Sfilano le vittime uccise dai loro cari, e il grido biblico che sale dalle città impazzite torna prepotente a far sentire la sua voce.
Roma – Stragi in famiglia, figli che uccidono i genitori, padri e madri che compiono misfatti indicibili. Lotte fratricide e vendette nel focolare dove ognuno dovrebbe sentirsi al sicuro. E quel tutti contro tutti che assume le forme bibliche di Sodoma e Gomorra. Il “peccato” è tra di noi, e uccidere diventa un fenomeno sociale che giorno dopo giorno assume forme sempre più aberranti. Quello che colpisce in questo ritorno biblico è che il “peccato” di cui si sarebbero macchiati gli abitanti di Sodoma è l’ingiustizia, l’idolatria, l’egoismo, l’indisponibilità all’accoglienza, l’odio per lo straniero, la presunzione di essere dalla parte del giusto, della civiltà, del diritto. Una corrispondenza che lascia attoniti e sbalorditi con la realtà attuale.
Quella comunità di Sodoma, una realtà di uomini e donne che hanno come idolo pratiche di prepotenza, denaro e potere, piccolo o grande che sia, e che non solo non accoglie lo straniero ma anche chi gli è più vicino. Il vicino, inteso come figlio, padre, madre, fratelli e sorelle che decidono di distruggere tutto. Quel vicino è il nemico che ricorda come nell’Antico Testamento, con la distruzione di Sodoma e Gomorra, Dio punisce gli uomini “Perché hanno abbandonato il patto dell’Eterno”. Nella Bibbia al capitolo 18 della Genesi Dio rivela a Abramo che sta per distruggere Sodoma e Gomorra, perché “il loro peccato era molto grave” e “il grido che saliva dalle loro città era troppo grande”.
Il grido che sale dalle nostre città è assordante: nell’incredulità abbiamo visto sfilare le vittime delle stragi famigliari. L’ultimo caso che ha scosso l’opinione pubblica e solleva quel grido è quello di Nuoro, con un terrificante il bilancio della strage familiare avvenuta nel quartiere di Monte Gurtei, dove un padre di famiglia ha ucciso la moglie, la figlia di 26 anni, un altro figlio di 10 anni e un vicino di casa e ha ferito gravemente l’anziana madre e colpito anche il terzo figlio di 14 anni, per poi togliersi la vita. Roberto Gleboni, operaio forestale di 52 anni, ha compiuto la sua mattanza.
Sodoma e Gomorra è anche il quarto volume dell’opera di Marcel Proust “Alla ricerca del tempo perduto”. La scelta di questo titolo è probabilmente dovuta al fatto che il celebre romanziere era convinto che l’umanità stesse andando verso il degrado totale, proprio come era stato per gli abitanti delle due città. Nelle stragi in famiglia di oggi – Paderno Dugnano docet – assistiamo al degrado totale dei giovani, intrappolati nell’iperconnessione digitale, il bullismo online e offline, la pressione scolastica e la crescente incertezza sul futuro. Da un punto di vista sociologico, spaventa quello che possiamo definire un crescente senso di ”nichilismo emotivo”, emerso anche dalle parole dell’omicida nella strage di Paderno Dugnano della famiglia . ‘‘Non c’è un vero motivo per cui li ho uccisi. Mi sentivo un corpo estraneo nella mia famiglia Chiarioni. Oppresso. Ho pensato che uccidendoli tutti mi sarei liberato da questo disagio. Me ne sono accorto un minuto dopo: ho capito che non era uccidendoli che mi sarei liberato”, ha detto il 17enne, crollato dopo ore di interrogatorio.
Del nichilismo parla anche il filosofo Umberto Galimberti: “I giovani stanno male, piuttosto male”, sono le parole con cui inizia il suo saggio dal titolo La condizione giovanile nell’età del nichilismo, in cui affronta il tema del disagio giovanile nella società attuale. Le ragioni di questo malessere non sono solo quelle psicologiche tipiche dell’età adolescenziale, ma sono accompagnate e aggravate da un’altra ragione, ben più importante e specifica, quella culturale: per loro infatti il futuro non è più una promessa e il presente diventa un assoluto da vivere con una intensità tale da seppellire l’angoscia che deriva dalla mancanza di senso che attraversa la società contemporanea. “Un ospite inquietante, il nichilismo, si aggira tra di loro, penetrando nei loro sentimenti e nei loro pensieri, – scrive – annullando tutte le loro prospettive e i loro sogni”.
Incapaci di descrivere il loro malessere esistenziale, inabissati nel loro analfabetismo emotivo, i giovani annaspano in un presente caratterizzato da una desolazione comunicativa, dove la famiglia e la scuola non riescono più a configurarsi come certezze in questo oceano di incertezze. Non a caso, il filosofo argentino Miguel Benasayag chiama quest’epoca “l’epoca delle passioni tristi”, sostenendo che per i giovani di oggi il futuro non è una promessa bensì una minaccia. La pandemia, aggiunge Galimberti, ha solamente aumentato un distanziamento sociale già in atto. Non ci si incontra più, non c’è più dialogo e quando non c’è dialogo, i problemi vengono amplificati”.
A parlare dell’emergenza sociale delle stragi famigliari e dell’aumento della violenza è anche Francisco Mele, psicoterapeuta, criminologo, docente, didatta del Centro Studi di Terapia Famigliare nel saggio “Mio caro nemico”. Mele ha lavorato in Argentina nell’ospedale psichiatrico giudiziario, carceri e ha diretto un istituto minorile, ed è stato successore di Jorge Mario Bergoglio come professore di psicologia al Collegio del Salvador di Buenos Aires diretto dai Gesuiti. Nel saggio si indaga sul piano macrosociale circa la violenza esaltata dalla attuale crisi economica, e trasferita all’ambito familiare attraverso il modello della competizione all’estremo, del guadagno come obbiettivo senza proporzione rispetto al rischio e della logica del tutto o niente.
A livello microsociale si è verificato un aumento della violenza nei piccoli gruppi e soprattutto all’interno delle famiglie: si tratta di una polemologia del quotidiano. Essa riguarda la guerra che si verifica a diversi livelli in ambito sociale, familiare e istituzionale. E’ la guerra che tutti i giorni ogni soggetto, in maniera consapevole o inconsapevole, sostiene per poter affrontare le sfide dell’esistenza. Le strategie e le tattiche adottate dagli Stati in guerra si ritrovano così con analoghe dinamiche nel sociale e nel privato.