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La morte della Corrente del Golfo

L’aumento delle temperature colpisce anche gli oceani. La scienza si divide sulle tempistiche, ma la sorte della Corrente del Golfo sembra segnata. Ma non sarebbe l’unica sciagura.

Roma – La Corrente del Golfo a rischio scomparsa. Il costante aumento delle temperature sta veramente frantumando i “cabasisi”, tanto per utilizzare una terminologia cara al commissario Montalbano, il protagonista dei romanzi di Andrea Camilleri. È un assillo continuo, non se ne può più! L’ultimo allarme riguarda uno studio apparso sulla rivista scientifica multi disciplinare “Nature Communications”. A causa dell’aumento delle temperature, la corrente del Golfo rischia di diminuire, con gravi conseguenze sul clima.

Le correnti sono masse d’acqua in movimento e attraversano gli oceani. Si formano per vari fattori, tra cui il vento, la temperatura, la salinità e la forma dei fondali marini. La corrente in pericolo è quella del Golfo. Nasce nei Caraibi e spinta dal vento si sposta verso le coste orientali degli Stati Uniti, per poi attraversare l’Atlantico settentrionale, sino alle coste europee. Ha una funzione determinante nella regolazione del clima, dal momento che, portando con sé un’enorme quantità di acqua calda, riesce a riscaldare le coste atlantiche statunitensi ed europee, agendo da termoregolatore.

Se si fermasse la Corrente che cosa accadrebbe al clima europeo?

Ma la sua missione non termina qui. Infatti, influisce sulle precipitazioni di queste zone, favorendo la biodiversità. L’aumento delle temperature, causato dalle emissioni di anidride carbonica, ha coinvolto anche aria e oceano. Questo fattore rallenta le capacità delle correnti di andare in profondità, dal momento che le acque calde sono poco dense. Come se non bastasse, le alte temperature stanno provocando lo scioglimento dei ghiacciai al Polo Nord.

Gli scienziati sono in disaccordo sul tempo che resta a disposizione prima che la corrente collassi del tutto. Malgrado l’evidenza dei segnali di riduzione dell’intensità della corrente, secondo l’ultimo rapporto dell’IPCC, il gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, è abbastanza improbabile la scomparsa definitiva della corrente del Golfo entro la fine di questo secolo. L’IPCC, com’è noto, è il foro scientifico formato nel 1988 da due organismi dell’ONU, l’Organizzazione meteorologica mondiale e il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente allo scopo di studiare il riscaldamento globale.

Ma, a dimostrare che anche nella scienza può essere violato “l’ipse dixit” di pitagorica memoria, altri studiosi affermano il contrario. Ovvero, che si potrebbe recitare il “de profundis” alla corrente del Golfo tra il 2025 e il 2095, con il 2057 che rappresenterebbe l’anno in cui le probabilità sono maggiori. Per giungere a queste devastanti conclusioni, gli studiosi hanno analizzato i dati statistici delle temperature dell’oceano relative agli ultimi 150 anni. Ora, a prescindere dalle diatribe scientifiche, tutti gli esperti sembrano d’accordo sulla stretta correlazione tra aumento della temperatura e ridimensionamento della corrente del Golfo. Senza parlare dell’importanza di ridurre le emissioni globali di gas serra.

Dovremmo mettere in preventivo nuove sciagure?

Trattandosi di previsioni potrebbero anche non avverarsi, ma è innegabile l’impatto avverso del riscaldamento globale sulla Corrente del Golfo e non solo. Stride che i provvedimenti delle istituzioni preposte per la riduzione delle emissioni dei gas serra non siano stati attuati o siano serviti a poco. L’IPCC, la massima autorità scientifica dell’ONU in materia di riscaldamento globale, è stato istituito nel 1988, parliamo di 35 anni fa, ma da allora si è assistito a un continuo aumento delle emissioni. Per spiegare l’arcano, restano due ipotesi: o questi eminenti studiosi ci hanno capito poco finora, oppure chi doveva risolvere il problema (ipotesi più plausibile) si è comportato come le famose tre scimmiette della cultura giapponese: “non vedo, non sento, non parlo”!

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