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La Consulta dichiara illegittimo il quarto comma dell’articolo 69 del Codice penale

La sentenza della Corte costituzionale apre nuovi scenari per la valutazione delle attenuanti nei casi di reati gravi e nelle recidive, ma non garantisce automaticamente una riduzione della pena per il detenuto anarchico Cospito condannato per strage contro la sicurezza dello Stato.

Roma – Si aprono nuovi scenari grazie alla Corte costituzione che ha dichiarato illegittimo il quarto comma dell’articolo 69 del Codice penale, che prevede che un giudice non possa considerare le attenuanti di un reato, se questo reato prevede l’ergastolo e la persona condannata è recidiva. Per la Corte costituzionale si tratta di una norma illegittima, perché il giudice deve poter “operare l’ordinario bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti e, poi, valutare caso per caso se applicare la pena dell’ergastolo oppure, se prevalgono le attenuanti, una diversa pena detentiva”.

La spiegazione è stata data con una nota, anche se la sentenza con la motivazione completa sarà depositata solo nelle prossime settimane. Insomma, un principio di carattere generale; eppure, il riferimento alla condanna di Cospito, anima il dibattitto, deformandolo. In effetti, non c’è nessuna irragionevolezza nel prevedere che, quando uno è recidivo, non possono essere concesse le attenuanti generiche. Queste ultime non sono un diritto. Sono un beneficio che deve essere riconosciuto dall’apprezzamento del Giudice. Ne deriva che non vi può essere alcun automatismo in favore di chicchessia, ma solo la possibilità di meglio ponderare i fatti ed esprimere il proprio giudizio.

Alfredo Cospito lontano dalla prospettiva del carcere a vita

La Corte, infatti, ha indicato un percorso e tolto ogni ostacolo ad una più ampia valutazione. Insomma, potrebbe non cambiare nulla per Cospito. Sembra una questione molto tecnica ma questa pronuncia non è detto che porti fatalmente ed irreversibilmente l’anarchico lontano dalla prospettiva del carcere a vita. Il bilanciamento, prima della pronuncia, era bloccato in situazioni regolate dal codice penale. Ora, però, si prospetta in generale un nuovo scenario. Concretamente, per l’anarchico detenuto e che ha sospeso lo sciopero della fame iniziato lo scorso ottobre per protestare contro il carcere duro, questo significa che la Corte d’assise d’appello di Torino potrebbe anche decidere di non condannarlo all’ergastolo, oppure confermarlo.

Nel caso particolare si ricorda che il reato per cui è stato condannato è quello di “strage contro la sicurezza dello Stato”, che prevede l’ergastolo e quindi per Cospito, recidivo, il codice penale indicherebbe l’obbligo di condannarlo al massimo della pena. Ma la stessa Corte d’assise d’appello ha sollevato, su richiesta della difesa dell’anarchico, la questione di legittimità costituzionale. Dopo la decisione dei giudici costituzionali, i giudici di Torino valuteranno se ridurre la pena, che resterebbe comunque con tutta probabilità superiore ai 20 anni di carcere. Sentenza che, in ogni caso, non ha a che vedere con la permanenza al regime di 41 bis.

Anarchici pro Cospito

Nel caso di Cospito, un elemento tenuto in considerazione dalla Corte di Torino è che non ci furono vittime né feriti, nell’esplosione dei due ordigni artigianali. Questo, quindi, potrebbe spingere a concedere l’attenuante della lieve entità, bilanciata comunque in ogni caso dall’aggravante della recidiva. Le tesi contrapposte tra difesa e Avvocatura dello Stato, davanti alla Corte Costituzionale, sono state diametralmente opposte, tanto che se da un lato si sono volute evidenziare le discrasie della norma, dichiarata incostituzionale, proprio perché non consente di parametrare la pena all’offesa, al contrario, l’Avvocatura dello Stato ha sostenuto che rendere illegittima la norma avrebbe portato ad uno scardinamento del sistema anche per altri reati, creando “un vulnus” che potrebbe addirittura aprire la strada al riconoscimento della lieve entità anche in altri reati di pericolo astratto, come l’associazione mafiosa”.

Al di là di come la si pensi con l’attuale sentenza la Consulta stabilisce definitivamente che la pena deve corrispondere alla gravità del reato. La gradualità della pena, così, è possibile anche in quei casi in cui non era consentito. Una possibilità, in pratica, che è rimessa anche in questo caso alla libera determinazione e convincimento del Giudice. Nessuna vittoria, dunque, da parte di chicchessia e, soprattutto, del fronte “pro Cospito”. Attendiamo le motivazioni.

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