Bruxelles ci sta chiedendo gentilmente di sovvenzionare un prestito che poi saremo obbligati a risarcire con tessi d’interesse che, se pur esigui, esistono. Insomma, saranno gli stessi cittadini a finanziare la ripartenza? Non è da escludere.
Il nuovo, e forse definitivo, piano dell’Unione Europea per rispondere alla crisi economica prodotta dal Covid-19, è stato annunciato dalla presidentessa della Commissione Ursula von der Leyen in un discorso tenutosi davanti al Parlamento comunitario. L’operazione finanziaria che prevederebbe l’immissione di 750 miliardi per i Paesi membri è stata denominata “Next Generation Ue”. Il pacchetto sarà composto da 500 miliardi di sovvenzioni a fondo perduto e 250 miliardi di euro in forma di prestiti.
“…Le proposte più coraggiose sono anche quelle più sicure – ha dichiarato la von der Leyen – ed è per questo che oggi proponiamo il Fondo “Next Generation Ue” da 750 miliardi, che si aggiungerà ad un Quadro finanziario pluriennale (Qfp) che è stato riveduto a 1.100 miliardi, arrivando così ad un totale di 1.850 miliardi…”. Ad essi si andranno a sommare i 540 miliardi delle misure già approvate, ossia Mes light, Sure per la disoccupazione e fondi Bei.
Un piano controverso dunque che dietro il semplicismo delle parole di Layen nasconde insidie a più non posso. Il discorso della presidentessa ha provocato reazioni contrastanti, aggravando ancor di più la distanza delle vedute interne. I Paesi Bassi, nello specifico, hanno guardato con distacco a questa nuova strategia e dagli scranni olandesi si sono alzate molte critiche: “…Le posizioni sono lontane e questo è un dossier che richiede l’unanimità – dichiarano i politici di Amsterdam – quindi i negoziati richiederanno tempo. È difficile pensare che questa proposta potrà essere il risultato finale di quei negoziati…”.
Ben diversa è stata la reazione nostrana. Il primo ad esultare per questo nuovo intervento è stato Paolo Gentiloni che dal suo account Twitter non le manda a dire: “…La Commissione propone un Recovery Fund da 750 miliardi che si aggiunge agli strumenti comuni già varati. Una svolta europea per fronteggiare una crisi senza precedenti…”.
Fa bene l’ex premier ad esultare? È ancora presto per dirlo ma certamente alcune cose andrebbero chiarite subito, almeno prima della votazione definitiva del 18 e 19 giugno. Innanzitutto l’Italia si avvantaggerà di un’erogazione di 127,7 miliardi (cui 81,807 sotto forma d’aiuti e 90,938 sotto forma di prestiti), ovvero la quota più alta destinata a un singolo Paese. Ma come verranno rimborsati i quasi 91 miliardi di credito nei confronti dell’UE? L’idea è che il debito emesso dovrà essere restituito tra il 2028 e il 2058 attraverso il bilancio comune post 2027. Per reperire i fondi Bruxelles propone di immettere nuove tasse sulle emissioni, sulle grandi multinazionali, sulla plastica e di rimodulare la web tax. Strategia non semplice se consideriamo che molte multinazionali e leader tecnologici hanno le loro sedi fiscali e legali fuori dai confini comunitari. E che, qualora fossero costretti a pagare di più, potrebbero rifarsi aumentando il prezzo dei propri prodotti provocando una contrattura sui consumi. Fatto questo, come diciamo da varie settimane, che porterebbe ad un inevitabile e drastica deflazione.
Inoltre la Commissione otterrà i 750 miliardi di euro innalzando “temporaneamente” il tetto delle risorse proprie del bilancio comune al 2% del Pil Ue, con un budget da 1.100 miliardi che sarà proposto da Palazzo Berlaymont. Ovvero? Molto semplice. Da quanto emerge dalle normative europee, il bilancio annuale dell’Unione Europea equivale a circa l’1 % della ricchezza nazionale della comunità, con un importo pro capite per cittadino pari a circa 244 euro. Così la Commissione otterrà la possibilità di attingere molto di più di quanto versato dai cittadini stessi. Considerato poi che le principali entrate dell’UE provengono dai dazi doganali, dall’IVA, dall’RNL e dalle risorse di origine agricola, Bruxelles ci sta chiedendo gentilmente di sovvenzionare un prestito che poi saremo obbligati a risarcire con tassi d’interesse che, seppur esigui, esistono. Insomma saranno gli stessi cittadini a finanziare la ripartenza? Non è da escludere. Forse è ancora troppo presto per festeggiare. Non credete?