Il 10 febbraio prossimo la Giornata del Ricordo il cui significato è analogo alle altre giornate in memoria delle vittime di tutte le atrocità di regime senza dietrologie e strumentalizzazioni.
La legge 30 marzo 2004 n.92 istituisce, il 10 febbraio di ogni anno, la celebrazione del Giorno del Ricordo, per rinnovare la memoria degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, nonché la vicenda del confine orientale e dell’esodo degli istriani, fiumani e dalmati dalle loro terre nel secondo dopoguerra.
Eppure, ancora oggi, non mancano aspre polemiche politiche al riguardo, come ad esempio la recente querelle nata a Maserada sul Piave (Tv) fra l’attuale giunta di centro destra e l’ex sindaco Anna Sozza, oggi consigliere del Pd. A dicembre, il comune ha deciso di stanziare, in ricordo delle vittime, un fondo di 7.500 euro per l’installazione di una statua, commissionata ad un cittadino maseradese, che verrà posizionata nel parcheggio davanti a Palazzo Don Romero durante la cerimonia di inaugurazione che si terrà il 10 febbraio alle ore 11.
Il Pd locale non si è lasciato sfuggire l’occasione per strumentalizzare l’avvenimento con il già perpetrato negazionismo, declassando le vittime dei massacri titini come morti di serie b: l’ex sindaco Sozza lo definisce un gesto non condiviso con la cittadinanza, con il consiglio e con la stessa A.N.P.I. e, proprio per questo, rappresentativo di un’appartenenza politica e di una presa di posizione.
Non tarda ad arrivare la risposta del primo cittadino, Lamberto Marini, che sostiene fermamente di non essere disposto ad accettare stigmatizzazioni da chi ha sempre negato anche una minima commemorazione di questo evento tragico. Infatti nel 2018, la precedente giunta di centro sinistra non aveva permesso alla lista ”Si cambia”, attraverso pretesti cavillosi, di commemorare gli infobiati con una targa. Il sindaco, sottolineando l’esistenza di un forte legame di Maserada con le Foibe per la presenza, tra le vittime, dei concittadini Giosuè Nave e Aldo Scarabel, rispettivamente finanziere e poliziotto in servizio a Gorizia e a Fiume, ammette di non avere condiviso volontariamente il progetto con i consiglieri negazionisti.
L’eco della controversia giunge sino al Parlamento dove il deputato di Fratelli d’Italia, Luca De Carlo, ribatte alle parole dell’ex sindaco di Maserada:
”…Il dramma delle foibe ormai fa parte di tutte le forze politiche, ma nel Partito Democratico resistono ancora sacche di vetero-comunismo che non sono scese a patto con la storia (…) Le parole dell’ex sindaco rigettano la storia e il dibattito storico- politico italiano indietro di decenni. E’ un’uscita grave e scandalosa: è inaccettabile voler continuare a raccontare solo una parte della Storia, nascondendo come la polvere sotto il tappeto il ricordo di migliaia di morti; ancora più grave che questo accada per bocca di un ex sindaco, che dovrebbe rispettare le leggi dello Stato, e in un comune che ha visto due suoi concittadini finire ingoiati nelle foibe…”.
Nel dibattito interviene anche Floriana Casellato, due volte sindaco di Maserada e attualmente deputato del PD:
” I morti sono tutti morti. Ma non si possono mettere sullo stesso piano due diversi momenti storici. Non si può parlare delle Foibe senza affrontare il periodo dell’occupazione fascista in quelle terre (…) Bisogna sapere cosa è accaduto per aprire un confronto senza pregiudizi sull’intera vicenda…”.
Un perenne scontro ideologico che, a quanto pare, ha trovato una legittimazione da parte dell’apparato legislativo stesso che ne sancisce un’uguaglianza definitiva. A tal proposito, lo stesso Parlamento europeo il 19 settembre 2019 è intervenuto con una risoluzione che equipara nazismo e comunismo, votata da 535 deputati a favore, 66 contro e 52 astenuti: si sono espressi a favore il Ppe, di cui fa parte Forza Italia, il gruppo Identità e Democrazia a cui aderisce la Lega, il gruppo dei Conservatori e Riformisti cui appartiene Fratelli d’Italia e anche quello dei Socialisti e Democratici di cui è membro il Pd. Un atto politico vero e proprio che non permette più la distinzione di comodo tra ”stalinismo” e “comunismo” che finora ha autorizzato molte forze politiche di lucrare su una presunta disparità morale e storica che condannava il nazismo assolvendo il comunismo. E, a parità di apologia di reato, lo scorso mese di gennaio, il deputato friulano di Fratelli d’Italia, Walter Rizzetto, con una proposta di legge presentata al Parlamento e sottoscritta da tutti i deputati del gruppo, ha chiesto:
”…Nuove misure per punire il negazionismo e attribuzione alle Associazioni di esuli fiumani, istriani e dalmati di un ruolo primario per difendere la storia del confine orientale”. Nello specifico, quanto enunciato sopra si tradurrebbe con la variazione dell’articolo 604-bis, terzo comma, del Codice Penale, mediante l’aggiunta, dopo le parole “apologia della Shoah”, dei ”dei massacri delle foibe”.
Ma alla fine dei giochi è davvero giusto che il potere politico si trasformi in un organo giudicante della legittimità delle interpretazioni storiografiche? Se si accetta che siano il potere legislativo o esecutivo, i parlamenti e i governi ad avere potere decisionale sulla fondatezza di una tesi storiografica, non ci riduciamo ad accogliere il principio che la storia sia un campo di opinioni, invece che un campo di ricerca scientifica? Forse abbiamo trascurato le implicazioni di questa tendenza.