruzzese un ordine di custodia cautelare in carcere nei riguardi di Di Nunzio ma il giudice per le indagini preliminari non l’aveva concesso.

Ora come allora sul presunto autore del femminicidio gravavano e gravano anche diversi indizi di rilievo: marito e moglie erano soli in casa e una perizia stabiliva che i cavi elettrici non avrebbero potuto sopportare il peso della donna. Inoltre la donna, con parenti, amici e conoscenti, non aveva mai palesato intenzioni suicide. Per di più l’esame necroscopico non chiariva esattamente le cause del soffocamento della vittima dunque Di Nunzio rimane a piede libero seppur indagato per omicidio volontario aggravato. Poi la svolta: una verifica tecnica alle registrazioni in possesso degli investigatori rivelava la presenza di una voce femminile che gridava: “Lasciami, lasciami…”. Pochi secondi e poi il silenzio. Ebbene quella voce sarebbe riconducibile alla povera Annamaria mentre veniva strangolata. Anche alcuni vicini di casa, nell’ora stimata del decesso, avrebbero sentito per alcuni istanti le urla di una donna provenire dal garage dunque registrazioni e testimonianze combaciavano.

La villa di Lanciano teatro della tragedia

L’11 gennaio scorso l’ex vigile del Fuoco veniva arrestato e tradotto presso il penitenziario di Villa Stanazzo a disposizione dell’autorità giudiziaria: ”Lui la comandava, si comportava da padre padrone ed era gelosissimo di lei, dicono parenti e amici della coppia dunque è probabile che l’uomo possa aver ucciso per gelosia, per altro ingiustificata, come pare. Per altro la vittima avrebbe manifestato i propri timori nei confronti del marito ad un’amica alla quale aveva confessato di temere per la sua vita tanto da fare testamento. Quella confessione, rivelata agli inquirenti da una delle figlie di Annamaria, è stata considerata un elemento importante dal procuratore Mirvana Di Serio e dal Pm Fabiana Rapino, che hanno ottenuto dal Gip Massimo Canosa il provvedimento restrittivo per il presunto autore del delitto.

A demolire la tesi suicidiaria sostenuta da Di Nunzio sono intervenuti altri fatti praticamente decisivi: Annamaria era già stata aggredita dal marito che aveva preso la moglie a colpi di scopa in testa. Nell’ottobre del 2021 la bidella lasciava la casa coniugale per timore di ulteriori gesti di violenza per poi farvi rientro due mesi dopo. A chi le suggeriva di denunciare quell’uomo irascibile e violento la donna aveva sempre risposto di no. L’indagato, difeso dell’avvocato Silvia De Santis, ha respinto tutte le accuse durante l’interrogatorio di garanzia reiterando ai magistrati inquirenti la propria innocenza.

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