La crisi nera dell’automotive e quel conflitto mai sopito sul caso Stellantis

Le parole dell’ad Tavares in Parlamento riaccendono lo scontro sull’azienda che dal 2021 ha man mano trasferito la produzione all’estero.

Roma –  La crisi del settore dell’automotive, i costi proibitivi dell’energia, e le vendite delle auto elettriche che arrancano per dirla in maniera soft. Carlos Tavares, amministratore di Stellantis, è finito al centro di nuove critiche da parte della politica e dell’economia italiana, dopo il suo intervento in Parlamento in cui ha difeso la propria gestione, e presentato un piano di produzione fino al 2030. Le sue obiezioni sui costi di produzione più elevati in Italia rispetto ad altri Paesi, e la sua richiesta d’incentivi, hanno suscitato reazioni dure, tra cui quelle di Carlo Calenda, Matteo Salvini e Adolfo Urso, che ora sottolineano la necessità di responsabilità e investimenti nel settore. Maurizio Landini della Cgil ha definito la situazione “drammatica”. Ma per Tavares l’Italia è diventato un “campo di battaglia”.

Lo scontro tra Stellantis e le forze politiche e sindacali si riaccende dopo la convocazione di Tavares in Commissione Attività Produttive della Camera. L’ultimo atto di questa bagarre riguarda la decisione della Lega di lanciare, su Stellantis, quella che definisce “l’operazione-verità”. Il partito di Matteo Salvini è pronto a ogni iniziativa parlamentare – a partire da una serie di interrogazioni – per chiedere quanto denaro pubblico ha incassato il gruppo negli anni, quanti lavoratori italiani sono stati licenziati o messi in cassa integrazione e quanti stabilimenti sono stati aperti all’estero. Il Carroccio, che esprime “solidarietà” ai lavoratori del settore dell’automotive e in particolare a quelli del gruppo Stellantis, è pronto alla battaglia: “Faremo sentire la loro voce in tutte le sedi”. Intanto i lavoratori faranno sentire direttamente la loro voce il 18 ottobre, con uno sciopero generale.

Carlos Tavares e John Elkann

Dopo l’audizione di Tavares presso le commissioni parlamentari i sindacati non hanno infatti ricevuto rassicurazioni concrete riguardo il futuro degli stabilimenti italiani e la salvaguardia dei posti di lavoro. A confermarlo è Rocco Palombella, segretario generale di Uilm, che ha dichiarato: “Non abbiamo ricevuto alcuna rassicurazione concreta sul futuro degli stabilimenti italiani e sulla salvaguardia occupazionale, in particolare per i lavoratori dell’appalto e della componentistica che stanno subendo i peggiori effetti della crisi. Abbiamo ascoltato solo richieste di incentivi per l’acquisto di auto elettriche e aiuti fiscali per ridurre il costo dell’energia. Tavares afferma di non voler lasciare l’Italia, ma negli ultimi tre anni abbiamo perso oltre 12mila posti di lavoro e non ci sono impegni vincolanti su investimenti e nuovi modelli, anche non elettrici, che possano garantire il futuro dei siti produttivi”.

Ma da dove inizia la storia, e il caso Stellantis? A gennaio del 2021 la fusione di PSA, l’azienda francese che produce Peugeot e Citroën, e FCA, l’azienda italo-americana nata a sua volta dalla fusione di FIAT e Chrysler. Una “mossa” dell’azienda per rispondere alla perdita di competitività del modello produttivo della FIAT. Ma dalla sua nascita Stellantis ha progressivamente trasferito all’estero gran parte della produzione e progettazione. E qui erano piovute critiche della politica e dei sindacati. Così all’inizio dell’anno Tavares aveva detto che il gruppo voleva tornare a produrre in Italia un milione di veicoli entro il 2030, un obiettivo che appare lontano dall’essere realizzabile, vista la situazione attuale. L’ad dell’azienda non vuole abbandonare l’Italia – almeno a parole – cambiando rotta rispetto al passato e rispetto ai fatti. Ma qual è la realtà?

Una delle fabbriche di Stellantis

concessionari Stellantis lanciano (indirettamente) un appello al gruppo, affinché chieda all’Europa di spostare i limiti UE sulle emissioni auto dal 2025 al 2027. Se non dovesse esserci alcun rinvio fra solo pochi mesi il limite massimo sarà di 95 grammi di anidride carbonica per chilometro. Un obiettivo fin troppo ambizioso, secondo i punti vendita della società. Non la vede così Tavares. Per l’amministratore delegato del colosso italo-franco-americano, la rotta è stata stabilita e occorre adeguarsi. Secondo l’alto dirigente, ipotizzare una modifica delle normative europee sulle emissioni di CO2 sarebbe surreale. Le regole sono note da molto tempo, perciò gli operatori di settore hanno avuto modo di attrezzarsi, ha spiegato il numero uno di Stellantis, secondo cui servono nuovi incentivi statali per aiutare le persone a comprare auto elettriche, perché al momento almeno in Italia non è possibile abbassare i costi di produzione.

Perché costruire un’auto elettrica in Italia costa molto di più rispetto alla media degli altri paesi, soprattutto a causa dei costi elevati dell’energia. Le commissioni parlamentari avevano convocato Tavares proprio per chiedere chiarimenti sui piani dell’azienda che nell’ultimo anno ha ridotto fortemente la produzione in Italia e chiesto la cassa integrazione per migliaia di operai dei suoi stabilimenti. E oggi, mentre la polemica in Italia continua, da Parigi – dove oggi si apre il Salone dell’auto – Tavares in un’intervista al quotidiano francese Les Echos, fa notare: “L’anno scorso abbiamo investito 14 miliardi di euro. Un margine a due cifre è un impegno che ho preso nell’ambito del piano Dare Forward 2030, presentato nel 2022. Se il contesto rende completamente insensato il raggiungimento di questo obiettivo, non ci aggrapperemo a esso a tutti i costi. Non siamo pazzi”.

Carlos Tavares

La questione, ha spiegato Tavares, “non riguarda tanto i margini a due cifre, quanto la necessità di mantenere l’azienda competitiva, di mantenere una redditività sufficiente per investire e stare al passo con i migliori del mondo. Altrimenti, tra tre o cinque anni ci troveremo in guai seri, con un sotto-investimento forzato dovuto all’autocompiacimento per la redditività”. In un contesto di mercato turbolento per tutti i costruttori auto, sarà necessario chiudere fabbriche? “Non dovremmo escludere nulla”. Alcuni dicono che “non possiamo tagliare i costi perché la forza lavoro di Stellantis è al limite. Se questo dovesse essere il caso, ovviamente ne terremmo conto – ha detto – per proteggere i dipendenti. Ma allo stesso tempo, non vedo come possiamo resistere a concorrenti che, dal punto di vista tecnologico, sono altrettanto bravi o addirittura più forti di noi, e che costano il 30% in meno, se non posso tagliare i costi. Ciò che potrebbe amareggiarci è vedere che l’ovvio non entra nella testa di certi decisori”.

In occasione del Mondial de l’automobile, Tavares chiarisce che dopo “alcuni giorni di agitazione nei media sulla mia successione, il sostegno unanime del Cda e del suo presidente John Elkann ha permesso a tutti di ritrovare la concentrazione e di lavorare con calma fino alla scadenza del mio contratto, all’inizio del 2026. Questo ci dà tutto il tempo necessario per fare progressi su una serie di questioni operative con un team rivisto secondo il principio dell’efficienza. I tempi che il nostro settore sta attraversando ci impongono di avere le persone migliori nelle posizioni chiave”, ha detto Tavares. Il Ceo ha spiegato che la società si trova ad affrontare “una situazione brutale, unica per noi. In un contesto molto turbolento, ci abbiamo messo del nostro fallendo il nostro piano di marketing americano nel secondo trimestre. Abbiamo provato qualcosa di innovativo, ma non ha funzionato”.

Altre immagini degli stabilimenti di Stellantis

Alla luce di questa drammatica e annosa situazione, è stato confermato lo sciopero generale del settore automobilistico previsto per il 18 ottobre, come segnale forte sia a Stellantis che al Governo. Il segretario generale di Uilm Palombella è sul piede di guerra: “Vogliamo un incontro a Palazzo Chigi con Meloni e Tavares. Senza risposte, siamo pronti a una mobilitazione a oltranza”. Samuele Lodi, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile settore mobilità gli fa eco: “Non è emersa nessuna novità sulle politiche industriali del gruppo in Italia in grado di rilanciare  produzione, ricerca e sviluppo e occupazione. Tavares ha addossato tutta la responsabilità della crisi delle vendite al quadro legislativo europeo, che pure ha le sue responsabilità, e ha chiesto ancora una volta la richiesta di ulteriori incentivi per sostenere la domanda di auto elettriche.

Per la Fiom-Cgil bisogna invece “intervenire sull’offerta, perché a fronte degli incentivi di 950 milioni di euro già utilizzati per gli ecobonus, quest’anno produrremo meno di 300 mila autoveicoli e sta aumentando la cassa integrazione in tutti gli stabilimenti italiani. I soli incentivi non servono a risolvere la crisi del settore automotive in Italia, è necessario un piano straordinario per rilanciare il settore. Dopo l’audizione in Parlamento di Tavares si fa ancora più urgente la necessità di una convocazione a Palazzo Chigi con Stellantis e le organizzazioni sindacali”.

Ci mette un punto il ministro per le Imprese, Adolfo Urso, intervenendo al convegno dei giovani imprenditori di Confindustria. ”Credo che ieri Tavares si sia reso conto, nelle reazioni dei parlamentari e anche dei sindacati, che hanno indetto uno sciopero per il giorno venerdì 18, che il sistema Paese, unito, maggioranza e opposizione, sindacati e imprese dell’autovetture, chiedono alla grande multinazionale che è nata in
Italia di restare in Italia e di affrontare con noi la sfida della transizione ecologica
che il nostro Paese può fare meglio di altri, come dimostra che nell’economia circolare noi siamo più avanti di altri”.

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