Le contraddizioni del nostro tempo e la convivenza con altre culture ci pongono davanti a paradossi etici difficilmente risolvibili. La religione, con il proprio messaggio etico, sembra cozzare con i precetti della bioetica. Come comportarsi è assai difficile.
La società multiculturale è ormai una realtà tangibile anche in un Paese solo recentemente a vocazione migratoria come l’Italia. Secondo l’istituto ISMU – Iniziative e studi sulla multietnicità –, al primo gennaio 2016 in Italia erano residenti circa 1.400.000 musulmani, corrispondenti al 2,34% della popolazione italiana.
Ciò comporta la nascita di alcune inevitabili contraddizioni, quale la tendenziale sovrapposizione di normative giuridiche e precetti religiosi, tipica di alcuni Paesi musulmani, che rende il concetto stesso di “Stato laico” di difficile comprensione per chi non è abituato a una simile impostazione. Risulta quindi talora incomprensibile a molti seguaci dell’Islam l’eventuale resistenza delle amministrazioni italiane ad assecondare richieste relative a “bisogni” religiosi, quando esse sono in contrasto con il diritto. Per contro è fortemente criticata da parte di molti italiani la deroga normativa talvolta accordata per questioni religiose.
La certificazione ḥalāl, che troviamo in molte insegne di negozi anche a Milano, garantisce la conformità di un prodotto alimentare o più in generale di un bene (inclusi prodotti cosmetici, farmaceutici, di abbigliamento, servizi turistici, finanziari, assicurativi e bancari) ai precetti religiosi dell’Islam. Un prodotto certificato può essere consumato dal fedele osservante, senza rischio di commettere peccato: infatti halāl significa “ciò che è lecito” ed è contrapposto ad haram, che vuol dire proibito.
La pratica “halāl” nella disciplina alimentare si basa sul versetto della Sura 16 del Corano.
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Per la macellazione cosiddetta rituale, gli animali devono essere coscienti al momento dell’uccisione, eseguita con la recisione della trachea e dell’esofago, e con la recitazione della formula “in nome di Dio clemente e misericordioso”.
La morte lenta e dolorosa deve sopravvenire per dissanguamento dell’animale terrorizzato, appeso a testa in giù e agonizzante. Altre scelte halal consentite nello stesso Corano, come recitare solo la formula prima di un pasto, rendendolo edibile per l’Islam, non incontrano il favore della maggioranza dei musulmani.
L’uccisione Halal per dissanguamento, sia islamica (Dhabīḥa) che ebraica (Shechitah), è diffusamente avversata in occidente, anche da parte di numerose associazioni laiche, umanistiche, veterinarie e ovviamente animaliste, poiché rappresenta una grave lesione dei diritti ormai riconosciuti agli animali, oltre che un’inutile agonia.
Il contrasto fra questi precetti religiosi e la sofferenza inflitta alle vittime rientra nel campo della bioetica, e più specificamente nel dibattito morale a cui gli esseri umani devono essere chiamati a rispondere.
Nella legislazione europea la macellazione rituale si configura come deroga al “Regolamento (CE) n. 1099/2009 del Consiglio, del 24 settembre 2009”, relativo alla protezione degli animali durante l’abbattimento, entrato in vigore il 1º gennaio 2013. Il Regolamento, facendo un passo in avanti, impone una maggiore attenzione al benessere degli animali: ciononostante, prevede una deroga per motivi religiosi, che lascia liberi gli Stati membri di consentire la macellazione rituale.
Il quadro europeo rispetto alla pratica halal risulta quindi estremamente eterogeneo. Brillano per correttezza etica solo due Paesi, Slovenia e Svizzera, dove nessuna deroga religiosa è concessa. La macellazione rituale lì è proibita tout court. Belgio, Norvegia, Danimarca, Islanda, Liechtenstein e Svezia prevedono lo stordimento o la sedazione prima della soppressione, mentre Austria e Finlandia richiedono che la pratica sia effettuata in locali autorizzati. Grecia, Cipro, Estonia, Lettonia, Lussemburgo, Olanda e Polonia non ammettono lo stordimento né la sedazione. La scelta dell’Italia è allineata a quella di Francia, Germania e Spagna, che autorizzano la macellazione rituale ma solo in locali specificamente autorizzati. Posizione discutibile, visto che il fatto che la macellazione avvenga in locali controllati non attenua minimamente la sofferenza dell’animale. A chi fosse contrario, nel nostro Paese, ad un simile trattamento nei confronti degli animali non resta quindi che stare alla larga da alimenti “halal”.