Celebrata in tutta Italia la Giornata della Legalità. Il dipinto di Francesco Guadagnuolo I martiri della Giustizia racconta Palermo, come la Vucciria (1974) di Guttuso ha già fatto in passato.
Roma – Un grande dipinto che diviene racconto, forse una delle opere più importanti di Francesco Guadagnuolo: I martiri della Giustizia. L’opera è stata realizzata dall’artista nella Capitale e, nonostante la lontananza, ha avuto sempre un particolare sentimento per la sua Sicilia.
Oggi ricorrono 31 anni dall’uccisione a Palermo del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Il ricordo al Magistrato Falcone viene rappresentato attraverso la grande opera di Francesco Guadagnuolo ed è rivolta a tutti i magistrati che sono stati uccisi solo perché compivano il loro dovere. L’opera vuole anche essere un’opposizione a tutte le mafie e terrorismo e alle loro brutali inutili gesta.
La grande tela (ad olio 200×350 cm) si prospetta nella triste memoria della nostra nazione martoriata dalla corruzione. L’opera nel suo insieme è un inno alla legalità, con l’impressionante reminiscenza di tutti i magistrati ammazzati perché erano contro le mafie e lavoravano per il Paese. Se nel 1974 Renato Guttuso ha lasciato testimonianza di sicilianità con la grande “Vucciria” che immortala Palermo, anni dopo l’artista Guadagnuolo realizza l’opera “I Martiri della Giustizia” per ricordare i magistrati siciliani. Nel celebre dipinto di Guttuso si parla del più importante e caratteristico mercato, con lo sfavillio cromatico, la corporeità della calca e le derrate straripanti sui tavoli. La “Vucciria” non è solo mercato siciliano, è un paese di concordanza di interessi, laddove accadono trattative di ogni genere anche a trama mafiosa, oltre comprare i prodotti dai profumi particolari possiamo dire che rappresenta un passaggio di energia nonché il sentimento della città.
Palermo e la Sicilia – Lotta alla mafia è diventata, grazie a Guadagnuolo per la Città di Palermo, che ci dà una descrizione di una realtà che va sconfitta, mentre grazie a Guttuso per la Città di Palermo, ci dà una realtà quotidiana fatta di cibo, nutrimento di vita, che sono entrambi l’anima simbolica dell’umanità siciliana. I due artisti sembrano bloccare un tempo trascorso ma propagato, consegnandolo alle future generazioni. Nei due quadri di grande dimensione possiamo dire che ci sono delle similitudini. In Guttuso c’è l’accumulo della merce in vendita, una grande natura morta vivace e colorata, in Guadagnuolo ci sono i nomi dei magistrati uccisi dalla mafia fatti di penombre e apparizioni.
In Guttuso c’è l’abbondanza, ne coglie la natura e la sua decadenza, in Guadagnuolo si sente la circolazione culturale di una nuova nascita palermitana contro le faide mafiose, la luminosità dell’esistenza e del sonno eterno, tutto nel rimando del tempo. “I martiri della Giustizia”, l’opera di Guadagnuolo comunica dunque la lotta dello Stato contro la mafia ed esprime un sentito commemoro dei Magistrati siciliani: Agostino Pianta (1969), Pietro Scaglione (1971), Cesare Terranova (1979), Gaetano Costa (1980), Giangiacomo Ciaccio- Montalto (1983), Rocco Chinnici (1983), Alberto Giacomelli (1988), Antonino Saetta (1988), Rosario Angelo Livatino (1990), Giovanni Falcone (1992), Paolo Borsellino (1992). La tela interpreta un’azione pittorica che crea un’accentuata dinamica di attrazione per i forti contrasti cromatici, dove ‘scrittura e gestualità’ coabitano nella stessa “Mens” dell’artista.
Una convulsione motoria del gesto che vuole significare vita e lotta per la vita. La composizione di quest’opera è divisa in 12 riquadri che in realtà formano un tutt’uno dove sono inscritti i nomi degli 11 magistrati. Lo storico Sante Montanaro a proposito di quest’opera scrisse:
“Si tratta di un grande dipinto nel quale i personaggi rievocati s’intersecano con la scrittura. Infatti, tra le figure umane appena abbozzate, inserite in riquadri separati e immerse in un’atmosfera carica di tensione, resa attraverso accese tonalità cromatiche, spiccano a grandi caratteri di stampa da titoli di prima pagina i nomi di vittime della mafia, fra i quali Livatino, Falcone, Borsellino, Chinnici. Come sulla grande tavola di un cantastorie moderno, Guadagnuolo espone qui la tragica sagra determinata dalla violenza mafiosa”.
In realtà, si potrebbe vedere nell’opera di Guadagnuolo l’allegoria di un viaggio la cui meta finale è di cercare di impedire altre stragi. Le paure dell’artista sono fondate perché derivano dagli eventi brutali che tanto hanno scosso l’opinione pubblica. Così l’artista s’investe quasi del ruolo di oratore pubblico che dà voce ai timori individuali, creando un’immagine attraverso la quale possiamo veicolare le nostre esperienze di angoscia in una cultura satura di potenziale violenza spontanea. Guadagnuolo lo realizza nel momento dell’incontro che ci fa scoprire come possa vivere un innovativo realismo in arte, l’accostamento con la consapevolezza della vita e della realtà passata, dandone un realismo “rivelatore” nella sua applicazione di scoprire il mondo con visione transreale, fuori dalla realtà, oltrepassando la storia presente per immergerci nel passato per poi ritornare al presente fondendo i due aspetti.
Questo è il messaggio che intende trasmettere Guadagnuolo a tutti i giovani volenterosi, attraverso il suo dipinto educativo, che porta a migliori risultati nella comprensione della vera cultura, facendoli entrare nella grande tela pittorica, viverla intimamente nella considerazione dei grandi magistrati pionieri della lotta mafiosa che sono, oggi più che mai, indispensabili per il futuro di liberazione della bellissima Palermo dalla morsa delinquenziale. Guadagnuolo ci ha restituito il suo più appassionato dipinto artistico-culturale, espressamente intenso di italianità, sulla realtà della sicilianità che conta nei nomi indimenticabili della Magistratura siciliana.