La procura punta a confermare l’ergastolo e ottenere le aggravanti di stalking e crudeltà negate in primo grado.
Venezia – Il 14 novembre 2025 prenderà il via presso la Corte d’Assise d’Appello di Venezia il processo a Filippo Turetta per l’assassinio di Giulia Cecchettin, la studentessa di 22 anni brutalmente uccisa nella notte tra l’11 e il 12 novembre 2023. Nell’aula bunker di Mestre si scontreranno due visioni giuridiche opposte: l’accusa cercherà di rafforzare la condanna all’ergastolo pronunciata in primo grado, mentre i legali dell’imputato lavoreranno per alleggerire la pena.
La storia di Giulia e Filippo
Giulia Cecchettin nasce a Padova il 5 maggio 2001. Iscritta al corso di ingegneria biomedica presso l’ateneo patavino, è figlia dell’ingegnere Gino Cecchettin e di Monica Camerotto, impiegata scomparsa nell’ottobre 2022 a causa di una grave patologia. La famiglia si completa con la sorella maggiore Elena e il fratello minore Davide. Il destino crudele volle che proprio il 16 novembre 2023, appena cinque giorni dopo la sua morte, Giulia avrebbe dovuto presentare e discutere la sua tesi di laurea.

Nel corso degli studi universitari incontra Filippo Turetta, giovane della sua stessa età proveniente da Torreglia, comune della provincia padovana. Tra i due nasce un legame sentimentale che si protrae per circa dodici mesi, fino a quando Giulia decide di interrompere la relazione nell’agosto 2023. La rottura, tuttavia, non segna la fine dei loro rapporti: Filippo persiste nel contattare l’ex fidanzata, ricorrendo a ricatti emotivi e minacce autolesioniste, sostenendo che l’esistenza senza di lei sia priva di significato. Giulia, preoccupata che possa effettivamente attuare gesti estremi, non riesce a recidere completamente i legami, pur confidando alle amiche più strette il proprio disagio e il desiderio di liberarsi definitivamente da quella presenza soffocante.
La sera del delitto
Nella serata dell’11 novembre 2023, Filippo si presenta a casa di Giulia per prenderla verso le ore 18. Prima di uscire, la ragazza invia una comunicazione elettronica alla docente relatrice della sua tesi, trasmettendole la stesura finale del lavoro che avrebbe dovuto esporre di lì a pochi giorni. La coppia si dirige verso un centro commerciale di Marghera, dove Giulia intende acquistare delle calzature per la cerimonia di laurea, per poi consumare la cena presso il McDonald’s della struttura alle ore 21.02. Nel corso della serata, Giulia intrattiene una corrispondenza via messaggio con la sorella Elena. L’ultima comunicazione viene registrata alle ore 22.43 di sabato 11 novembre. Da quel momento, di entrambi i giovani si perdono completamente le tracce.
L’aggressione e l’omicidio
Gli eventi successivi verranno ricostruiti dalle forze dell’ordine attraverso testimonianze dirette e il supporto delle registrazioni dei sistemi di videosorveglianza. Un residente nelle vicinanze dell’abitazione dei Cecchettin riferisce di aver udito le grida disperate di una giovane donna che implorava aiuto dal parcheggio di via Aldo Moro, situato a circa cento metri dalla dimora di Giulia. Le successive indagini riveleranno che quella voce apparteneva proprio alla vittima, che subì la prima aggressione da parte di Filippo Turetta alle ore 23.18 del sabato sera. Nonostante la tempestiva segnalazione ai carabinieri, quando i militari raggiungono il luogo segnalato, la Fiat di colore scuro dell’aggressore è già scomparsa.

I dispositivi di sorveglianza installati lungo le arterie stradali di diversi Stati europei documentano il tragitto dell’automobile: il veicolo viene individuato prima in territorio friulano-giuliano, successivamente in Alto Adige e infine oltre confine, in Austria. Una delle registrazioni più significative, catturata nel parcheggio di un’azienda calzaturiera di Fossò, nelle vicinanze di Vigonovo, mostra un individuo che percuote violentemente una figura femminile per poi trascinarne il corpo all’interno del bagagliaio del veicolo. Nel sito dell’aggressione, gli investigatori rinvengono una lama da taglio della lunghezza di 21 centimetri.
L’esame autoptico accerterà che Giulia è stata uccisa intorno alle 23.40 di sabato sera. Aggredita una prima volta fuori casa, è stata poi finita durante la seconda, mortale aggressione nel parcheggio di Fossò. Giulia ha provato a fuggire ma Turetta l’ha colpita alle spalle, 75 le coltellate inferte. Quella mortale all’altezza della cervicale sinistra ha causato la morte per dissanguamento.
La fuga e l’arresto
Dopo aver ucciso Giulia, Turetta carica il corpo nell’auto e inizia una fuga disperata attraverso l’Europa. Il 18 novembre 2023, esattamente una settimana dopo la scomparsa, una squadra cinofila della protezione civile del Friuli-Venezia Giulia individua il cadavere di Giulia nei pressi del lago di Barcis. Il corpo è adagiato in un anfratto roccioso nel bosco e ricoperto da alcuni sacchi di plastica neri.
La sera stessa del ritrovamento del corpo, la polizia tedesca arresta Filippo Turetta in Germania, mentre è fermo con l’auto rimasta senza carburante sulla corsia d’emergenza dell’autostrada A9 tra Bad Dürrenberg e lo svincolo Rippachtal. Il 22enne ammette subito le sue responsabilità, riferendo agli agenti di aver ucciso una ragazza. Il 25 novembre 2023, una settimana dopo la cattura, viene estradato in Italia con un volo speciale dell’Aeronautica militare atterrato a Venezia. Da allora è detenuto nel carcere di Verona.
La sentenza di primo grado
Il collegio presieduto da Stefano Manduzio, con giudice a latere Francesca Zancan e sei giurati popolari, ha condannato Turetta all’ergastolo riconoscendo l’aggravante della premeditazione, basandosi sulla lista di oggetti che aveva compilato nei giorni precedenti il delitto: “corde, scotch, coltello”.
Tuttavia, la giuria non ha riconosciuto due aggravanti fondamentali. La prima riguardava la crudeltà: “Non vi è certezza che egli volesse infliggere alla vittima sofferenze gratuite e aggiuntive”, secondo le motivazioni, “Non è a tal fine valorizzabile, di per sé, il numero di coltellate inferte”. La seconda aggravante negata è stata quella dello stalking: pur riconoscendo condotte “moleste, prepotenti e vessatorie”, per l’Assise Giulia “non aveva paura di lui”.
Le strategie processuali in appello
Il pubblico ministero Andrea Petroni ha presentato appello contestando queste valutazioni. Secondo l’accusa, i 300 messaggi al giorno inviati da Turetta e le 75 coltellate inferte (il numero emerso durante il processo, superiore alle 20 inizialmente accertate) meritano una nuova valutazione. L’obiettivo della procura generale è consolidare l’ergastolo e ottenere il riconoscimento delle aggravanti negate.

La difesa, guidata dagli avvocati Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, punta invece a far cadere l’aggravante della premeditazione e ottenere il riconoscimento delle attenuanti generiche, facendo leva sulla collaborazione processuale di Turetta che, dopo un periodo di bugie, aveva fornito elementi utili alle indagini.
Al processo d’appello sarà presente come parte civile la famiglia Cecchettin, rappresentata dagli avvocati Stefano Tigani, Piero Coluccio e Nicodemo Gentile. Il caso di Giulia Cecchettin ha scosso profondamente l’opinione pubblica italiana, diventando simbolo della lotta contro la violenza di genere e il femminicidio.