La crescita di ricoveri per questa aggressiva influenza, per il Covid-19 che non molla e l’aumento dei prezzi hanno reso un incubo le festività natalizie e di fine anno per molti italiani. Di contro si spera in un 2023 migliore degli anni che lo hanno preceduto.
Roma – L’influenza serpeggia nel Paese e miete nuove vittime mentre salgono ancora i ricoveri per Covid-19. Le percentuali sono ancora limitate ma l’ultimo report degli ospedali aderenti alla rete Fiaso (Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere) registra un incremento a doppia cifra dei pazienti nei reparti Covid, in pratica il +15%.
L’aumento dei ricoveri ospedalieri è maggiore al Sud (+26%) rispetto al Centro (+18%) e al Nord (+9%). “Il virus è ormai diventato endemico, che non significa innocuo. Dunque, soprattutto alle persone fragili va rinnovato l’invito alla somministrazione della quarta dose vaccinale” sostiene il presidente della Fiaso, Giovanni Migliore. Attenzione, però, perché oltre alla salute anche l’inflazione ha modificato le abitudini del Capodanno. Quella del 2022 sembra sia stata un’inflazione da record. “Mai così alta dalla prima metà degli anni Ottanta” come ha confermato Lorenzo Bazzana, responsabile dell’area economica di Coldiretti nazionale.
L’aspetto più evidente di questo aumento percentuale è proprio quello riscontrabile nel carrello della spesa, che a novembre è salito del 12,8% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Viene sottolineato dagli esperti del settore come gli aumenti si siano verificati soprattutto su prodotti alimentari e bevande analcoliche. Sul podio dei beni il cui costo è schizzato maggiormente ci sono alcuni prodotti per la preparazione delle specialità natalizie, come l’olio di semi, il quale essendo prodotto in grandi quantità in Ucraina risente dell’impatto della guerra e costa il 52,3% in più del 2021. A quest’ultimo si aggiunge lo zucchero (+48%) e il burro (+41,7%). Il problema non è soltanto per i consumatori, ma anche per i commercianti, che fanno fatica a vendere proprio perché si acquista meno.
È una situazione complicata da mesi. Basta guardare il costo dei carciofi, in genere ben venduti durante tutto il periodo natalizio, che quest’anno sono arrivati a costare oltre 2 euro in più rispetto all’anno precedente e le persone sono stanche. “Si lamentano, preferiscono comprare altro e sempre con parsimonia. Hanno ragione, dice un commerciante con un tono che vorrebbe risultare alterato e invece è quasi rassegnato”. La situazione è, dunque, grave. Soprattutto se si considera che a novembre i prezzi al consumo hanno registrato un aumento dell’11,8% su base annua, un livello raggiunto solo 40 anni fa. Con un’inflazione che non solo non accenna ad arretrare, ma continua ad aumentare in controtendenza con l’andamento europeo, che nello stesso mese è calato invece al 10%.
Quest’ultimo è un dato particolarmente significativo perché ribalta la condizione di inizio 2022, in cui mediamente l’inflazione italiana era più bassa rispetto all’Europa. Ciò, nonostante i numerosi interventi sui prodotti energetici e carburanti, con la speculazione che si sta abbattendo in modo pericoloso, colpendo sempre più gli italiani che sono in affanno in quasi tutti gli ambiti. Il risultato finale è che sta emergendo un comportamento, ormai diffuso, di chi cerca di contenere l’aumento sugli alimentari, riducendo gli acquisti oppure rivolgendosi a prodotti che costano di meno e che spesso hanno una minore qualità.