La destra di governo 30 anni dopo la svolta di Fiuggi, tra bilanci e futuro

Al Senato i protagonisti di quella stagione si interrogano, assieme ai nuovi, su quali passi compiere, senza rinnegare il cammino fatto.

Roma – Sono trascorsi 30 anni dalla svolta di Fiuggi, che decretò l’addio al Movimento sociale italiano e
battezzò la nascita di Alleanza Nazionale, sotto la guida di Gianfranco Fini. Una storia condivisa nel tempo: dall’Msi, passando per Alleanza nazionale, arrivando a Fratelli d’Italia, forze di una destra nazionale, legata nel tempo da una passione comune, quella dell”amore per l’Italia. Bilanci e riflessioni della destra tra passato e futuro sono offerte dalla Fondazione Tatarella con il convegno ospitato al Senato “Alleanza Nazionale, a 30 anni dalla nascita di governo”. Tra gli oratori, oltre a Fini, la seconda carica dello Stato Ignazio La Russa, il ministro Adolfo Urso e il responsabile organizzativo di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli. 

“La forza autentica della comunità di destra è che chi si colloca lì, lo fa perché non vuole vantaggi personali, ma sceglie quella parte per ‘amore dell’Italia’, come avrebbe detto Giorgio Almirante”, assicura Gianfranco Fini, facendo la sintesi della ‘sua’ storia repubblicana al convegno che ricorda il congresso di Fiuggi del gennaio del 1995. A lui si associa il presidente La Russa, ringraziando pubblicamente Fini per la sua svolta, ricordando il primo slogan voluto da Meloni per FdI: “Volle scritto ‘a testa alta’” e ora “la nostra caratteristica ieri come oggi e spero domani è quello di guardare al nostro presente e al nostro passato a testa ‘non alta’, ma ‘altissima’”.

Gianfranco Fini

“Non si poteva chiedere a Almirante di rinnegare se stesso, ma aveva detto che non voleva restaurare”, dice sempre il fondatore di An Fini, aggiungendo che per il Msi “il tema, la questione era la presunzione di quei partiti che tenevano fuori dalla dialettica politica una forza legittimata democraticamente”. “Poi ci hanno scelto per l’onestà, quella dei nostri padri”, spiegherà ancora La Russa. Donzelli, che si rammarica di non aver potuto conoscere personalmente Pinuccio Tatarella per motivi anagrafici (“era uno che non andava in tv, lo sentivo alla radio”) parla di fascismo: “Non abbiamo nessun problema ad ammettere, come è scritto nelle tesi di Fiuggi, che l’antifascismo è stato un momento essenziale, ma la sinistra deve capire che non basta essere antifascisti per essere democratici”, è quanto scandisce tra gli applausi.

“I destinatari principali del lavoro di Tatarella e di quel gruppo erano le nuove generazioni – racconta Fabrizio Tatarella – . Fiuggi segna un prima e un dopo nella storia della destra e oggi abbiamo un premier e la seconda carica dello Stato e un vicepresidente esecutivo in Ue”. “An – spiega – ha permesso di esprimere l’attuale classe dirigente italiana, ora quindi manca un ultimo passaggio: l’elezione di un presidente della Repubblica, proveniente dalla destra italiana”. Donzelli cita poi uno dei coprotagonisti della storia del centrodestra italiano, Silvio Berlusconi. Donzelli premette: “Non voglio essere frainteso, Berlusconi ci manca, manca il suo sole in tasca, la sua genialità, il suo essere empatico, la sua capacità di tenere unite tutte le anime” di quell’area politica”.

Forza Italia Consensi ilgiornalepopolare
Silvio Berlusconi

“Ma dire che Berlusconi ha sdoganato la destra è un falso storico, perché la svolta della destra è stata quella di capire il momento” topico che aveva di fronte nel 1993, ovvero quando cambiò la legge sull’elezione diretta nei comuni, e da lì arrivò la candidatura di Gianfranco Fini per il comune di Roma e “Berlusconi, che era arguto, ci mise il cappello sopra, ma il fenomeno era partito. Gli italiani si stavano dividendo tra destra e sinistra. Non è grazie a Berlusconi che la destra è cresciuta”. “Grazie a Berlusconi la destra ha vinto le
elezioni,
ma – osserva Donzelli – la nascita di Forza Italia è stata anche un freno alla nascita di una destra di governo già allora, un freno al partito della nazione”, come è adesso Fratelli d’Italia. “Ne ha rallentato i tempi, perché gli elettori di quell’area di destra avevano già FI da votare”.

Infine, Donzelli rivendica “i cambiamenti storici compiuti” “non perché ce lo chiedeva la sinistra”, da cui “non accettiamo patenti di democraticità”, “non abbiamo nessun problema ad ammettere che l’antifascismo è stato un momento essenziale, ma la sinistra deve capire che non basta essere antifascisti per essere democratici”. Anche La Russa è certo del fatto che la destra abbia tutte le carte in regola per stare dove è arrivata, sempre “a testa alta”, scandisce ricordando lo slogan che comparve sui manifesti di FdI alla prima sfida elettorale delle europee subito dopo la sua nascita. Uno slogan che volle Giorgia Meloni e che “ancora oggi ci caratterizza”. Per il presidente del Senato, però, se è “vero che non è stato Berlusconi a sdoganare la destra, perché lo hanno fatto i nostri padri con il loro esempio di come si fa politica, il loro comportamento e la loro onestà quando la questione morale era il tema centrale, è altrettanto vero che senza Berlusconi noi saremmo sì potuti essere già allora primo partito, ma avrebbe vinto la sinistra”.

Dunque, “dobbiamo guardare al nostro passato e al nostro presente, ma anche al nostro futuro, a testa alta”. E se per Urso con Meloni a palazzo Chigi “l’Italia è diventata il faro che indica la rotta all’Europa”, per Fabrizio Tatarella ora manca solo l’ultimo passo, “l’elezione di un presidente della Repubblica proveniente dalla destra italiana”.

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