Il sindacato delle toghe non molla la presa e annuncia una serie di mobilitazioni a livello nazionale contro la tanto contestata riforma.
Roma – Contro la riforma che prevede la separazione delle carriere l’Anm annuncia “l’indizione, in relazione all’iter parlamentare di discussione del Ddl, di una o più giornate di astensione dall’attività giudiziaria per sensibilizzare l’opinione pubblica sui pericoli della riforma”. È quanto si legge nel documento approvato al termine del Comitato direttivo centrale che si è tenuto oggi, a Roma. Una decisione che non stupisce visto il braccio di ferro in atto tra la politica e la magistratura sulla riforma che separa le carriere di giudici e pm. Solo ieri la firma del Capo dello Stato Mattarella per l’autorizzazione alla presentazione alle Camere del disegno di legge costituzionale approvato dal governo a fine maggio sulla riforma della giustizia.
Il sindacato delle toghe per questo ha deciso di avviare “immediatamente una mobilitazione culturale e una sensibilizzazione dell’opinione pubblica sui pericoli di questa riforma”. In un documento approvato all’unanimità, “facendo proprie le indicazioni pervenute dalle Giunte esecutive sezionali, all’esito di assemblee molto partecipate svoltesi nei singoli distretti”, si annuncia una mobilitazione che “sia a livello centrale che locale, si articolerà in diverse iniziative”. Tra queste “l’elaborazione di una strategia comunicativa innovativa ed efficace anche con il supporto di esperti” e “lo svolgimento di iniziative comuni su tutto il territorio
coinvolgendo istituzioni locali, avvocatura, scuole, università, esponenti della società civile, sindacati e associazionismo”.
L’Anm attraverso il presidente Giuseppe Santalucia si impegna anche a organizzare “almeno una manifestazione nazionale da svolgersi in un luogo istituzionale significativo” e a creare “luoghi di confronto e sinergia con le altre magistrature”. Previsto anche “il coinvolgimento delle istituzioni europee preposte al monitoraggio dell’indipendenza e imparzialità della magistratura”. Infine “nella eventuale prospettiva di un referendum costituzionale, l’impegno a ogni forma di mobilitazione, inclusa la partecipazione ad eventuali iniziative di comitati referendari”.
Un duro braccio di ferro quello tra la politica e la magistratura quello sulla separazione delle carriere, che si è accentuato dopo l’approvazione in Consiglio dei ministri del disegno di legge. L’Associazione nazionale magistrati aveva annunciato “una mobilitazione importante” e domani ci sarà la resa dei conti. Perché si tratta di una “riforma epocale” per il ministro della Giustizia Carlo Nordio, “necessaria e storica” per la premier. E al di là della vittoria del governo Meloni è davvero un provvedimento che ha del miracoloso. Tra corsi e ricorsi storici nessuno era mai arrivato al traguardo: la politica ostaggio della magistratura era sempre a un passo dalla riforma delle riforme senza mai giungere all’approvazione.
Al centro di tante battaglie per una giustizia giusta ha visto finalmente la luce, tra gli applausi di Palazzo Chigi, la politica ha avuto il suo scatto di orgoglio e – ovviamente ca va sans dire – l’Associazione nazionale magistrati è pronta a scioperare e a ribellarsi, ancora una volta, contro l’attacco alla sua indipendenza. del resto la separazione delle carriere “faceva parte del programma elettorale – ha detto Nordio – ed è tesi che tratto da 25 anni e attua un principio fondamentale del processo accusatorio voluto da Vassalli, eroe della resistenza anche lui favorevole alla separazione che non è riuscito ad attuare, ovvero sulla differenza sostanziale tra pm e i magistrati giudicanti”.
Per questo il Guardasigilli al momento dell’approvazione aveva dedicato un pensiero a due eroi: “Noi crediamo di rendere omaggio alla memoria di due grandi personaggi. Una è quella del collega Falcone, che come sapete era favorevole alla separazione delle carriere. L’altra alla memoria di Giuliano Vassalli, eroe della Resistenza, che aveva voluto il codice accusatorio al quale ci siamo ispirati con questa riforma costituzionale”.